mercoledì 15 novembre 2017

tragedia di uomini ridicoli

L'apocalisse è arrivata sulle nostre teste sulle ali di Eupalla.
La tragedia nazionale si è concretizzata a San Siro due notti fa: l'Italia non si è qualificata ai Mondiali di Russia, eliminata dalla piccola Svezia.
Il calcio non è più da tempo un gioco, e nemmeno uno sport.
E' ormai solo un mercato in mano alle televisioni e agli sponsor.
E lo specchietto per le allodole si è infranto.
Quel che preoccupa è solo il danno d'immagine e le perdite di budget.
E' uno specchio fedele e inquietante della nostra società, e non solo di quella italiana.

In primo luogo perchè è dominato da vecchi baroni, sia in campo che fuori.
Il quartetto BBBC (Buffon, Bonucci, Barzagli, Chiellini) ha superato i trent'anni da un lustro e
anche nella Juve mostra la corda da mesi.
Il nostro CT ha la Ventura di avere 70 anni, il presidente della FIGC, Tah Vecchio, ne ha 80.
Difficile chiedere a dei vecchi di correre, di cambiare gioco o anche solo idea.
C'è un punto in cui l'avere esperienza e maturità diventa un problema, e bisogna capire quando arriva, in tempo.
Non è una virtù italiana: il nostro è un paese per vecchi, in cui ancora regnano i Napolitano e i Berlusconi.

Poi ci sono i giovani: montati, spocchiosi, viziati, pieni di soldi e gonfi di successo, ma soprattutto di sé.
Ragazzi che scendono in campo come modelli e attori da sfilata, incapaci di lottare per qualcosa, senza attaccamento alla maglia, dei poveri mercenari e, nella migliore delle ipotesi, già dei professionisti, che giocano già a vent'anni senza piacere, ma solo per lavoro e per sentirsi famosi e adulati.
Vivono solo di luce riflessa e di miti passati, come se si potessero sfruttare impunemente e senza fine i soldi dei genitori, le coppe vinte o le loro storie passate alla storia.

E come al solito si reagisce stracciandosi le vesti, come se tutto fosse avvenuto in una volta o a sorpresa e come se la soluzione fosse far fuori qualcuno, invocare dimissioni, evocare rifondazioni totali, perchè come sempre nulla cambi. Anche perchè nulla può cambiare.
Come in un'azienda ci si muove su obiettivi e , se non li raggiungi, dimettersi è un atto dovuto.
Ma intanto nessuno si è dimesso, almeno per ora.
E, se anche accadrà, non sarà certo il segno che qualcosa stia cambiando davvero.
Qui da noi anche il cambiamento è improvvisato, senza prospettiva e senza visione.
Se avessimo segnato due gol alla Svezia nessuno avrebbe battuto ciglio e saremmo arrivati come se niente fosse all'ennesimo flop in terra di Russia (ma avremmo almeno incassato i primi 8 milioni di euro per la qualificazione).
E non sarà un crac, per quanto traumatico e avvilente, a far girare diversamente la ruota.

Ora si attende il nuovo uomo della provvidenza: Ancelotti, Mancini, Conte potrebbero tornare a salvarci, per soli 4 milioni di euro l'anno, in fondo.
O forse potremmo chiedere a Berlusconi di diventare finalmente anche selezionatore della Nazionale, dopo che ha rotto le scatole per decenni a tutti gli allenatori del Milan...!
O magari potrebbe arrivare Renzi, visto che dovrà rinunciare tra breve a più alti incarichi.



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