martedì 14 febbraio 2017

potlach e ceneri

All'aeroporto di scalo, Dubai degli emiri e degli schiavi, ore 6.30, dopo una breve notte in aereo da Bali e Giacarta.
Qualche ora di attesa, utili a rimettersi in sesto e provare a scrivere qualcosa su questo viaggio.
Siamo reduci dalle tre giornate dedicate alla cremazione della moglie del re già defunto qualche anno fa, un'anziana olandese, che non contava più nulla, come peraltro il suo illustre consorte, ma sapeva certo contare qualcos'altro, visto che per il suo funerale è riuscita a spendere 40 miliardi di rupie, più di 3 milioni di euro.
Spettacolo strepitoso, comunque.
Si inizia il sabato con addobbi del tempio, compianti quasi allegri, feste e banchetti.
Ci siamo messi il sarong ed abbiamo visto le famiglie delle caste alte sfilare tutte imbellettate e impizzettate (sia per i pizzi multicolori delle camicette, sia per le pizzette che si sono pappate...)
Nel frattempo già da giorni era iniziata la costruzione del toro-sarcofago, nel quale alla fine sarà bruciato il corpo, e della torre a 9 piani, sempre più stretti e raffinati man mano che si sale verso l'alto, che rappresenta il cielo, poggia su una tartaruga che regge il mondo, ed è adornata di cigni, barong (demoni protettori che scacciano gli spiriti maligni) e cili (divinità-madri che portano con sé fecondità e prosperità).
Il tutto, ieri, è stato trasportato a braccio e di corsa da centinaia di persone, con noi e molti altri dietro, a suon di musica, tra sorrisi e canzoncine, lazzi e frizzi.
Nei funerali balinesi niente lacrime, l'anima si libera e sarà più felice, che si reincarni o entri nella moksa, la liberazione totale dal ciclo della metempsicosi.
Divertirsi con la morte, fondamento di qualunque il-ludetica.
Qual posto migliore per verificarlo ?
A Bali tutto è bello proprio in quanto ama consumarsi nello spazio di un giorno, come la manna non dura: non durano i cestinetti di palma infiorati e colmi di riso, caramelle e profumati di incenso e fiori di frangipane.
Tutto vive, tutto va benedetto (anche i motorini e le lavatrici), tutto si consuma e passa, tutto ritorna.
Come si concili tutto questo col turismo di massa e la finanza internazionale solo i balinesi lo sanno.
Ma è loro proprio l'arte della conciliazione tra demoni e dei, del dualismo sempre moderato.
A meno che non ci si giochi il prestigio con i galli da combattimento o non si debbano costruire templi a più piani (meru) che aiutino gli dei a fare su e giù con la terra.

Il viaggio sta finendo ed è stato certo uno dei più belli della mia vita.
Giava e Bali (alla fine non siamo riusciti ad andare oltre, in un solo mese) sono due isole davvero incredibili: la bellezza della natura, la semplicità e l'accoglienza delle persone che abbiamo incontrato, la potenza e l'eleganza della vita quotidiana, la maestosità delle foreste e dei templi, dei vulcani e delle onde. Non manca nulla, a questo paradiso, reso inferno dai demoni, ma che tenta sempre disperatamente di salvarsi.
Un luogo che ti riconcilia con la vita, con i ritmi lenti e le accelerazioni del cosmo, con l'acqua che benedice e il fuoco che purifica.
Siamo stanchi, ma davvero appagati.
Abbiamo fatto bene a partire, ancora una volta.
E lo rifaremo, appena potremo, ancora verso l'Oriente (dopo l'Indonesia, l'India...?)
























Nessun commento:

Posta un commento