domenica 29 gennaio 2017

indo-non ci-siamo

L'Indonesia è una terra bellissima, i suoi abitanti sono sorridenti e gentilissimi, va tutto bene.
Ma...
Ad Yogyakarta una sera siamo andati in un ristorante nel nostro vicolo, chiamato Suparman.
La moglie del gestore dormiva sul divano, suo marito alla cassa.
Nessun altro cliente oltre a noi, clima soffuso, menu apparentemente ricco.
Mi azzardo ad ordinare una pizza, cosa che ogni tanto faccio per interrompere il flusso ininterrotto di nasi goreng e sop buntut,
La pizza margherita sembrava quasi vera e già me la stavo gustando con gli occhi quando, al momento di assaggiarla, scopro che al posto della salsa era stato messo il ketchup. Orrore!
Allora Vivi prova a mangiarla lei, ma alla fine deve desistere.
Faccio notare al cameriere che sul menu parlava di 'tomato' e che non avrei proseguito a mangiarla.
'E non la pagherò, sorry (rua))!', dichiaro ostentatamente.
Mangiamo il resto e ce ne andiamo, sbattendo la polvere sotto i piedi.
Il gestore e la moglie, dopo il momentaneo stress per la protesta contro la lesa maestà della pizza italiana, hanno ripreso a dormire.

Negli alberghi e nei ristoranti di qui, anche in quelli messi meglio, c'è spesso qualcosa che cigola, che è rotto, che è stato montato male, che non funziona bene.
Magari la stanza è bella, ma il bagno è mal messo, è pieno di formiche, l'acqua non è calda.
Oppure l'inverso: il bagno è perfetto, curatissimo, ma la stanza ha le sue pecche nascoste: la testiera del letto vacilla, il rumore dei motori esterni dei condizionatori è troppo forte, i comodini sono polverosi.
E poi, ogni notte alle 4, il muezzin -vero o registrato- fa la voce del leone e ruggisce dai minareti, spesso svegliandoci in pieno sonno.
Insomma, certi giorni come oggi, soprattutto se fuori piove, ci si riposa di pomeriggio, perchè le notti sono talvolta brevi e tormentate.
Stanotte ci sveglieremo alle 3.00, volontariamente e quasi volentieri, per salire sul vulcano Bromo (2600 metri) insieme a tanti altri, per vedere l'alba dalla sua sommità.
Ci troviamo sui bordi di un alto cratere e domani vi entreremo dentro per camminare sulla sabbia e sulla cenere delle precedenti eruzioni (l'ultima, a luglio dell'anno scorso).

Ieri sera siamo arrivati a Probolinggo, al mare, a 30 km da qui, col treno da Malang (l'unico in tutto il giorno, ma comodo e abbastanza veloce, e che attraversa bellissimi villaggi nella foresta e tra i fiumi).
Avevamo prenotato una pensioncina un po' fuori dal centro e, dopo una cena frugale, ci siamo affidati ad un conduttore di becak (bici-riksciò) che insisteva a portarci, nonostante le nostre perplessità.
Già tre giorni fa a Malang il conducente alla stazione è partito sparato e sembrava convinto del fatto suo, ma dopo molti giri inutili ci ha depositato in un hotelone cinese che era ben distante da quello che avevamo prenotato. Siamo dovuti tornare indietro e -dopo vari giri- finalmente siamo arrivati a destinazione.
Ieri, stessa storia, ma con più aggravanti drammatiche.
Il tipo ha letto l'indirizzo e ha iniziato a percorrere, al buio e senza fari, dei viali lunghissimi, senza mai fermarsi. Non ci ha messo la tendina, pioveva e ci siamo fatti scudo con l'ombrello. Dopo mezzora di inutili giri, abbiamo imposto lo stop e ci siamo rivolti ad un supermarket ancora aperto. Date le giuste istruzioni, abbiamo provato a ripartire, ma il tipo andava contromano in uno stradone pericolosissimo e, per evitare le macchine, pretendeva di pedalare sul bordo strada. A un certo punto la bici si è bloccata, lui è sceso ed ha cercato di riportarla su terreni meno impervi. In assenza di un contropeso sul sellino il becak si è rovesciato in avanti e sono caduto verso terra con i bagagli. Una scena tragicomica.
A quel punto siamo scesi e ci siamo rifugiati in un hotel che miracolosamente è apparso alla nostra destra. Il vetturino pretendeva di essere pagato intero, gli ho dato poco più della metà, ma lui li ha rifiutati. Abbiamo pagato la stanza e lui era ancora fuori. Il personale dell'albergo ha mediato, lui ha accettato i soldi e se ne è andato. Un incubo.
In poche parole: non siamo riusciti ad arrivare alla pensione, ma abbiamo scoperto che l'hotel nuovo si trovava proprio vicino al terminal dei bus da cui saremmo dovuti partire per Bromo oggi.
Nella sfortuna, qualcosa ci abbiamo guadagnato...



venerdì 27 gennaio 2017

candi candi

Solo si chiama anche Surakarta.
Ed io da oggi mi chiamo Orang goreng, uomo fritto.
La città ci accoglie in una giornata piovosissima e grigia, in cui perlopiù ci riposiamo sul comodo letto di un albergo che scimmiotta il nostro benessere.
E ci prepariamo all'indomani, in cui invece ci diamo da fare.














Facciamo un bellissimo giro per le colline e montagne intorno, costellate anch'esse da coltivazioni verdeggianti di the e candi (templi) induisti, il Candi Ceto, il Cekhat ed il Sukuh.
Ci guida (anche come autista) Jack, un giovane tranquillo e gentile, curioso ed educatissimo, che parla un discreto inglese.
Ci aiuta a capire alcune cose dell'Indonesia, lo intervistiamo sull'economia, sulla politica, sui giovani ed il loro rapporto con la tradizione, sui batik...
E lui vuole sapere dell'Italia, propone confronti, azzardiamo rapporti.
Conosce anche il Cagliari, tramite il calcio e Nainggolan!
La gente qui sembra non confliggere mai, e sembra non volerlo: se tu alzi un attimo la voce o dissenti anche solo con i gesti, subito si ritirano e attendono, non reagiscono, cercano di trovare altre strade, aggirano l'ostacolo.
Anche i bambini sembrano sempre molto tranquilli, soprattutto quando sono con le madri, a loro volta sempre molto placide e lente.
Mi tornano in mente gli scritti e i filmati di Bateson e Mead su Bali e lo stato stazionario.























E' una giornata intera, dalle 8 alle 18, di giri in auto e soste, con una pausa pranzo in uno splendido cottage in bambu, legno e vetro nei pressi di Sukuh.
Il primo tempio è dedicato alla fertilità e alla sessualità maschile, una struttura simmetrica e impressionante, molto scenografica, un'ascesa in cui si penetra progressivamente tra due bordi di pietra e simboli.
Il secondo è lì vicino, nei pressi di una piccola cascata, più simile ad una piramide maya e termina con un altarino, amorevolmente circondato da drappi bianconeri (gli stessi che avvolgono le nostre reni) e protetto da un ombrellino di seta colorata.
Il terzo parla invece del sesso ma visto più dalla parte femminile, della potenza che da essa promana, e del rapporto fecondante tra lingam e yoni, tra uccello e passerina, insomma...

A fine giornata siamo stati anche a Sangiran, il sito Unesco in cui sono stati trovati sepolti più di cento esemplari di homo erectus (giavanensis), giunti sin qui quando ancora le terre emerse congiungevano le isole al continente cinese.
Ma il sito non è visitabile e il museo consiste in un vero scempio architettonico che peraltro non valorizza minimamente i reperti ed è organizzato in modi poco efficaci ed antiquati. Peccato.
Alla fine Jack ci ha portato ad un atelier di batik (ma quanto costano quelli veri...!, infatti anche loro li usano solo nei giorni di festa, ad es. il venerdì come oggi) e ad una pizzeria italiana, in cui però non abbiamo mangiato, 'O Solo mio' (che ironia, eh...!).
Cena al nostro albergo (che si chiama Amarelo) e poi a nanna presto.





Ora siamo in treno, 7 ore piene per fare 300 km scarsi, e proseguiamo a dirigerci verso est, per la precisione alla città di Malang.
Da qui, nelle prossime 48 ore, cercheremo di avvicinarci ai magici borbottii del mitico vulcano Bromo.
Oggi iniziano i festeggiamenti per il Capodanno cinese. Inizia l'anno del Gallo...