martedì 15 maggio 2018

verde giallo rosso



Il semaforo da verde si fa giallo e forse rosso. Il governo verde-giallo si allontana.
Al di là del solito ottimismo di facciata (o ancor peggio dettato dall'ingenuità e da sottovalutazioni degli ostacoli) da parte dei Cinquestelle, le parole di Salvini manifestano tutta la durezza e consistenza dei problemi che le due delegazioni stanno tentando di limare e risolvere.
Inevitabile, viste le distanze presenti nei programmi, e ancor più su alcune premesse di base dei due partiti, pur in presenza di varie affinità.
Se riuscissero, alla fine, lo spostamento a destra della politica italiana sarebbe fortissimo e più veloce che mai.
Ma c'è da dubitarne.

I passaggi appaiono troppo complicati.
Se anche riuscissero a superare tutti gli scogli tra i leader, c'è da verificare la tenuta dell'accordo tra gli elettori e soprattutto quanto Mattarella sia davvero disponibile a far passare un governo 'politico' di questo tipo e natura.
E' evidente che avrebbe preferito e ancora sceglierebbe un governo tecnico da lui scelto, e che comunque non veda di buon occhio un governo Salvini-Di Maio.
E' molto probabile anzi che Mattarella non si sia limitato alle sparate contro il sovranismo antieuropeista e, nel commemorare Einaudi, a favore di un ruolo non notarile e non formale nella scelta dei governi da parte del capo dello stato.
Segnali già molto chiari, e a mio parere, scorretti nei tempi e nei modi, dei suoi veri intendimenti.
La sensazione è che stia anche esprimendo forti perplessità sia sulle coperture fnanziarie delle riforme proposte, sia su questioni centrali del contratto (migranti, in primis, ma anche altri: giustizia, legittima difesa, lavoro e pensioni...) e che anche su questo si basi l'attuale empasse delle trattative in corso.
Mattarella ha detto no alle proposte scaturite dal tavolo di mediazione, facendosi portatore delle solite solfe che ben conosciamo e che di fatto stanno governando e governeranno i paesi europei, indipendentemente da qualunque risultato elettorale.

Infine, resta l'ingorgo sui nomi dei ministri e soprattutto del Primo ministro.
Dopo aver rifiutato il governo tecnico, i giallo-verdi rischiano di doverne proporne uno che si affida a sua volta a tecnici lottizzati per area, nell'impossibilità di trovare un candidato politico che possa andar bene ad entrambi.
Ed anche qui, certamente Mattarella ci sta mettendo becco e ce lo metterà.
Una proposta c'è, ma ieri è emersa una contrarietà del Quirinale, ed è per questo che i due sono usciti scornacchiati dal colloquio, senza però poter dire apertamente quel chè è avvenuto nelle segrete stanze.

Insomma, la situazione resta molto ingarbugliata e poco promettente, fragilissima sia al presente, sia in prospettiva.
Permangono in me quattro tristi consapevolezze:
-che la parola 'verde' sia ormai in mano ad altri, che vivono ai suoi antipodi, e non sia riuscita a determinare una formazione ecologista di rilievo in Italia e in Europa.
Continuo a credere che quella verde sia stata la vera occasione persa della nostra storia politica recente.
-che se si andasse ad elezioni ora o tra poco il centrodestra prenderebbe il potere da solo, soprattutto ora che Berlu è tornato inopinatamente (e ingiustamente) candidabile;
-che la parola 'rosso' ormai sia solo un colore per il segnale di stop del semaforo;
-che qualunque governo nascesse, sarebbe sempre e solo un governo del Presidente, cioè dei soliti noti, alla faccia di chi ancora una volta ha votato.






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