giovedì 11 febbraio 2016

un vecchio e un bambino si preser per mano...

Un giovane morto molto giovane.
Una decina di giorni fa è stato torturato ed ucciso un giovane ricercatore, italiano ma cittadino del mondo, Giulio Regeni.
Il suo unico torto quello di essere un idealista, di credere nel cambiamento del mondo, nel proseguire a cercare la verità e la giustizia, nel proseguire a scriverne e a parlarne.
Niente di più grave e delittuoso, niente di più pericoloso nelle nostre società odierne.
Niente di più nonviolento e di più violento insieme.
E se l'Egitto è una dittatura, sostenuta dai governi di mezzo mondo, compreso il nostro, insediatasi a tradimento dopo le speranze della primavera in piazza Tahrir, questo non significa che le nostre democrazie, tanto esaltate, siano immuni dalla paura della vera ricerca, della verità e della libertà.
Anche da noi sappiamo torturare ed uccidere le coscienze e le passioni, seppure in modi perlopiù garbati e inapparenti.

Un giovane vecchio morto non vecchio.
Il primo febbraio è morto Nanni Salio, uno dei riferimenti più lucidi e attenti della nonviolenza in Italia. Uno dei più aperti, uno dei meno settari. Un concentrato di intelligenza e serietà in un corpo piccolissimo e scattante.
Il suo centro a Torino, per quanto troppo accentrato su di lui, è stato uno dei luoghi più stimolanti e curiosi del panorama culturale nel quale mi sono immerso sin da ragazzo.
Lì, per la prima volta, ho incontrato Pontara, Galtung, i redattori della rivista Satyagraha.
Lì è stata organizzata la pubblicazione delle opere di Sharp.
Non ci sentivamo, dopo una bella frequentazione anche di casa sua e di sua moglie Daci, dal fatidico 2008, quando abbiamo litigato alla presentazione del mio 'Casca il mondo!', che si era tenuta proprio lì, al Centro Sereno Regis.
Quando ho dichiarato che anche la scienza e la tecnologia erano uno dei fattori di potenziamento dei processi catastrofici, lui ha sbottato, io ho reagito, e così via...
Tutto si poteva toccare per Nanni, ma non la sua fiducia nella scienza.

Un giovane vecchio ancora giovane e ben vivo.
In questi giorni ho ricevuto l'invito ad un evento a Firenze, in cui Alberto L'Abate festeggia i suoi 85 anni. Tra me e lui ci sono sempre stati 30 anni di differenza esatti o quasi. Quando l'ho conosciuto lui aveva più o meno l'età che ora ho io, ed io ero davvero giovane.
Alberto è tra le persone che hanno contribuito di più a cambiare la mia vita, e a darle l'orientamento che ancora oggi ha.
Il campo di Comiso, i primi training a San Gimignano, le tante azioni dirette fatte insieme, le notti e i giorni passate a casa della sua bella famiglia, i libri scritti con lui e da lui, le esperienze formative a Pruno di Stazzema, e tanto tanto altro...
Tutto questo sta nella mia vita, nella nostra e nel nostro reciproco affetto.
Nella mail mi diceva di essersi avvicinato a ricercare sui rapporti tra nonviolenza ed anarchia, dopo tanti anni trascorsi a studiare quelli tra nonviolenza e marxismo, in particolare con Gramsci. Mi ha chiesto di indicargli qualche libro sul tema, intuendo -anche se da tempo non ci sentivamo- che anche io stia esplorando verso lì, sempre di più,.
Gli ho spedito le bozze di Fare il morto, e gli ho consigliato la lettura di Guerra e rivoluzione di Tolstoj.
Ha reagito con gioia ed entusiasmo, come un ragazzino, come sempre...

Spero che anche lui, dopo il trapasso, possa raggiungere le isole dei Beati, le Macaronesi (makarios: felice, beato).
E sapete quali isole erano chiamate così dagli antichi ?
Proprio le isole di Capo Verde...




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