sabato 28 ottobre 2017

creme catalane e ricottari

Il parlamento catalano ha proclamato infine -dopo vari giri- la sua indipendenza dalla Spagna.
Ora i catalani -se davvero vogliono provare a costruirla e detenerla- dovranno organizzarsi attraverso una lunga lotta nonviolenta: non collaborazione attiva alle imposizioni dello stato centrale, disobbedienza civile nei confronti delle leggi, forme di autogoverno parallelo.
Ormai si potrà giungere di nuovo a incontri di mediazione solo se queste forme di lotta avranno la meglio o, perlomeno, renderanno impossibili l'esecuzione delle procedure di delegittimazione già avvviate da Madrid col beneplacito di tutti i governi occidentali e dell'Unione Europea.
I catalani dovranno riuscire a paralizzare la Catalogna e a rendere la vita difficile a tutta la Spagna.
Dovranno uscire dal loro territorio e squilibrare ulteriormente i fragili muri di contenimento eretti dai loro avversari.
Per giungere ad uno stallo tra le parti, senza vincitori né vinti, che induca entrambe le parti a trattare.
Ma ci si arriverà ?
Quel che farà e sta già facendo la Spagna è chiaro: sospensione dell'autonomia, elezioni anticipate, militarizzazione, repressione, arresti.
Meno chiaro è quel che faranno i catalani: gli appelli ad un comportamento civile e pacifico non saranno sufficienti se lo stress del sistema salirà ancora.
E si possono nutrire seri dubbi che la violenza, da entrambe le parti, non si farà strada, sino a che la situazione non verrà a configurarsi come una vera e propria guerra civile.

La lotta nonviolenta è antica come le montagne, ma non può essere del tutto improvvisata.
E non basta scendere in piazza, o mobilitarsi sui social, anche ogni giorno, per giungere a dei risultati soddisfacenti (come le primavere arabe hanno già ampiamente dimostrato).
Se i movimenti catalani non saranno capaci di fare un salto dal pacifismo generico alla lotta nonviolenta organizzata, si riveleranno 'deficienti' e si ritroveranno in men che non si dica dentro una violenza quotidiana e senza quartiere, da cui -di solito- esce vincente solo chi ha potere, armi e denaro.
Resta da chiedersi, almeno per me, infine:
vale la pena di rischiare tutto questo solo per tentare di andare a costituire un nuovo staterello, certo più ricco, forse più democratico e magari repubblicano ?
Val la pena di giocarsi la vita, val la pena di morire per un qualunque signor Puigdemont ?

Davanti a quel che sta accadendo in Spagna, comunque, le vicende nostrane toccano il ridicolo.
I Cinque stelle, totalmente ignari di nonviolenza, dopo essersi fatti votare per scardinare il Parlamento, al momento in cui li fregano ancora una volta e gli altri -tutti insieme appassionatamente- vanno a votare a colpi di fiducia una nuova legge elettorale truffa, cosa fanno ?
Escono dall'aula e chiamano le folle fuori dal Parlamento, a fare buuh e a urlare in piazza come dei dei deficienti, aizzati da comizianti d'antan, disperati e impotenti, ancora una volta sconfitti da quel Palazzo che volevano conquistare (ed ancora ci sperano...ed anche se accadrà ? E poi ?).

Per non parlare della tristissima e squallida vicenda imbastita sulla povera Anna Frank.
Gli irriducibili della Lazio sono solo dei goliardi imbecilli, rispetto a quel che hanno combinato le istituzioni dello stato e del calcio: mettersi a leggere il Diario allo stadio o far indossare magliette ai giocatori prima delle partite, vestire la ragazzina in rossonero o in rossoblù, impossessarsi di una giustizia e di una verità che non appartiene a nessuno e a cui nessuno veramente crede più.
Un'ignobile pagliacciata. O, come ha detto off line Lotito, solo una squallida sceneggiata.
Solo una partita fra deficienti contro deficienti, senza senso per nessuno.




giovedì 26 ottobre 2017

all'abate che è in me

solo un breve saluto ad alberto l'abate, morto il 17 ottobre a 86 anni, dopo una lunga e intensissima e generosissima vita.
è stato per me un amico, un fratello, un padre, un nonno.
forse nessun altro è stato tutto questo insieme per me.
insieme anche alla sua famiglia, sempre aperta, folle e affettuosa, sia a Comiso che a San Gimignano.
abbiamo collaborato, giocato, pensato e scritto tanto, insieme. E anche litigato, sempre con amore.
sino al nostro ultimo incontro, a Ghilarza, solo a giugno scorso, ad un corso su nonviolenza e anarchia.

lui non amava vivere il conflitto, ma ci ha sempre provato, l'ha studiato, l'ha cercato.
aveva paura, ma voleva avere coraggio.
era uno studioso, ma lottava sempre per essere un vero attivista.
ed è stato quello che ha provato ad essere, sempre.
nella più totale disponibilità ad essere, imparare, ascoltare, criticarsi.

ora che sono in aula tesi, penso a tutto il suo lavoro universitario.
ai suoi tentativi, spesso incompresi e manipolati, di portare la pace e la nonviolenza all'interno di questa sbrindellata istituzione di cui anch'io faccio parte.
senza mai cercare di fare e senza che gli sia stata riconosciuta una carriera adeguata al suo valore, alle sue ricerche, ai suoi scritti.

senza di lui, se non ci fossimo incontrati, la mia vita non sarebbe stata la stessa.
e, amo crederlo, neppure la sua.





mercoledì 18 ottobre 2017

variae-aetates

È possibile  che una grande gioia equivalga ad un dolore? 
"La felicità non ha storia." dice Tolstoj. Ma non è vero. La felicità ha storia. La felicità  si sa che andrebbe descritta, insegnata.

"Giochiamo a lassa e pigghia?" Era un gioco bellissimo, e a lassa e pigghia giocammo fino a che il lampione accese il suo cerchio intorno a noi e in quel cerchio giocammo ancora ore e ore.

Penserò ai vostri abbracci come un terribile fatto di natura,come la nascita e la morte.

(Goliarda Sapienza)


su una piccola barca da pesca alle Tremiti ho ritrovato il mio posto d'invitato in disparte. per essere con altri devo tenermi nel preciso punto di distanza, trovato per istinto che è un maestro antico. E' misura interiore, non riguarda i centimetri o i kilometri. Mi riconosco intruso tra i fidanzati.

'A' l'aurore, armès d'une ardente pacience, nous entrerons aux splendides villes'
Rimbaud in una Stagione all'inferno accoppia la pazienza con l'ardore.
E' una rivelazione che cambia i connotati della pazienza.
Non è sopportazione, ma tensione dentro un'attesa.
Si manifesta nel prigioniero in scadenza di pena, nell'innamorato arrivato in anticipo al primo appuntamento.

Alla stazione vedo la mia ombra sporgersi sul binario del treno di passaggio,
Non faccio in tempo a ritirarla.
Riapro gli occhi, non è stata investita, se ne sta appoggiata ai vagoni che spostano il vento.
E' illesa,un pò schiacciata.
Mi passa sopra un treno, precipito, affogo, brucio e da qualunque azzardo, amore incluso, esco stordito ma rigovernato...

(Erri De Luca)


In un passo delle *Leges*, Platone dice : "Ogni uomo e donna devono
trascorrere la vita [*diabionai*] in questo modo, giocando ai giochi più
belli [*paizontas hoti kallistas paidias*], avendo in mente il contrario di
quello che fanno ora".

Che il gioco sia qui evocato come la sfera per eccellenza in cui la
relazione mezzi-fini è neutralizzata, è detto con chiarezza subito dopo: "
Ora gli uomini pensano che le cose serie debbano avere come fine i
giochi [*heneka
ton paidion gignesthai*], e infatti ritengono che le cose della guerra, che
sono serie, devono essere ben condotte in vista della pace. Ma nella guerra
non ci sono mai per natura nè gioco nè cultura [ Platone gioca qui
sull'assonanzae etimologica tra *paidia* e *paideia*] che siano degni di
questo nome e nè ora nè in futuro ci sarà ciò che affermiamo essere la cosa
più seria".

L'idea che il gioco "pace" possa essere pensato come fine del mezzo serio
"guerra" è qui smentita senza riserve. E a questo punto proprio il gioco
può essere presentato come il vero paradigma di un buon governo, che è
assai diverso dal "dominio" evocato dalla Arendt : "Bisogna dunque che
ciascuno trascorra la vita in pace nel modo più duraturo e migliore. E qual
è questo modo più giusto? Si deve vivere giocando alcuni giochi [paizonta
estin diabioteon tinas de paidias], celebrando riti, cantando e danzando,
in modo da essere capaci di propiziarsi gli dei e di allontanare [questo è
il senso di amynesthai] i nemici e, se si deve combattere, vincerli". Ciò
che Platone sembra qui prefigurare non è lo stato totalitario, ma il
falansterio di Fourier, con le sue serie amorose e la sua giocosa
rivoluzione domestica.
Che questa idea- che Platone enuncia con perfetta serietà è quella di "una
politica giocosa".


(Giorgio Agamben)


Pensi anche, Milena in che modo vengo da Lei, quale viaggio di trentotto
anni ho alle mie spalle (e siccome sono ebreo, il viaggio è ancora molto
più lungo)  e se a una svolta, apparentemente fortuita, della strada vedo
Lei che non mi sono aspettato di vedere, meno che mai ora, così tardi, non
posso gridare Milena, e nulla grida dentro di me, non dico neanche mille
pazzie ché non sono dentro di me (prescindo dall'altra pazzia che possiedo
fin troppo), e di essermi inginocchiato vengo forse a sapere soltanto
perchè vedo vicinissimi, davanti ai miei occhi, i Suoi piedi e li accarezzo.

Sono incamminato per una via molto pericolosa, Milena. Lei sta ritta
accanto ad un albero, giovane, bella, il lampo dei Suoi occhi abbatte il
dolore del mondo. Si sta giocando a *skatule sketule heibejte se*, *io
striscio nell'ombra da un albero all'altro, mi sto spostando, Lei mi manda
una voce, m'indica i pericoli, vuole farmi coraggio, si spaventa al mio
passo incerto, mi rammenta (a me!) la serietà del giuoco- io non posso,
cado, sono già a terra. Non posso uidre le terribili voci dell'intimo e
contemporaneamente Lei, ma posso ascoltarle e confidarlo a Lei, a Lei  come
nessun altro al mondo.

Suo F


*"albero,albero scambiati qua": il gioco dei quattro cantoni.

(Franz Kafka)







venerdì 13 ottobre 2017

scimmie

In una riserva nei pressi di Kinshasa si è deciso recentemente di far mescolare due gruppi di bonobo che erano fino allora vissuti separatamente...
E' noto che nei giardini zoologici gli scimpanzè estranei devono essere tenuti del tutto separati finchè non hanno familiarizzato, poiché altrimenti si rischia un bagno di sangue.
I bonobo della riserva, invece, producevano un'orgia.
Essi si mescolavano liberamente, trasformando potenziali nemici in amici.
'Il modo migliore per distruggere un nemico è quello di farselo amico', amava ricordare Lincoln.
Mi fu mostrato anche un gioco tra un maschio e una femmina appartenente a un gruppo esterno, nel quale la femmina inseguiva un maschio e gli afferrava i testicoli, mentre entrambi correvano intorno a un albero, senza che ci fosse alcuna chiara tensione fra loro. Isabel, la zoologa, commentò che proprio da qui doveva derivare l'espressione 'tienilo per le palle'!

Un giorno assistetti a un litigio tra bonobo a proposito di una scatola di cartone: un maschio e una femmina si inseguivano intorno a una scatola di cartone e si colpivano vicendevolmente; a un certo punto la loro lotta era finita e stavano facendo l'amore!
Ho da allora visto i bonobo fare l'amore in tutte le posizioni immaginabili, e persino in alcune che ci riesce difficile immaginare (come a testa in giù e piedi in su, appesi per i piedi...)
L'osservazione più significativa sul sesso dei bonobo è che esso è estremamente irregolare e molto ben integrato con la vita sociale. Non è questo il modo in cui la maggior parte di noi guarda alla sua vita amorosa, essendo noi vittime di una quantità di complessi, di ossessioni e di inibizioni. Alcune persone non riescono neppure a far sesso con la luce accesa!
Quanto più si osservano i bonobo tanto più il sesso comincia ad assomigliare a qualcosa come controllare la propria mail, soffiarsi il naso o dire ciao. Un'attività di routine.
Noi usiamo le mani per salutare, come quando stringiamo la mano a qualcuno, mentre i bonobo praticano una sorta di 'stretta di mano genitale'.
La loro attività sessuale è fulminea, misurandosi in secondi, non in minuti.
Noi associamo un rapporto sessuale con la riproduzione e con il desiderio, ma nei bonobo soddisfa ogni sorta di bisogno. La gratificazione non è sempre lo scopo dell'atto sessuale, e la riproduzione è solo una delle funzioni. Ciò spiega perchè si impegna in esso una grande varietà di combinazioni di partner.

Il mio interesse per il modo in cui gli scimpanzè si riconciliano dopo un conflitto ebbe origine in parte perchè mi rifiutavo di considerare l'aggressività come un elemento intrinsecamente negativo.
Il comportamento aggressivo era considerato come 'asociale'. Io non riuscivo ad accettare questa nozione. Vedevo baruffe e scontri come un modo per negoziare relazioni ed ero disposto a considerarli distruttivi solo se mancavano inibizioni o se nessuno tentava successivamente di ripristinare buoni rapporti. I maschi di scimpanzè sono per lo più concilianti e in effetti sono molto migliori delle femmine nel ridurre le tensioni per mezzo di una lunga sessione di grooming con il loro massimo rivale. Tenere il broncio non è una cosa da maschi.

Non appena un bonobo ha subito anche un minimo torto sarà attorniato dagli altri che verranno a ispezionarlo, leccarlo o sottoporlo a grooming.
Rilling e collaboratori conclusero che i bonobo hanno un cervello empatico: 'Noi suggeriamo che questo sistema neurale sostenga non solo un'accresciuta sensibilità empatica, ma anche comportamenti come il sesso e il gioco che servono a dissolvere la tensione, limitando così lo stress e l'ansia a livelli favorevoli all'adozione di un comportamento prosociale'.
Noi umani condividiamo con scimpanzè e bonobo circa il 95-99 % del nostro DNA.
La recente pubblicazione del genoma dei bonobo conferma che noi umani condividiamo con i bonobo geni che non condividiamo con gli scimpanzè, ma che abbiamo anche geni in comune con gli scimpanzè che non condividiamo con i bonobo.
Noi siamo 'scimmie bipolari'. Nei nostri giorni migliori siamo amabili come i bonobo, mentre in quelli peggiori siamo dispotici e violenti come posso essere gli scimpanzè.


(Frans De Waal, Il bonobo e l'ateo, 2013)

giovedì 12 ottobre 2017

il golpe, la golpe et il lione

http://letteritaliana.weebly.com/la-volpe-e-il-leone.html

Tutti urlano al golpe di questi tempi.
E' golpe il processo di indipendenza catalana.
E' golpe l'approvazione della nuova legge elettorale in Italia.
Ma no...! Nessun golpe ( e nessun dorma).
Se di golpe si tratta, si tratta solo della solita golpe machiavellica, quella femmina, che oggi chiameremmo volpe.
Si sta giocando ancora d'astuzia, con tranelli e mezze verità tra le parti, sotterfugi e finte attese per lasciare il cerino della violenza e del torto all'altro.
I rimpalli di responsabilità, i piccoli e vecchi giochi di tattica politica spicciola, le venerande e inveterate mosse della volpe (la golpe) non sono un golpe, ma sono la pratica usuale e scontata delle diverse ragion di stato in lotta.
Niente di straordinario, quindi: agli stati sovrani ed al dominio politico non si applicano mai le leggi della morale corrente, della lealtà, del mantenimento della parola data, della giustizia.
La conservazione dello stato, innanzitutto, prima e al posto di ogni altra cosa.
Questa è la politica, alla fine, sempre e da sempre: solo realpolitik.

Assistiamo solo a questo, oggi.
Sia in Catalogna e Spagna, dove i poteri istituzionali stanno gettando le loro rispettive popolazioni al macello, a fare da massa di mobilitazione e di scontro e di repressione per disegni e trattative che saranno sempre più tutte giocate tra politici e partiti dei due schieramenti, sempre più polarizzati.
Sia in Italia, dove si finge ogni volta di fare una nuova legge elettorale, per tenere gli elettori sotto scacco e preservare di fatto lo status quo, mantenere al potere i soliti noti e garantirsi l'impossibilità di giungere a nuovi equilibri politici.
Quel che avviene non ha nulla a che fare con vere rivoluzioni (Catalogna) o vere riforme (Italia).
E' soltanto fumo negli occhi.

Ma quando la golpe non basterà più, lo Stato sa come e quando passare al lione.
All'uso della forza bruta, militare, armata.
E questo passaggio è alle porte: già in corso nella penisola iberica, latente e ancora compresso per la nostra.
Ma il lione già rugge, e non si farà attendere ancora per molto.
Gli spazi di manovra per la golpe sono sempre più ridotti, e non solo per noi e per la Spagna.
Quel che stanno facendo PD, FI, Lega e AP in Italia è solo l'ennesima furbata che farà crescere ulteriormente solo la sfiducia e l'astensione, la rabbia sociale verso i ricchi e i potenti, la guerra tra i poveri.
Quel che sta facendo il governo catalano aumenterà solo la confusione e lo scontro senza uscita.
Non si può pensare di tornare oggi agli staterelli, tantomeno attraverso la scorciatoia di un referendum autogestito che ha avuto peraltro partecipazione ed esiti non maggioritari.
Quel che sta facendo il governo spagnolo è l'unica cosa che sanno fare gli stati, se minacciati: alternare la golpe et il lione, parlare di democrazia e non permetterla, parlare di civiltà e fare i barbari, parlare di libertà e reprimerla, parlare di legalità senza essere più riconosciuti nella propria legittimità.

Non vincerà chi ha ragione, anche perchè non si può dire chi ce l'abbia.
Vincerà solo chi avrà l'astuzia e la forza per farlo, come sempre nella storia umana.
La golpe et il lione insieme, cioè la guerra.














giovedì 5 ottobre 2017

serpi in seno

Il Re di Spagna Felipe VI attacca i catalani e manda l'esercito a reprimere l'insurrezione con le armi.
Un pensionato di 74 anni si è comprato 42 mitragliatori ed ha sparato sulla folla durante un concerto di musica country a Las Vegas, uccidendo e ferendo un sacco di spettatori.
Un auto si aggirava oggi per Torino e sparava aghi di dieci centimetri a casaccio sui passanti.
Delle ragazzine dei sobborghi di Cagliari -tutte truccate e profumate come troiette in erba- hanno aperto i finestrini perchè i negri appena saliti sull'autobus puzzavano.
Ennesima donna, infine, picchiata e uccisa dal suo convivente.
Cos'hanno in comune questi fatti ?
Che appaiono tutti senza senso.
La Spagna non riavrà la fedeltà e l'obbedienza dei suoi sudditi catalani.
Il vecchietto risentito fermerà un concerto, ma non l'infinito intrattenimento.
Chi spara aghi si divertirà, ma non ammazzerà nessuno.
Le ragazze con la puzza sotto ilnaso non fermeranno le migrazioni.
E l'uomo solo non ritroverà più quel che chiamava (e chiavava) amore.

La violenza è così quando ti prende: ha il suo unico senso solo in se stessa.
Quel che vuole dirci è solo questo: il senso della violenza è la violenza.
Io non posso permetterti di vivere come vorresti.
Io non voglio permetterti di vivere.
Io non posso permettermi che tu sia vivo.
Io non voglio permetterti nulla che io non voglia.
Queste le parole della violenza.
Il loro unico senso è di non dare senso alla vita, di togliere la vita, o -almeno- di toglierle senso.
La vita di chi agisce la violenza trova senso solo in questo: nel toglierlo alla vita.
Chi toglie la vita alla vita ritrova un senso per la propria.
Per poi uccidersi, magari.
Ma può togliersela proprio perchè in quel momento, solo in quel momento l'ha finalmente vissuta, dando la morte, ed impedendo ad altri di viverla.

Se la vita non trova espressione, non vede sbocchi, è frustrata nelle sue aspirazioni si attorciglia attorno a se stessa, nella depressione o nell'aggressione.
E più un regime, un gruppo, una persona si sentono deboli e minacciati, tanto più -per evitare di deprimersi e di riconoscere i loro limiti- attaccheranno e distruggeranno quel che li attornia, proiettando il male su di esso.
Tu sei in mio potere ora!, urlano i senza più-senza mai potere.
Ecco perchè la violenza sale, a tutti i piani di questo nostro orribile palazzone che si chiama Occidente.
Perchè tutti ci sentiamo impotenti, delusi, sfiancati e disperati.
E per cento depressi che si rifugiano in casa, in cantina o in bagno, c'è almeno un aggressore che spara dalle finestre, che diventa un kamikaze, che violenta una donna, che manda l'esercito in armi contro i propri ex cittadini.
Ognuno con quel che può, per quel che può, aggredisce per sentirsi vivo e per sopravvivere. Uscendo per un attimo dalla totale passività nella quale si sente immerso e a cui si sente condannato.
La guerra di tutti contro tutti non è un destino iscritto nella natura umana, ma è un modo di essere endemico della nostra civilizzazione.
Non era ineluttabile, è ormai irrefrenabile: l'uovo del serpente si è dischiuso.





lunedì 2 ottobre 2017

Stati di guerra

Si sa che la stupidità del dominio al tramonto supera ogni limite già prima toccato in fasi di quotidiana gestione dei suoi sudditi.
Nell'emergenza, la logica si fa illogica, l'unico obiettivo diviene quello di tenere il controllo ed il potere in quanto tale, di dimostrare chi ce l'ha e chi non può averlo.
L'unica forma di potere che gli Stati conoscono, in queste fasi, è quella militare.
Nella sua modalità scoperta, ingenua e stupida (quella utilizzata ieri da Rajoy) e in quella coperta ed occulta (servizi segreti, attentati terroristici, macchina del fango), che non tarderanno a venir fuori anche in Catalogna.
Nonostante l'aggressività della polizia, la gente è riuscita a mantenere un indubbio atteggiamento non violento ed il movimento è riuscito per ora a rigettare la violenza tutta sul fronte avversario, acquisendo il consenso delle maggioranze silenziose vagamente liberal.
Importante è stata anche la scelta dei mossos di non interferire e di lasciar fare ai loro colleghi madrileni.
Ma quanto potrà durare tutto questo ?

Ben più astuta è sempre stata (e lo sarebbe stata anche questa volta) una forma di accettazione-tolleranza di quel che stava ineluttabilmente accadendo: così come già verificato più volte con i referendum in Italia, e come di fatto è avvenuto bellamente in Grecia e sta ora avvenendo con la Brexit: far svolgere le consultazioni popolari e poi -a voto avvenuto- semplicemente fottersene altamente, diluendo e procrastinando ad libitum le sue conseguenze, escogitando clausole infinite ed eccezioni da consumati legulei, inventando continue e sapienti manipolazioni, al fine unico di neutralizzarne di fatto qualunque esito o addirittura di stravolgerne la direzione in senso opposto.
Soltanto un politico poteva essere più stupido di Aznar ed era Rajoy.
I fatti di questi giorni lo dimostrano ampiamente, ancora una volta.

Ma quel che sta avvenendo (ma soprattutto quel che non sta avvenendo) in Catalogna non riguarda soltanto il governo spagnolo (che inevitabilmente, già debole, -se la politica avesse ancora un senso- dovrebbe cadere a breve per indegnità morale e manifesta inadeguatezza; ma sarà così ?).
No, questi giorni manifestano anche l'ingresso definitivo dell'Unione Europea nel tunnel della sua fine: un'Europa muta, assente, trincerata dietro i legalismi burocratici, portavoce di Stati e non di popoli, di oligarchie politico-finanziarie e non di istanze democratiche.
Tutto questo si sapeva, si diceva già:: ma ora è lampante, anche per chi non lo ammetteva ancora.
Le democrature europee sono ormai dei regimi incompatibili con la democrazia.
E come tali, pur essendo formalmente legali, non possono più essere considerate legittime, né legittimate a governarci.
La rivolta catalana è una rivoluzione dall'alto, con forti tratti di ambiguità e di opportunismo.
A breve, mostrerà la corda.
Ma il segnale generale, per tutti noi, è chiaro.
Delinea il futuro prossimo delle lotte politiche nel cuore del nostro continente.







domenica 1 ottobre 2017

paradisi, inferni e altri mondi ancora...

 Letture sparse, spensierate, apparentemente casuali, di questi giorni che sperano e disperano, stanno e non stanno, guardano avanti e indietro, felicemente e malinconicamente liberi, movimentati come un ciclone e fermi come un vecchio treno in una stazione dismessa...

Una persona come te è quello che il mio amico Thorstein chiamerebbe 'uno straniero dai piedi inquieti'. Nelle sue parole: 'un perturbatore della quiete intellettuale, ma solo al prezzo di diventare un intellettuale viaggiatore, un nomade della Terra di Nessuno dell'intelletto, alla ricerca di un altrove per potersi riposare, un luogo ancora lontano, ben al di là della linea dell'orizzonte'.
Cosa dici, ti ci ritrovi in questo profilo di straniero errante ? Oppure, come credo, stai cercando quel fantomaico luogo di riposo un po' più vicino a casa, in compagnia della mia bella figlia ? E' Ella che stai cercando per smettere di fluttuare al vento ?

E tu, gli chiese Dunia con dolcezza, conservi ancora qualche desiderio ? O magari te ne son sorti di nuovi che in vita non avevi ?. Ibn Rushd si ricordò di quando lei gli appoggiava la testa sulla spalla e di come lui le accarezzasse la nuca col palmo della mano. Ma ora erano al di là del mondo delle mani, delle nuche, delle spalle, del giacere fianco a fianco.
'La vita incorporea -le disse- non val la pena di essere vissuta'.

E' l'irrazionalità a sconfiggere se stessa, disse Ibn Rushd a Ghazali, polvere alla polvere, proprio in virtù della sua irragionevolezza. La ragione può magari sonnecchiare per un po', ma l'irrazionalità dorme della grossa per la maggior parte del tempo. E alla fine sarà la ragione a prevalere, mentre l'rrazionale resterà imprigionato per sempre nel mondo dei sogni.
Il mondo che gli uomini sognano, replicò Ghazali, è il mondo che cercano di costruire.

(da Salman Rushdie, Due anni, otto mesi & ventotto notti, 2015)



Questa circostanza, le testimonianze concordi nel riconoscere il suo nuovo equilibrio psicologico e come lei adesso si senta 'bene con se stessa' facvano suonare stridente il racconto dell'assassinio di Guillaume, che era stato ovviamente inevitabile. Stridente e persino scioccante, poiché la comune sensibilità stenta ad accettare l'idea che si possa compiere un simile gesto e cavarsela. Ancora più si stenta ad accettare l'idea che questo passaggio all'atto abbia potuto essere una tappa, terribile ma necessaria, del cammino verso la vita -qualcosa come l'abbandono di un oggetto transizionale o la spinta del piede che permette al nuotatore giunto sul fondo di risalire in superficie. Uccidendo il figlio che amava, Marie Christine aveva in realtà ucciso l'odiata infanzia che le impediva di vivere.

Chi poteva resistere allo spirito dissacratorio di Luigi XVIII? Di lui che affermava che vere passioni si possono provare solo in età matura, perchè la passione è bella e furiosa solo quando vi si unisce un po' di impotenza...

A chi gli chiese un giorno se amasse Sibelius, Stravinskij dopo un attimo di stupore rispose: 'In effetti sì, molto, ma non ci penso spesso'. Temo di aver nei riguardi di Balzac lo stesso atteggiamento, cioè di non amarlo.

Sai, stai per riprendere due persone che parlano, si incrociano e si evitano, si tormentano nello spazio chiuso di un appartamento. Dovresti rivedere Il disprezzo di Godard; credimi, mostra questa situazione come nessun altro film...
Lo scenggiatore capisce che la moglie ce l'ha con lui, ma ancora non sa, o non vuole sapere, il motivo, e lei non vuole dirglielo perchè ormai non ne vale più la pena. A un certo punto la donna dice che vuole dormire da sola. Lui le chiede: Non vuoi più che facciamo l'amore ? Lei sorride e risponde: Questa sì è cretina, e lui che ancora spera domanda: E' un sorriso a sfottere o pieno di tenerezza ? Pieno di tenerezza, risponde lei, e sappiamo bene che non è vero, e lo sa anche lui, e a partire da allora assistiamo a un annegamento in diretta. L'uomo non ha più nessuna possibilità, ha perso. Qualsiasi cosa faccia, che sia ironico, duro, supplichevole , sarà sempre patetico, e non potrà che essere patetico, perchè un uomo che non è più amato è patetico, semplicemente...
Perchè il disamoramento è la cosa più terribile che ci sia: l'istante in cui l'altro smette di amarti, in cui capisci che non c'è appello, non c'è pietà, che non sei più niente, che non esisti più nel suo sgiardo...E' la cosa che tutti temono più al mondo, e non c'è chi non sia disposto a tutto pur di evitarla o rimandarla -perchè quel giorno fatalmente arriva, credo che priam o poi arrivi per tutti e che tutti siamo condannati un giorno una parte o l'altra, una parte e l'altra, e che la parte di chi non ama più non sia in fondo più desiderabile di quella di chi non è più amato...

E' questo che penso leggendo l'epistolario di Kierkegaard, finchè capito su una frase che mi stende: 'In ogni rapporto d'amore il quale, seppure iniziato, non si lascia realizzare, nulla è pertanto più offensivo della delicatezza'.

Il dono lo lascia. ..E' come quando si invecchia, ci sono cose che si potevano fare, che si amava fare, ma a un certo pounto si fatica a farle, e si intuisce che presto sarà del tutto impossibile farle. E' normale, è terribile.
Le persone che hanno un dono, un talento, spesso hanno soltanto questo.
Spesso non sono altro che questo: la loro regalità segreta, e l'immenso squallore che la. Accompagna. Tengono a questo squallore più che a ogni altra cosa; è ciò che si chiama 'nevrosi'.
Se lui non è più nulla, allora può diventare un uomo.
Può diventare finalmente visibile a una donna-quella a cui racconta la propria storia.
Può stare davanti a lei, detronizzato, prosciugato, messo a nudo, e lei può dirgli: 'Sei qui'.

Mi piace essere un avventuriero. Mi torna spesso utile. All'improvviso piove, e mi sento povero e nauseato, e mi viene da piangere, allora penso: 'Tieni duro, ragazzo, te la sei scelta tu questa strada, non volevi una vita normale...'

Perchè nel mio progetto che anche il desiderio che il film finisca bene. Insomma, avete capito: non per forza un happy end da commedia romantica, ma che i personaggi alla fine abbiano fatto un passo avanti. Che le loro scelte le portino più vicini a se stessi. Che non si rinchiudano, non si smarriscano, non tornino indietro, ma prendano coscienza di ciò che veramente sono, di ciò che veramente desiderano, e agiscano di conseguenza.

Non lo sapevo ancora, ma è quello che generalmente succede con i paradisi: vi sentite dire sempre, e sempre a ragione, che non sono più quelli di un tempo, che siete arrivati con almeno dieci o venti anni di ritardo. ..A me l'hanno detto di Bali, che oggi i vecchi hippy ricordano come un'epoca felice, e mi fermo. Certo è che a diciott'anni sognavo di vivere una vita così: di aver bisogno soltanto del necessario, non allontanarmi di un millimetro dalla donna che amo, vedere ogni giorno sorgere e tramontare il sole, mangiare quando ho fame, scrivere su un tavolo traballante, ripetermi che le cose belle sono il mare, il cielo, un ulivo scosso dal vento, e che l'amicizia è dovunque si varca una soglia...


(da Emmanuel Carrère, Propizio è avere ove recarsi, 2016)