lunedì 31 ottobre 2016

calce-struzzi

Sto leggendo un romanzo di Romolo Bugaro, Effetto domino, in cui si racconta di spietati e disperati palazzinari del Nord Est, alle prese con i loro azzardi di crediti, debiti e calcestruzzi.
Il post sulle recidive di qualche giorno fa ha preceduto di poche ore le nuove terribili scosse nel cuore del nostro paese. Incomincio a pensare di essere davvero un menagramo.
Gli esperti iniziano a parlare, con preoccupazione, di un effetto domino tra le faglie.
I paesi, intanto, si svuotano uno dopo l'altro, tra case lesionate e macerie.
Appaiono finiti, feriti a morte, senza possibilità di rinascita alcuna.

E invece il nostro Renzi -a parole- non si arrende.
Continua a blaterare di ricostruzione in tempi certi, di soldi che ci sono, di speranza.
Così come fa in politica, fa promesse senza futuro; e c'è chi gli crede, per necessità, per ingenuità, o per dovere.
Affonda il collo sotto la sabbia, sa del disastro, ma finge che vi siano soluzioni o vie d'uscita, e le vende a destra e a manca. Fa il suo mestiere.
Eppure, a guardare la storia in uno spettro più ampio, dovrebbe soltanto accettare il declino.
E, così come i profughi di Amatrice, Arquata o Preci, accettare di non avere mai più quelle case e di non abitare più quei luoghi. Arrendersi alla dura legge delle cose, del caso e degli eventi.
Loro saranno costretti a farlo e, alla fine, anche Renzi, ed anche noi.

Nel frattempo proseguono a bombardare Mosul.
Quando la libereranno non resteranno case in piedi, e neppure persone.
Ma la sconfitta dell'Isis giustifica tutto, copre ai nostri occhi qualunque scempio.
Gesù parlava di sepolcri imbiancati, luoghi fetidi cosparsi di calce, a tentar di purificare quel che resta una sozzura, a render candido e inudibile quel che permane buio ed urlante.
E così ci diamo l'autorizzazione a vivere, mentre stiamo morendo.
Come il tir che passava sul viadotto della Milano-Lecco, prima che il calcestruzzo cedesse.








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