giovedì 25 febbraio 2016

su università, vqr e altre sciocchezze

Nel 2008, la cosiddetta Riforma Gelmini ha posto le basi per distruggere il senso e la struttura dell'Università pubblica in Italia.
Negli anni successivi, i vari governi di varia natura e nome hanno realizzato pienamente e senza remore i suoi dettami.
Ed oggi ci troviamo nel baratro.
Milioni di euro sottratti ogni anno agli atenei già svantaggiati, tutte le risorse destinate a stipendi (ma senza scatti), turnover tra nuovi assunti e quiescenti in un rapporto di tre a dieci, sistemi di valutazione produttiva che scimmiottano aziende decotte, e così via.
Fatto sta che anche i Rettori hanno iniziato a veder crollare il loro castello feudale e hanno provato a lamentarsi, almeno per salvaguardare l'immagine, se non più la sostanza, ormai perduta da tempo.

Alcuni coraggiosi colleghi hanno promosso una campagna di boicottaggio della VQR (ennesimo, osceno acronimo che significherebbe Valutazione sulla Qualità della Ricerca).
Con la richiesta che vengano almeno ripristinati gli scatti stipendiali, che si cambino i parametri di valutazione e che non si colleghi la valutazione all'erogazione dei fondi ordinari.
In un certo numero (tra il 20 e il 30 per cento) abbiamo aderito, ma le motivazioni e le analisi sono state condivise sostanzialmente da tutti (CRUI, CUN, Assemblee d'ateneo e di dipartimento, etc etc)...
In questi giorni, però, sono arrivati i risultati definitivi.
Non sappiamo ancora se i dati siano veritieri o manipolati, ma comunque il responso è ancora una volta abbastanza sconfortante.
Nel mio dipartimento, ci siamo astenuti in 2 su 60.
In quasi tutti non si va oltre il 15%, solo in alcuni (pochi) si arriva al 20.
La media del nostro ateneo è sotto il 10%.
Procederemo, è chiaro, ma...

Vi spiego: per quanto mi riguarda, dopo aver smesso -da solo- di insegnare per tre anni contro la Gelmini, nel momento in cui ho ripreso l'insegnamento, ho deciso di non sottostare alla logica della produttività in stile ANVUR, di cui la VQR è una delle forme più perverse di attuazione.
E quindi, dal 2012, ho scritto e pubblicato soltanto il librino con Caserini (lui sa con quante mie resistenze) ed un articolo breve su una rivista.
Ho letto moltissimo, ho scritto tantissimo, ma in forme non valutabili, antiaccademiche, non 'produttive',
Anche così si fa il morto.
Bene: sinceramente speravo ancora che vi fosse ancora una forte minoranza di colleghi capaci di un minimo di coerenza e di dignità.
Devo constatare, ancora una volta, che non è così.
Si lamentano in bagno, magari anche in qualche conciliabolo in corridoio.
Qualcuno si azzarda a contestare le leggi e i ministri in un'assemblea.
Ma, al momento dovuto, obbediscono quasi tutti, peggio delle pecore e dei conigli (con tutto il rispetto, per loro)...

L'Università pubblica, quindi, sceglie la sua catastrofe.
Qualcuno si ricorderà di essere stato così colluso e ignavo, quando si lamenterà di non ricevere più lo stipendio, o di non avere più la libertà di insegnamento e di ricerca ?
Siamo circondati ormai da gente che non vuole neppure più salvarsi l'anima.
L'ha già venduta, o l'ha uccisa da sé ancor prima che glielo chiedessero.




3 commenti:

  1. Il mito sociale è lui: https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjQtPL9oJPLAhVH-g4KHc00BaIQyCkIHjAA&url=https%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DcxC58Hj1-co&usg=AFQjCNG71_A37_xJ45xVDgW3uDff9JD9Xg&sig2=av_TXFm-_JOOXxHQnVAeYQ&bvm=bv.115277099,d.bGg

    E' talmente mito da non essere nemmeno riconosciuto come tale. In tanti lo seguono e lo imitano anche se cambiano l'accento e il lessico... al punto di convincersi di essere dei miti originali loro stessi! E' proprio così che si sostiene un vero mito.

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    1. Il link non si apre: è Razzi in "fatti li cazzi tua" facile da trovare su youtube.
      Quanti come lui, ma incapaci di ammetterlo? E non è forse questa la funzione del mito?

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  2. Universi-Tá e baballotti baballotti baballotti!
    Un borderline Pas

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