domenica 5 febbraio 2017

brahamando bromo



Ora ci troviamo a Bali già da mercoledì scorso, abbiamo lasciato Legian e la penisola a sud, regno di turisti e surfer, e ci godiamo il clima artistico della città di Ubud, circondata da templi e da verdissime campagne.
Ma di questo parleremo appena possibile.
Ora vogliamo tornare indietro a quasi una settimana fa, quando ci siamo diretti verso l'area dei vulcani ed il mitico monte Bromo.
Iniziamo la giornata con una lunga attesa alla stazione dei bus, qui si parte solo quando il bus è pieno oppure quando chi è presente è disposto a pagare i posti vuoti, il tempo trascorre veloce mentre vari indonesiani chiedono ad Enri se sia mussulmano per via delle sue papaline e alcuni vorrebbero comprargliele e i più sfacciati se le provano ridendo. Si parte e risaliamo dal livello del mare fino a 2000 metri attraverso paesini inerpicati nella foresta tropicale. Appena scendiamo capiamo che la situazione climatica è drasticamente cambiata dall'afa dei 30 gradi passiamo a 8-10 gradi con raffiche di vento e nuvole minacciose dentro cui ci muoviamo. Mettiamo le calze, i pile e compriamo un kitschissimo ma caldissimo cappellone di lana bluette. L'albergo è il più costoso che ci siamo permessi ma è quasi dentro il cratere e possiamo fare tutte le passeggiate a piedi.

Andiamo a letto presto per svegliarci alle 4.00 e incamminarci verso il tanto decantato Bromo sunrise ma ci troviamo da soli, nel buio più totale con 5 gradi e una sorta di tormenta di pioggia e nebbia che ci avvolge. Avanziamo nel cratere con la sola luce da minatori che Enri ha ricevuto per il suo compleanno dai nipoti. Solo durante il percorso grazie ad un motociclista pietoso capiamo che il Bromo è il vulcano che fuma sulla sinistra e non il bel monte verde -il Batok- che noi avevamo puntato come meta. All'inizio della salita in cui siamo ancora da soli vediamo alle nostre spalle un'orda di centinaia di persone, soprattutto gli immancabili giapponesi, che si avvicina ad ampie falcate, sia a piedi che in scooter o a cavallo. Ci sbrighiamo a salire per arrivare in cima in solitudine. La nebbia è sempre più inesorabile e sulfurea ma riusciamo ad intravedere il tempio indu e la scalinata di 250 gradini scolpiti nella roccia che conduce al fumosissimo cratere maggiore. Il sole è sorto ma dell'alba nemmeno l'ombra! Una situazione surreale, sembrava di camminare nel vuoto e di essere in un mondo parallelo. Infreddoliti, fradici ma contenti dell'avventura torniamo lentamente verso il deserto di sabbia e lava che ci riporta verso l'hotel Permai dove ci attende una bella colazione con Mie Goreng (noodles fritti con verdure, uova, carne), Toast con burro e marmellata di fragole, uova, the e caffè.

La sera piove sempre e l'indomani la giornata è molto peggiore della precedente. Sembrava impossibile, ma è vero: non si vede quasi nulla e i turisti rinunciano alla camminata verso il monte.
Noi ce ne stiamo tranquilli nella nostra stanzetta, a leggerci un libro di Onfray sulla postanarchia spiegata a sua nonna, sino a quando non spiove e miracolosamente esce il sole.
Lo spettacolo dall'alto è stupendo, emozionante, strepitoso e iniziamo una passeggiata per campi terrazzati di cavoli e cipolle, sul crinale del cratere maggiore.
Qui incontriamo case di contadini che piantano gli ortaggi, e un gruppo di bambini che ha piantato invece delle grandi girandole di bambù che ruotano e rombano velocissime al forte vento che giunge da sud.
Una bellissima passeggiata, luminosa e dolce, in cui scopriamo qualcosa della vita dei Tengger, una minoranza arroccata su queste cime, non islamica, che ancora oggi fa i sacrifici al divino Bromo.


Dopo una lunga attesa di quasi due ore, riusciamo a raggiungere Probolinggo con un bemo, e ci imbsrchiamo subito in quel che si rivelerà il più lungo viaggio di questo viaggio (durata promessa 8 ore, ma in realtà 12, traghetto per Bali incluso.
Arriveremo a Denpasar soltanto all'1.30 di notte e ce la finiamo in un love motel, circondati da danzatrici nude sui bassorilievi, ma in una stanza non dotata di lenzuolo e carta igienica.
Le varie sceneggiate di Enri non portano a nulla, il cameriere non capisce un tubo, anche se riesce almeno ad aggiustare il sifone che perde.
Purtroppo però piove in bagno dal tetto, ma scopriamo che si tratta di una tipica scelta architettonica del posto.
Divertente e assurda situazione, very indonesian style.
Ma il letto è comodo, e dormiamo della grossa. Che bello!





























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