lunedì 31 ottobre 2016

calce-struzzi

Sto leggendo un romanzo di Romolo Bugaro, Effetto domino, in cui si racconta di spietati e disperati palazzinari del Nord Est, alle prese con i loro azzardi di crediti, debiti e calcestruzzi.
Il post sulle recidive di qualche giorno fa ha preceduto di poche ore le nuove terribili scosse nel cuore del nostro paese. Incomincio a pensare di essere davvero un menagramo.
Gli esperti iniziano a parlare, con preoccupazione, di un effetto domino tra le faglie.
I paesi, intanto, si svuotano uno dopo l'altro, tra case lesionate e macerie.
Appaiono finiti, feriti a morte, senza possibilità di rinascita alcuna.

E invece il nostro Renzi -a parole- non si arrende.
Continua a blaterare di ricostruzione in tempi certi, di soldi che ci sono, di speranza.
Così come fa in politica, fa promesse senza futuro; e c'è chi gli crede, per necessità, per ingenuità, o per dovere.
Affonda il collo sotto la sabbia, sa del disastro, ma finge che vi siano soluzioni o vie d'uscita, e le vende a destra e a manca. Fa il suo mestiere.
Eppure, a guardare la storia in uno spettro più ampio, dovrebbe soltanto accettare il declino.
E, così come i profughi di Amatrice, Arquata o Preci, accettare di non avere mai più quelle case e di non abitare più quei luoghi. Arrendersi alla dura legge delle cose, del caso e degli eventi.
Loro saranno costretti a farlo e, alla fine, anche Renzi, ed anche noi.

Nel frattempo proseguono a bombardare Mosul.
Quando la libereranno non resteranno case in piedi, e neppure persone.
Ma la sconfitta dell'Isis giustifica tutto, copre ai nostri occhi qualunque scempio.
Gesù parlava di sepolcri imbiancati, luoghi fetidi cosparsi di calce, a tentar di purificare quel che resta una sozzura, a render candido e inudibile quel che permane buio ed urlante.
E così ci diamo l'autorizzazione a vivere, mentre stiamo morendo.
Come il tir che passava sul viadotto della Milano-Lecco, prima che il calcestruzzo cedesse.








domenica 30 ottobre 2016

il valore dei valori

Uno dei nostri migliori ex studenti ha appena pubblicato un libro ben scritto, ampio e ben documentato su una serie di autori, italiani e francesi, da gran tempo misconosciuti e trascurati, che hanno animato il dibattito pedagogico tra l'Unità d'Italia e la Prima guerra mondiale, nel tentativo (non riuscito) di salvaguardare la centralità delle matrici cristiane e cattoliche in ambito educativo e culturale di fronte all'insorgere prepotente delle istanze scientifiche e razionalistiche, concomitanti e affini all'avvento del dominio industriale, capitalistico e borghese.
Un libro che, nonostante il titolo apparentemente circoscritto e datato, presenta quindi una forte attualità, in una fase come questa in cui il richiamo ai valori si fa pressante nel tentativo di venir fuori dalla profonda crisi etica e politica in cui ci troviamo immersi.
Crisi delle culture laiche, al pari di quelle religiose, ormai entrambe divorate dai tempi e dai modi della postmodernità postdemocratica e postliberale ( e forse anche già post-umana).

Resto colpito da varie assonanze che riscontro oggi in me, certamente retaggio della mia formazione cristiana, e soprattutto materno-milaniana.
Se non avessi lasciato la Chiesa a vent'anni, forse mi sarei trovato a scrivere o a pensare un libro così e a cercare di valorizzare l'opera di autori come questi, spesso dimenticati e superati da quella che i vincitori chiamano 'storia'.

'Senza un alcun che di esplosivo la palla del fucile non erompe, così negli insegnamenti della verità e delle regole dell'onestà, la mente de' giovani, senza impulso d'affetto, non esce all'atto efficace dell'apprendervi, anzi ripugna da sì fredda pedanteria che, insegnando il vero e il vivere onesto, pare non glien'importi nulla.'
Uno dei maggiori difetti che Conti lamentava nella scuola, era la riduzione della sua missione al veicolo di circoscritte nozioni e competenze disciplinari. 'Ma l'istruzione non basta -osservava- ci vuole l'educazione ancora; ossia, l'istruzione dev'essere educativa'...
Di qui, la chiosa della celebre frase di Victor Hugo...'Ogni scuola che s'apre, è un carcere che si chiude'. Ma perchè dunque, moltiplicandosi le scuole, si moltiplicano delitti e prigioni...? La risposta viene da sé: non basta una scuola, conviene che la scuola sia buona.

Guibert definì il carattere come l ' interna costituzione morale dell'uomo' e dunque la forza con la quale la persona diveniva capace di determinare le proprie azioni. Riprendendo una citazione di Lacordaire sosteneva che il carattere fosse 'l'energia sorda e costante della volontà, un non so che di irremovibile nelle decisioni, e più ancora nella fedeltà a se stesso, alle proprie condizioni, alle proprie amicizie, alle proprie virtù, una forza intima che esce dalla persona ed ispira a tutti quella fiducia che chiamano sicurezza'.
Si tratta di una capacità che supera la mera intelligenza. Infatti, se 'l'ingegno può molto, il carattere può assai di più, perchè nel medesimo tempo che sa guadagnare gli uomini, sa anche dominare le circostanze'. Il carattere rappresentava così la vera 'misura della vita', in quanto 'strumento' che principalmente 'la forma'.

Gillet era convinto che 'l'assenza totale o parziale di educazione morale' dipendesse dalla confusione riguardo il significato del cammino formativo.
Crollate le certezze su quel dovesse essere l'orizzonte perfettivo da perseguire, secondo Gillet regnava ormai il più totale scetticismo su cosa fosse il bene o il male per la persona. Su queste tematiche aleggiava una preoccupante 'epidemia di dubbio', che giocava a favore di un sempre più diffuso lassismo della ragione...Al riguardo Gillet citò un'inchiesta relativa agli orientamenti ideologici dei professori di filosofia dei licei francesi..i cui risultati...attestavano una totale 'anarchia' rispetto alle convinzioni valoriali di fondo.
Questo smarrimento...scaturiva dal fallimento delle filosofie moderne che, dopo aver screditato l'etica metafisica classica, non erano riuscite a sostituirla con una valida alternativa, lasciando in eredità soltanto una soffocante aria scettica...

Nella formazione intellettuale coeva, Gillet lamentava un 'difetto di metodo' riguardante l'eccessiva attenzione prestata alla memoria, e dunque alla ripetizione di concetti e norme, a discapito di in vero 'sforzo personale' di giudizio, necessario per 'l'assimilazione intellettuale'. Si cadeva così in una 'educazione alla rovescia' impartita circoscrivendo 'l'iniziativa personale e lo sforzo volontario a profitto della 'passività' sensibile'.
Secondo Gillet, invece, l'educazione doveva soprattutto aiutare a capire, anche confrontandosi, per esempio, con le teorie che sembravano allontanare i giovani da una vita morale sana. Tenere gli studenti all'oscuro degli 'errori' del mondo, sperando di evitarne l'influenza, gli appariva non solo debilitante, , ma anche di 'una ingenuità o d'una temerarietà inqualificabile'. Presto, infatti, gli stessi giovani sarebbero stati immersi nel mondo subendo l'inevitabile influenza di queste visioni: era dunque necessario prepararli adeguatamente, dotandoli dei necessari anticorpi.



(da Andrea Marrone, La pedagogia cattolica nel secondo Ottocento, Studium, 2016)

sabato 29 ottobre 2016

recidive


Il nuovo terremoto ci rimette di nuovo dinanzi al vero problema: le recidive.
Da qualche tempo non ci troviamo più di fronte a quegli episodi singoli che, per quanto gravi, non assumevano carattere di continuità e ciclicità.
Oggi siamo dentro una circolarità che assume forma ciclica e ripetuta, che assume nella sua iteratività la sembianza di una continua emergenza da cui non si esce mai e non si esce più.
Può darsi che, per quel che concerne i terremoti nel Centro Italia, questo non accada e che si tratti solo di un caso temporaneo. Ce lo auguriamo tutti.
Ma così non si potrà dire per i crolli e le distruzioni di interi paesi: questo dipende in gran parte dall'azione e dall'inazione, dalle opere e dalle omissioni umane.
E su questo non possiamo che riscontrare la recidività (e la continuità ciclica senza sbocchi e senza uscita e senza progressi) di cui sopra.

Lo stesso vale per la questione climatica.
La situazione si aggrava ogni anno di più e si parla ormai con rassegnazione di nuova era del clima.
E di sesta estinzione animale e vegetale di massa alle porte.
Abbiamo avuto l'anno più caldo della storia recente, ed un ottobre in cui si suda (altro che estate di San Martino, ormai siamo quasi a novembre e, qui da noi, si sono ancora 25 gradi).
I campi sono aridi, non piove, inizia il razionamento dell'acqua.
L'emergenza avanza e si cronicizza, senza soluzione.

Lo stesso vale per la questione migranti.
Si sgombera la giungla di Calais e una buona parte dei migranti fugge, si nasconde, va ad affollare altre periferie, a creare altri ghetti, ad es. intorno a Parigi.
Migliaia di persone arrivano ogni giorno, al di là delle inutili previsioni, e non sappiamo dove metterle, come gestirle, come controllarle, come integrarle.
Si va avanti per diktat prefettizi, con rivolte e rifiuti di sindaci e popolazioni locali.
Caso strano, però: per installare basi militari protestano meno.
Comunque, dobbiamo rassegnarci: il fenomeno ci sommergerà, l'assedio sarà crescente.
Stiamo spendendo 160.000 euro al giorno solo per quella che non vogliamo chiamare 'guerra' in Libia, e dalla Libia proseguiranno a partire, così come dalla Siria e dall'Afghanistan, e da tutti quei luoghi in cui siamo intervenuti per esportare la democrazia e per arricchirci.

Con queste premesse, qualunque soluzione si rivela solo un nuova forma del problema.
Ma le premesse non cambiano, e questo è il vero problema.
Siamo recidivi, perseveranti nell'errore, divinamente diabolici.

'Un sistema va considerato complesso -scrive Tononi- solo se è costituito da un gran numero di parti ciascuna con funzioni diverse, che interagiscono fra loro in modo eterogeneo. Come corollario, un sistema è complesso solo se non è nè completamente regolare nè completamente irregolare. In sostanza sono complessi i sistemi le cui parti interagisno obbedendo a precise regole, così numerose ed eterogenee da non potersi riassumere in pochi principi o equazioni.' (da Enzo Soresi, Il cervello anarchico, UTET, 2005).

Vogliamo comprendere e gestire la complessità con premesse e teorie troppo semplici e lineari, ad es. quelle mutuate dalle aziende o dagli eserciti.
Ma una società vivente non si lascia irregimentare dalla linearità autoritaria.
Obbedisce ad un livello, ma recalcitra più in profondo, e -a un certo punto- sbotta.

mercoledì 26 ottobre 2016

accettare

0013: Controllo.
Metà della parete esplose e mille occhi scrutarono all'interno mentre l'urto lo scaraventava fra la polvere e i detriti. La testa gli pulsava, sentiva un dolore al fianco e alla gamba sinistra, ma si obbligò a restare immobile. Faceva il morto per restare vivo. Il morto per restare vivo. La frase di un libro sui mostri che il padre gli aveva letto da bambino. Emersa da un luogo dimenticato come un razzo sparato nel cielo. Gli entrò nel cervello, andava in loop. Fare il morto per restare vivo. La polvere dei mattoni cominciava a depositarsi, ma la pressione di quegli occhi era ancora terribile. Lo scricchiolio dei vetri vicino all'orecchio -quel rumore totale, quell'orrendo girovagare. Poi quel movimento, vicino alle gambe. Lottò contro l'impulso di aprire gli occhi: doveva fare il morto per restare vivo. A destra, da qualche parte, il coltello che aveva lasciato cadere, e la statuetta di suo padre, che gli era scivolata fuori dalla tasca. D'istinto lo cercò a tentoni, mentre era ancora lì, buttato per terra. Tremava, sussultava, il transito della creatura creava vibrazioni che gli squassavano le ossa, la luminosità cercava di fuggire, la parte di lui che era sola, che tendeva la mano in cerca d'aiuto. Faceva il morto. Per restare vivo.

0014: La direttrice
La pianta non muore. I parassiti non la toccano. La pianta non muore. Le temperature esterne non la turbano. Se la congeli, si scongela. Se la bruci, rifiorisce. La pianta non muore.
Malgrado i tentativi, malgrado gli esperimenti eseguiti negli ambienti sterili e immacolati del magazzino-cattedrale...la pianta non muore. Non hai ordinato di sopprimerla, ma durante il prelievo dei campioni i ricercatori ti informano che...la pianta si rifiuta di morire. Potresti tagliarla, ridurla in tanti pezzettini, metterli in un misurino, condirci una bistecca...e continuerebbe a sopravvivere. In teoria, crescerebbe dentro di te e alla fine spunterebbe fuori a cercare la luce del sole.

0019: Controllo
Ricordava meglio alcune cose che gli aveva detto suo padre, evidentemente perchè erano successe davvero: ' Se non conosci la tua passione, ti si confonde la mente, non il cuore'. In un momento di sincerità dopo la missione fallita, quando era riuscito a parlargliene solo per allusioni, senza mai raccontargli la verità.
'A volte devi capire quando è il momento di passare ad altro, per il bene di chi ti sta vicino'.
Che gelida definizione: 'passare ad altro'. Passare a cosa ? Qual era la sua passione ? Non conosceva la risposta a quelle domande, sapeva solo consolarsi con gli aghi di pino che gli graffiavano il viso, con l'odore sonnolento e fumoso della terra.

000X: La direttrice
Hai in tasca la tua lettera per lui. Ti senti un po' a disagio. E' come se cercassi di dire qualcosa che non ha bisogno di parole a qualcuno che potrebbe non essere più in grado di leggere...
Ti angosci per la millesima volta pensando che la tua mossa non è stata ragionata a fondo. Puoi scegliere. Puoi lasciare che tutto vada avanti come prima. Oppure...puoi fare la prima cosa che tra poco ti porterà via dal buio, dal silenzio, su una strada senza ritorno. Anche se riuscirai a tornare.

...A prescindere da quel che è successo, io so che hai fatto del tuo meglio, perchè tu sei sempre stato così. Anche io cerco di fare del mio meglio. Però non sempre so cosa vuol dire né quali saranno le conseguenze. Puoi restare coinvolto in qualcosa che è più grande di te senza riuscire a sapere perchè.
Il mondo di cui facciamo parte adesso è difficile da accettare, più difficile di quanto si possa immaginare. Non so nemmeno se riesco ad accettarlo in questo momento. Non so se ne sono capace. Ma accettare significa smetterla di negare, e forse questa è una forma di ribellione.
Mi ricordo di te, Saul. Mi ricordo il guardiano del faro. Non ti ho mai dimenticato, ci ho solo messo un sacco di tempo a tornare.

Con affetto,
Gloria
(che viveva pericolosamente sugli scogli e ti dava il tormento)

(Jeff VanderMeer, Accettazione, 2014)



lunedì 24 ottobre 2016

girin giretti di un morto che parla e dei suoi amici

Giornata con risveglio lento, che procede senza incontri, senza una parola.
Riordino libri, sensazioni, emozioni, idee.
Ascolto Gaber.
Venerdì scorso ho introdotto la presentazione di Fare il morto in facoltà con una sua canzone, Io come persona, che -soprattutto vista in versione video- ha lasciato il segno.
Poi, soliti giochi tra differenze, argomenti tragici, frizzi e lazzi, ironie e malinconie, tra me e Stefano Caserini, che grafittava e slidava sulle sue ultime 10 buone notizie sul clima.
La sala era piena di amici e amiche, nessuno sconosciuto, pochissimi colleghi, un certo numero di studenti, con qualche intervento che valeva la pena di ascoltare.

In questi ultimi due giorni, con Stefano, Francesca e Viviana, siamo andati in giro a goderci il cambiamento climatico: sole alto e piogge calde, temperature altissime per ottobre.
Di nuovo ai Giardini di Sciola, a San Sperate: ascoltare le vibrazioni delle pietre, che ancora parlano e suonano a lui e a noi, come se ci trovassimo in cui circoli pitagorici che ascoltavano l'armonia del cosmo.
E gli scavi di Nora, così equilibrata e aggraziata, circondata per ogni dove dall'acqua, abbellita da mosaici raffinati e perfetti, sconnessa e rasa al suolo da un maremoto o da chissà quale altro assalto dalla terra o dal cielo.
Passeggiate al tramonto sulle assolatissime spiagge di Chia, tra la Torre e la Cipolla, salendo poi sino al faro del Capo Spartivento, in un susseguirsi di graniti rosa e bianchi, immobili e parlanti.
Notte a Teulada e mattina di ieri trascorsa a Porto Pino, al sole.
Le dune sono rimaste distanti, ma -incredibile dictu- abbiamo anche fatto il bagno.
La spiaggia era quasi deserta, abbiamo convissuto con bruchi, piccoli gigli viola, alghe di posidonia e qualche straniero in vacanza.
Al rientro abbiamo rasentato Carbonia e alla fine abbiamo parcheggiato la Ramarra a Monserrato.
Ieri sera sono ripartiti tutti, i due scienziati a Milano e Vivi a Roma.

La vita continua, continuiamo...
Tra poco tornerò a a guardare la posta al giardinetto e imposterò anche questo nuovo post.
Sto bene, le energie sono giuste, fantasie e sogni procedono.
La mia casa preserva ricordi, disegni e carezze.
I viaggi riempiono i muri di traiettorie che guardano indietro e schizzano avanti.
Il prossimo viaggio a novembre con Viviana, nei Paesi Baschi, si avvicina.
Mi godo questo giorno di stasi, tranquillità, solitudine, silenzio.
Sento lo stacco, mi piace, in attesa di nuove avventure...








mercoledì 19 ottobre 2016

trump/olino di lancio

Ascoltatemi bene: non fidatevi dei sondaggi che vedono Hillary in grande vantaggio su Trump.
La gente, come accadeva con Berlusconi, si vergogna di dirlo ai sondaggisti, ma poi -nel segreto dell'urna. come si ama dire- li vota.
Hillary non va, neppure a buona parte dei democratici, che la voteranno col naso storto, o si asterranno comunque, nonostante l'impresentabilità di Trump.
Bisogna certo considerare la potenza residua dell'establishment che, si dichiari rep o dem, non vuole scossoni e odia il platinato Ciuffettino.
Continuo a credere che Hillary, nel ventre molle e incazzato e ignorante degli statunitensi (e le pance in funzione ormai , in qualunque parte del mondo, sono più dei cervelli...) non faccia breccia, e non sarà votata.
E credo che, nonostante i sondaggi, perderà.

Ma, anche se vincesse, Trump sta vincendo comunque su un altro piano, più a medio termine: la scissione dei repubblicani e la costituzione, anche negli USA, di un tripolarismo effettivo e stabile.
Sta a Trump, o a chi verrà dopo di lui, di creare un terzo polo che smonti il giochetto bipolare-bipartitico tipico dei regimi anglosassoni e da noi così maldestramente mutuato per alcuni anni, sino all'insorgere della Lega e soprattutto dei Cinque stelle.
Trump è, insomma, un trampolino verso qualcos'altro.
Nessun cambiamento strutturale, solo una lotta tra potenti.
Ma è evidente che una terza forza spariglia ulteriormente giochi che apparivano ormai consolidati e dominanti, senza rivali.
Non è più così: le destre estreme emergono, spazzolano voti al centro e a sinistra, e tra gli astenuti.
Falliscono i tentativi di chiamata al centro (vedi l'ignobile fine di Scelta civica, e la scelta 'strana' di Monti, che si schiera per il No al referendum; vedi la crisi verticale di Forza Italia e il fallimento, già prima di nascere, dell'esperimento-Parisi; vedi il disastro Hollande in Francia; vedi la crisi dell'egemonia indiscussa della Merkel nel suo paese...
Ma falliscono anche i tentativi alla Renzi, che sarà travolto e abbandonato proprio sulle sue istanze residuali 'di sinistra', in primo luogo l'immigrazione.

In tutto questo, si ripropone e rafforza in Italia il delirio a sinistra.
Il PD va lentamente a spaccarsi e a crollare, ma è un'agonia lentissima.
I suoi elettori sono i più pigri a cambiare casacca nella storia dell'umanità.
Voterebbero PD come altri tifano Inter: comunque, qualunque cosa accada, anche una sconfitta umiliante col Cagliari.
Ma D'Alema proverà a riconquistare il partito, dopo la vittoria del No, usandola come trampolino.
E se non potrà farlo (d'altra parte, chi sono i pazzi che potrebbero ancora una volta sostenerlo lì dentro ?)  è probabile che, a differenza di Bersani e Cuperlo, potrebbe uscire e andare a tentare di ricostituire una sinistra non renziana, un quarto polo che chiamerebbe a raccolta indifferenziata tutti i cassonetti che parevano destinati all'inceneritore della storia.
Il simpatico rassemblement assomiglierebbe molto alla coalizione che ora attacca Mosul: ogni parte non saprebbe mai se i colpi arrivino dai nemici o alle spalle. Un bel clima.
Non sarebbe una buona nuova, soprattutto per la sinistra.
Renzi è un male relativo, D'Alema è un male assoluto.
Sarebbe come preferire Andreotti a Fanfani.

buon viso


 Quando ieri ho visto Obama imbonire Renzi con la frasetta idiomatica 'Patti chiari, amicizia lunga', pronunciata in italiano, ed ho visto la reazione scomposta del nostro leader supremo, che sembrava quella di un bambino in gita a cui regalano un lecca lecca inaspettato e non pattuito, mi sono raggelato.
Stanattina leggo questto commento di Bartezzaghi su Repubblica, che mi aiuta a spiegarvi perchè:

 Il problema è stato invece un altro. Quando si parla una lingua che non è la propria occorre usare frasi idiomatiche che spesso vanno intese in senso non letterale ma estensivo. Va così per quella scelta da Obama: "Patti chiari, amicizia lunga". Non poteva sapere che non è l'affettuosa constatazione che potrebbe sembrare: in Italia la usiamo in senso minaccioso. Un po' come "stai sereno", insomma. 

Ecco, questo mi ha fatto raggelare.
Che in quella frase si erge una minaccia, che soltanto chi sta sopra può fare a chi sta sotto, e mai viceversa.
E' l'ennesimo segnale della nostra totale subalternità, alla quale da sempre peraltro appludiamo e plaudiamo, e in cui da almeno 70 anni lietamente paludiamo.
I patti tra noi e gli Usa sono infatti chiari da sempre: il patto ad excludendum che ha impedito al PCI di andare al governo per decenni, e che gli ha poermesso di andarci solo quando non era più il PCI, ma qualcos'altro, molto più simile al Partito Democratico americano. (da cui il nome, perchè già PDS o DS era troppo di sinistra).
E' il patto NATO, che impedisce da sempre alla Repubblica italiana di scegliere la propria linea militare e all'Europa unita di giungere ad avere un esercito europeo.
E' il nuovo patto ad excludendum, contro Cinque stelle, Lega, cosiddetti 'populisti' in genere.
E' il patto che ci vuole portare verso nuovi patti commerciali, apparentemente tra eguali, come il TTIP, che è in realtà un capestro.
Beh, è chiaro che se questi sono stati e sono i patti chiari tra noi e gli Stati Uniti, l'amicizia è stata e sarà lunga, lunghissima, eterna.

Almeno sino a quando gli USA saranno vincenti.
Perchè si sa che l'Italia, appena uno perde, lo molla.
E si sta avvicinando quel momento, in cui gli USA dovranno dichiararsi perdenti.
E lì si vedrà cosa, tra un'opportunismo e l'altro, sapranno ancora una volta inventarsi i nostri governi di turno.
Tra l'altro. ad es., l'unico tema a cui Renzi non ha neppure accennato nella conferenza stampa finale è stata la questione dei rapporti con la Russia.
Infatti, noi ci stiamo già barcamenando tra l'amicizia eterna e fedele ad Obama e a chi verrà e di fatto una evidente apertura e tolleranza verso Putin, qualunque cosa combini.

Quindi Bartezzaghi si sbaglia: Obama sa molto bene che si tratta di una minaccia, per quanto velata.
Un americano conosce bene il senso di questa frase italiana. 
E' Renzi che, spesso, non capisce o, come sempre, finge di non capire.
E sta sereno.
D'altra parte, vale per lui e per noi un'altra frase idiomatica tipica del Bel Paese: far buon viso a cattivo gioco.


martedì 18 ottobre 2016

siamo tutti criminali (di guerra)

Aleppo è stata in parte occupata dai fanatici di Al Nusra, Isis o qualcosa di simile.
Per liberarla da loro, il governo siriano sta assediando e massacrando da mesi i suoi stessi cittadini, con il sostegno russo.
Nessuno può uscire da lì, vivo o morto che sia.
La gente è alla fame, disperata, non si può neppure salvare negli ospedali, anch'essi oggetto di attacchi furibondi e continui, non casuali.
Si spera così che i nemici decidano di lasciare il campo, di arrendersi, di ritirarsi.
Ma così non è e non sarà, almeno sino a quando ci sarà qualkche civile ancora vivo nella città.

Proteste internazionali, ONU che parla di crimini di guerra (tanto il vile coreano è a fine mandato), Obama che protesta (tanto anche lui è a fine mandato), negoziati, tentativi di tregua umanitaria non riusciti, ogni tanto poche ore di corridoi aperti per provare a salvare qualcuno dalla carneficina totale.

Bene.
Gli stessi che accusano Assad e Putin ora attaccano la metropoli irachena di Mosul.
E fanno e faranno lo stesso a quella gente.
Li ammazzeranno, per liberarli (definitivamente, direi) dall'Isis.
Ma come si può pensare di proseguire ad affrontare il terrorismo in questo modo, dopo trent'anni di guerra continua in Afghanistan, venti in Iraq, cinque in Siria e in Libia, e tre in Yemen ?
Stesso metodo, stessi risultati, è sicuro.
Checchè ne dica la solita propaganda: è l'attacco definitivo, è l'ora X, è l'Armageddon finale, la resa dei conti. E quando vinceremo la battaglia, sarà fatta.
Tutte assurdità, già più volte dimostrate tali, già a partire dal patetico 'mission accomplished' di Bush padre, ormai quasi due decenni fa.

Nessuno considera ormai alcuna alternativa.
La guerra è l'unica lingua, qualunque siano i suoi risultati (che peraltro sarebbero stati già abbastanza chiari valutando quelli del XX secolo).
I negoziati servono solo per limitare il disastro, o arrivano solo dopo i bombardieri (con un'efficacia, evidentemente ed ovviamente, nulla).
D'altra parte, l'abbiamo già detto, l'unica base economica dei nostri regimi è attualmente proprio l'industria delle armi, e l'unica strada è quella della militarizzazione della vita civile.
Noi ci siamo già, di fatto.
Manca solo la continuità quotidiana delle stragi, le bombe dai cieli, gli assedi alle nostre case.
Ma non tarderanno ancora molto, anche per noi.

sabato 15 ottobre 2016

agra, il vivaio

...questa è a dire parecchio una storia mediana e mediocre, che tutto sommato io non me la passo peggio di tanti altri che gonfiano e stanno zitti. Eppure proprio perchè mediocre a me sembra che valeva la pena di raccontarla. Proprio perchè questa storia è intessuta di sentimenti e di fatti già inquadrati dagli studiosi, dagli storici sociologi economisti, entro un fenomeno individuato, preciso ed etichettato. Cioè il miracolo italiano.
Un ubriaco muore di sabato battendo la testa sul marciapiede e la gente che passa appena si scansa per non pestarlo. Il tuo prossimo ti cerca soltanto se e fino a quando hai qualcosa da pagare. Suonano alla porta e sai già che sono lì per chiedere, per togliere.
Il padrone ti butta via a calci nel culo, e questo è giusto, va bene, perchè i padroni sono così, devono essere così; ma poi vedi quelli come te ridursi a gusci opachi,farsi fretta per scordare, pensare soltanto meno male che non è toccato a me, e teniamoci alla larga perchè questo ormai puzza di cadavere, e ci si potrebbe contaminare.
Persone che conoscevi si uccidono, altre persone che conosci restano vive, ma fingono che non sia successo niente, fingono di non sapere che non era per niente una vocazione, un vizio assurdo, e che la colpa è stata di tutti noi...Poiché l'impresa non era abbastanza redditizia, pur di chiuderla hanno ammazzato quarantatrè amici tuoi, e chi li ha ammazzati ora aumenta i dividendi e apre a sinistra.
Tutti questi sono i sintomi, visti al negativo, di un fenomeno che i più chiamano miracoloso, scordando, pare, che i miracoli veri sono quando si moltiplicano pani e pesci e pile di vino, e la gente mangia gratis tutta insieme,..Mangiano, bevono e cantano, e appena buio, sempre lì sull'erba, fanno all'amore.
I miracoli vero sono sempre stati questi. E invece ora sembra che tutti ci credano, a quest'altro miracolo balordo: quelli che lo dicono già compiuto e anche gli altri, quelli che affermano non è vero, ma lasciate fare a noi, e il miracolo ve lo montiamo sul serio, noi.
E' aumentata la produzione lorda e netta,il reddito nazionale cumulativo e pro capite, l'occupazione assoluta e relativa, il numero delle auto in circolazione e degli elettrodomestici in funzione, la tariffa delle ragazze squillo, la paga oraria, il biglietto del tram e il totale dei circolanti su detto mezzo, il consumo del pollame, il tasso di sconto, l'età media, la statura media, la valetudinarietà media,la produttività media e la media oraria al Giro d'Italia.
Tutto quello che c'è di medio è aumentato, dicono contenti. E quelli che lo negano propongono però anche loro di far aumentare, e non a chiacchiere, le medie; il prelievo fiscale medio, la scuola media e i ceti medi. Faranno insorgere bisogni mai sentiti prima. Chi non ha l'automobile l'avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici automatiche, tre apparecchi radio, il rasoio elettrico, la bilancina da bagno, l'asciugacapelli, il bidet e l'acqua calda.
A tutti, Purchè tutti lavorino, purchè siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l'un con l'altro dalla mattina alla sera.
Io mi oppongo.
...Lassù mi hanno ridotto che a fatica mi difendo, lassù se caschi per terra nessuno ti raccatta, e la forza che ho mi basta appena per non farmi mangiare dalle formiche,,e se riesco a campare, credi pure che la vita è agra, lassù.
...Ora so che non basta sganasciare la dirigenza politico-economico-social-divertentistica italiana. La rivoluzione deve cominciare da ben più lontano, deve cominciare in interiore homine.
Occorre che la gente impari a non muoversi, a non collaborare, a non produrre, a non farsi nascere bisogni nuovi, e anzi a rinunziare a quelli che ha...
E' ovvio che a questo si arriverà per gradi, o non senza arresti o inciampi.
Agli inizi formeremo appena delle piccole comunità, isolette sparute in mezzo allo sciaguattare dell'attivismo, e gli attivisti ci guarderanno con sufficienza e dispregio...
A poco a poco vedremo la nostra isola crescere, collegarsi con altre isole fino a formare una fascia di territorio ininterrotto.
E un giorno saranno gli altri, gli attivisti, a ridursi in isola; poche decine di longobardi febbrili aggrappati a rotelle e volani, con gli occhi iniettati di sangue. Forse non riusciremo mai a vincerli alla nostra causa, e resteranno lì a correre in circolo,,a firmarsi l'un con l'altro cambiali, a esigerne il pagamento. Ridotti così in pochi, man mano che i meno saldi muoiono d'infarto, formeranno un cerchio sempre più angusto e rapido, fino a scomparire da sé.
E noi li staremo a guardare dall'esterno, sorridendo...

(L. Bianciardi, La vita agra, 1962)
















venerdì 14 ottobre 2016

succubo dell'incubo

I teologi si impegnarono in più attente distinzioni senza mai negare che i demoni possano se non propriamente generare , certo coire con le donne, ingravidarle, ma non con seme proprio -perchè non possono produrlo- ma col seme preso da un uomo ponendosi sotto di lui in posizione e forma di dama (succubus) , e trasferendo poi il seme in una donna, esercitando la funzione di incubus.

Tommaso d'Aquino: 'Si sente dire ripetutamente...che i Silvani e i Fauni, comunemente detti incubi, spesso in modo disonesto si sono fatti avanti alle donne, reclamando e ottenendo l'unione sessuale...Qualora ci fossero dei casi in cui qualcuno fosse generato in seguito al coito dei demoni, ciò non potrebbe avvenire per mezzo del seme formato da essi stessi o dai corpi assunti, ma per mezzo del seme di qualche uomo da essi preso a tale scopo. Uno stesso diavolo, ad esempio, potrebbe fare da succubo rispetto a un altro uomo e poi divenire incubo rispetto a una donna.'

Bonaventura: ' I demoni per la loro natura sottile e spirituale possono penetrare in tutti i corpi e rimanere in essi senza alcun ostacolo. Quindi i demoni proprio per il potere e la sottigliezza della loro natura possono entrare nei corpi degli uomini e li possono torturare a meno che non siano impediti da una forza superiore.'

(da T. Gregory, Principe di questo mondo. Il diavolo in occidente, Laterza, 2013)


La vita di mio marito era stata in parte segnata dagli incubi che aveva avuto da piccolo. Per colpa di quelle esperienze debilitanti era finito da uno psichiatra. Sognava una casa e uno scantinato dove avvenivano crimini orrendi. Ma lo psichiatra aveva escluso i ricordi repressi e a mio marito non restò che cercare di estrarre il veleno tenendo un diario.
Poi da grande, all'università, pochi mesi prima di entrare in marina, era andato a un festival di classici cinematografici...e lì, sul grande schermo, il mio futuro marito aveva visto scorrere i suoi incubi. Solo allora si rese conto che il televisore doveva essere rimasto acceso mentre trasmettevano quel film dell'orrore, quando lui aveva appena due anni.
Quella scheggia, mai completamente rimossa dalla sua mente, si disintegrò e scomparve.
Mi disse che lì aveva capito di essere libero, e che da allora si era lasciato alle spalle le ombre dell'infanzia...perchè si trattava solo di un'illusione, un inganno, una finzione, uno sgorbio nella sua mente che lo aveva avviato in una falsa direzione quando invece era stato destinato a prenderne un'altra.
'E' da un po' di tempo che faccio un sogno, -mi confessò- uno nuovo, e stavolta non è mica un incubo.'
In quei sogni, sorvolava una terra incontaminata e selvaggia dalla prospettiva privilegiata di un falco, con un senso di libertà 'indescrivibile'. E' come se prendessi tutto quello che c'è nei miei incubi e lo rovesciassi...'


(Jeff Vandermeer, Annientamento, Einaudi, 2014)  

complexiglas

La riforma costituzionale e quella elettorale hanno un obiettivo chiaro: quello di formalizzare una realtà di fatto, l'accentramento e l'accelerazione dei processi e dei poteri di decisione.
Renzi lo ha sempre detto chiaro: visto che da ora in poi nessuno raggiungerà più maggioranze vere e schiaccianti (tanto più in un sistema almeno tripolare come oggi in Italia) e che inevitabilmente crescerà l'astensione sino a raggiungere i livelli statunitensi, vogliamo che comunque chi vinca -anche con basse percentuali di votanti e di consensi- possa governare con una salda maggioranza.
Non avrà i voti nel paese, ma li avrà in Parlamento, insomma.
E ha detto anche un'altra cosa: che non si deve confondere la democrazia con la complessità.
Da qui l'istanza di semplificazione.

Purtroppo per lui, e per tutti noi, credo che invece la democrazia non possa non essere complessa.
Direi, anzi, che la democrazia è proprio la complessità.
Quelle che Renzi confonde è la complessità con la complicazione.
Vorrei dargli alcuni semplici consigli per non complicare la complessità, semplificando le complicanze senza semplificare la complessità.

Migrazioni: allestire delle linee di stato con traghetti regolari che permettano, a prezzi bassi e fissi come la Conad, di arrivare sulle nostre coste a tutti coloro che premono ai confini e farli andare verso dove vogliono.
Politica: abolire i partiti ed il voto, scegliere i nostri rappresentanti attraverso sorteggi su liste casuali a turno, valide per un solo mandato.
Economia: soddisfare i bisogni primari di ogni persona (cibo, acqua, casa, trasporti) prima di soddisfarne altri (armi, lussi, grandi infrastrutture) e dare a tutti i non occupati un reddito di base per
permetter loro di vivere.
Ecologia: non usare più combustibili fossili e utilizzare acqua, vento e sole su scala diffusa e di massa.

Utopie, ma che semplificherebbero davvero tanto la nostra vita, e la sua.
Ma i politici (come i medici, i burocrati, gli insegnanti, gli assistenti sociali, i militari, etc etc) hanno bisogno che restino complicazioni e problemi, anzi li creano per dare un senso ed un lavoro a loro stessi.
Quindi, non potendo fare a meno delle complicazioni, preferiscono provare ad abolire la complessità (e la democrazia).
Non è un'idea nuova, è già riuscita e fallita più volte nella storia, soprattutto del Novecento.
Ma ogni volta ci riprovano, sperando che sia la volta buona.

Ed in effetti, considerata l'anestesia attuale delle coscienze e la potenza di persuasione del mercato, questa volta, almeno per un bel po', ci potrebbero anche riuscire.

giovedì 13 ottobre 2016

omnium contra omnes

Tutti contro Trump, Trump contro tutti.
Viene quasi simpatia per questo mostro di plexiglas, finto come il suo ciuffo arancione, in lotta contro democratici e repubblicani insieme, ma sospinto da orde di fanatici e disperati, ignoranti e irrazionali votanti, che non se ne fanno più nulla di un Obama, di una Clinton, ma neppure di una qualunque famiglia Bush.
Lui, come un mulo, attacca a testa bassa, indifferente a chi lo abbandona o lo attacca.
E provoca tutti, blandisce altri, seduce le donne con charme e soldi e potere, fa invaghire di sé i poveri e i negri.
Comunque vada, vinca o perda, è eroico.
I suoi avversari appaiono tiepidi, lenti, razionali e tristi, normali, piatti.
Lui è terribile, eccessivo, passionale, mentitore, attore, pazzo.
Pericolosissimo per tutti, nemico di tutti, superamericano ma amico di Putin (forse).

Tutti contro Putin, Putin contro tutti.
Tornano i toni da guerra fredda, ed è come sempre tutta colpa dei russi, sovietici o meno.
Lui se ne frega, continua a far finta di trattare e mediare, ma intanto procede, avanza, conquista, bombarda, si espande, va per sé, si inventa nuove e strane alleanze (con altri tiranni ottomani), difende altri tiranni indifendibili (uno, ad esempio, Assad).
Stravince le elezioni, per quel che mai hanno contato dalle sue parti.
Controlla i media, ammazza o manda in rovina i suoi avversari, ammutolisce i giornalisti, manda affanculo l'ONU e gli USA ad ogni piè sospinto.
Comunque vada, vinca o perda, è un leader vero.
Lui è sempre al comando, chiunque governi.
E non vuole mai star sotto, soprattutto in una fase in cui l'Occidente è così in coma come oggi.
Ha capito che la democrazia è finita anche da noi, e può far quel che vuole.
E' avanti, e va avanti, senza remore.
A furia di scherzare col fuoco, prima o poi finiremo nel camino, ancora una volta.
Il gatto scherza a lungo col topo, ma -a un certo punto- se lo mangia.

Tutti contro Renzi, Renzi contro tutti.
Il piccolo panzano fiorentino non è mai andato incontro alla storia col pennino o col fioretto.
Sorride a tutti, stringe le mani, fa battute, ma alla fine sa quel che vuole ed è sempre proceduto come un panzer contro i deboli.
Ma sempre simpaticamente, elusivamente, ludicamente.
Non, insomma, con quella faccia triste tipo Monti o Letta.
Ora si gioca tutto, ci mette la faccia sulle sue riforme costituzionali ed elettorali.
Mette da parte i ministri e gli alleati, fa tutto lui, in tv e fuori.
Se vincerà, sarà lui a vincere. Se perderà, sarà lui a perdere e ne trarrà le conseguenze, dice.
Insomma, nonostante la faccia da bambino stupidello e sfrontato, sembra avere coraggio.
Più coraggio dei suoi, sempre nel guado (come i Bersanelli o i Cuperletti), sempre pronti a passare col vincitore (i renzianini di oggi, bersanelli di ieri), e molta più forza dei suoi cosiddetti avversari che mettono tristezza solo a vederli, anche se magari condividiamo quel che dicono...
Solo D'Alema, a modo suo, ha la stessa tempra.
Ma ormai è fuori dalla storia: stanotte ho sognato che beveva litri di alcool con me in una bettola...

Insomma, c'è lotta, c'è guerra, c'è scontro.
Di tutti contro tutti, di ciascuno contro ciascuno, di ognuno contro tutti.
Tutti si agitano, ma niente si muove.
Stiamo davvero toccando con mano i limiti dell'attivismo ?
'Un frenetico immobilismo', l'ha definito Habermas qualche giorno fa.
E Renzi, non l'ha capito, ma -consigliato dal suo pagatissimo spin doctor- l'ha citato, come sempre per attaccare qualcosa o qualcuno, in questo caso l'Europa.
Quella stessa Europa che, nel frattempo, va ad implorare, per mendicare uno zerodue in più nel rapporto deficit/PIL.
Tutti contro tutti, Ma non c'è conflitto. Puro wrestling, come sempre.
In fondo, siamo tutti italiani (anche Trump e Putin).
Siamo tutti solo dei Totò contro Maciste.
Ma attenzione: spesso, nella storia, anche da false lotte sono scaturite e si sono scatenate, apparentemente all'improvviso ed inopinatamente, vere guerre.










mercoledì 12 ottobre 2016

l'amore al tempo dei nuraghe

 gitarella autunnale, ma sembra ancora estate, con vivi e altri parenti o quasi (lello, marta, luca. filippo...) , qui a goni, i menhir di pranu mutteddu...




poi a orroli... gigantesco arrubiu, luogo di tanti ricordi per nuraxia....








a isili...is paras. il nuraghe bianco.....




e giochi a santa vittoria di serri, uno dei luoghi più magici della sardegna...




il nostro lettuccio nel piccolo B&B a Zeppara-Ales...

e finalmente la vite canadese, tanto attesa e desiderata, piantata amorevolmente sui balconcini...

insieme ad un tipo di salvia dai fiori rossi. rossi..
tutto bene qui, la vita e l'amore procedono, a casa e fuori.

coito ergo sum

Ora, io sono certo di avere avuto in sorte, durante la mia vita, un privilegio che è toccato a ben pochi: che io sappia ad Abelardo -mutilazione finale a parte- , al Molinari Enrico di di New York e alla mezzala sudamericana Cherubillo, pare, da quello che ne dicono gli sportivi la sera al caffè, astiosi contro di lui per cecità o per invidia. Ed ecco perchè io non sento il bisogno di intervenire nei dibattiti sull'erotismo, in letteratura e dove che si sia, scomodando la Sinngebung e l'epochè.
Non ricorremmo mai, Anna ed io, alle macchine orgoniche. Non ci chiedemmo mai se al momento della ricreazione, l'interno della presentificazione si presentificasse in una nuova presenza, che fosse a sua volta ripresentificabile nella memoria, ma soltanto in nuovo atto creativo.
O se nell'atto sessuale ciascuno di noi si conoscesse come nascita del mondo in sé e ritrovamento dell'altro in sé e di sé nell'altro.
Infatti oggi parlano così gli esperti. Altri numerosi tecnici del ramo vanno dicendo che la nostra civiltà vive all'insegna del sesso. L'insegna, sì, il segno, l'ideogramma, il paradigma, il facsimile.
Dicono: guardate come oggi per vendere un'aranciata la si accoppia a un simbolo sessuale, e così un'auto, un libro, un trattore persino. A un simbolo, certo, ma non al sesso reale. Un simbolo che funziona in vista di qualche altra cosa. Tu, dicono in sostanza, desidererai il coito per arrivare a.
Mai il tuo desiderio, dioneliberi, sia per il coito in sé. Deriva da qui l'attivismo ateleologico della civiltà moderna...
La riduzione di fine a mezzo, qui e altrove, allora, aliena, integra, disintegra, spersonalizza e automatizza, e così viene fuori l'incomunicabilità, e così viene fuori l'uomo-massa e la prostituta moderna, nelle sue varie sottospecie di cortigiana, mondana, amante, ganza, mignotta, zoccola, druda, ragazza-squillo, passeggiatrice, giù giù fino alla battona, alla barbona, alla spolverona e alla merdaiola, infima categoria che annovera le pestatrici di cacche canine negli stradoni bui di periferia, a notte.
Mai puttana però, secondo vorrebbe la parola antica che indicava, quando c'era, il mestiere.
Non a caso la donna innamorata, accaldata, linfante, si glorierà di questa antica parola corporativa e ti dirà nel momento supremo, fastigioso, quando si allentano i nessi del vivere secondo paradigma – e allora i simboli svaniscono lasciando soltanto la realtà reale- ti dirà di sentirsi puttana.

Ma per intanto il coito si è ridotto, per la stragrande maggioranza degli utenti, a pura rappresentazione mimica, a ripetizione pedissequa e meccanica, di positure, gesti, atti, trabalzamenti, in vista dell'evacuazione seminale, unico fine ormai riconoscibile e legalmente esigibile, Il resto non conta, il resto è puro simbolo che serve a spingerti all'attivismo vacuo.
Questo vuole la classe dirigente, questo vogliono sindaco, vescovo e padrone, questurino, sociologo e onorevole, vogliono non già una vita sessuale vissuta, ma il continuo stimolo del simbolo sessuale che induca a muoversi all'infinito.
Un simbolo sempre ritrovato nella apparenze, e che la gente accetta senza discutere: altrimenti come spiegherebbe la fortuna delle diete dimagranti, del modello steccoluto e asessuato, il quale riassume ed eleva a modulo la donna arrivista, attivista, carrierista, stirata, tacchettante, petulante e negata quindi al coito verace ? E infatti essa già mira alla fecondazione artificiale e magari alla gravidanza in vitro, ove vaghezza la punga di maternità, e insieme mira a ridurre il maschio un pecchione inutile.
Da tutto questo, mi pare, vien fuori la noia, l'incapacità, come dicono, di possedere gli oggetti, di entrare in rapporto con i bicchieri, i tram e le donne. Ma io so che la noia finirebbe nell'attimo in cui si ristabilisse la natura veridica del coito. Lo so, finirebbe anche la civiltà moderna, perchè il coito veridico non è spinta ad alcunchè, si esaurisce in sé medesimo e, in ipotesi estrema, esaurisce chi lo compie...
Lo so, finirebbe la civiltà moderna: cesserebbe ogni incentivo alla produzione di beni di consumo, essendo dono gratuito di natura l'unico bene riconosciuto e durevole; cesserebbe anche l'insorgere di bisogni artificiali, nessuno vorrebbe più comprarsi l'auto, la pelliccia, le sigarette, i libri, i liquori, le droghe, e nemmeno giocare a biliardo, vedere la partita di calcio, discutere sul Gattopardo...
Questo programma massimo, eversore della moderna civiltà, esige purezza di cuore e assoluta dedizione, rinuncia ai beni mondani e castità di sentire, una specie di voto per un vivere solitario a due (massimo a tre) lungi dalle tentazioni terrene.
Chi faccia tale scelta, giacchè egli mina alle basi il neocapitalismo e il socialismo insieme, si prepari a vedersi contro tutta quanta la società: fittacamere, portinaie, camerieri di albergo, segretarie di redazione, colleghi di ufficio, vigili urbani, questurini, preti, sociologi, radicali, comunisti, levatrici, banche, fornitori, enti nazionali, tutti li avrà contro.
Son cose queste che soltanto adesso, io, e con visibile sforzo, riesco a mettere sulla carta ed esprimere a parole, ma le scoprimmo vivendole, Anna ed io, in quelle due prime settimane o così di continuo intercorso sessuale, con l'eccezione del tempo dedicato all'alimentazione, al sonno ed, eventualmente, al lavoro.
Ma subito, come ho detto, ce li trovammo tutti contro, e primo il dottor Fernaspe, che infatti mi licenziò.

(Luciano Bianciardi, La vita agra, 1962)