mercoledì 20 gennaio 2016

vite sottovento

Notte ventosissima e insonne a Mindelo, sveglia alle 6 e via verso l'aeroporto Cesària Evora.
Un ATR all'alba, sino all'aeroporto Nelson Mandela di Praia, qui si transita verso l'isola di Fogo, con lo stesso aereo, ma con una sequenza di passaggi insensati tra un volo e l'altro, in perfetto stile capoverdiano.
L'idea di organizzazione è solo una promessa e un vago ricordo, qui.
Il tutto ci fa molto ridere, stanchi come siamo.
Ma, a viverci, non dev'essere sempre piacevole.

Sao Filipe, il capoluogo, ci accoglie bene.
Le case sono colorate, il mercato è animato quanto basta, il museo delle tradizioni popolari è ben curato. Un caldo asfissiante, però.
Giriamo nella baixa (parte bassa, abitata in passato dai ricchi e ancora oggi punteggiata dai sobrados, case padronali a due piani, con patio e giardino interno), e poi verso la praia, spiaggia lunga e ampia, nerissima. Onde possenti, vento forte, solo l'isoletta di Brava dinanzi, offuscata dalle nuvole, e tre scoglietti. Dopo, a ovest, solo l'America.

E proprio a Brava vogliamo arrivare. Il porto è lontano dalla città, abbastanza spettrale.
Non perdiamo il buonumore e il traghetto arriva puntuale e non ci tradisce.
Si parte alle 20.40, balliamo un po', ma un'oretta dopo giungiamo sull'isola più remota dell'arcipelago. Buio pesto, raggiungiamo in aluguer collettivo la pensao Paulo, a Nova Sintra, dove ci attende una casa coloniale arredata con mobili ancièn regime.
La nostra stanza ha le tendine e la trapunta verde, è molto accogliente, e sta in mezzo ai monti e ai fiori. Paulo ci prepara una zuppa di pesce con verdure e zucca, innaffiata da vinho tinto e accompagnata da riso e favette.
Arriviamo a letto, distrutti ma soddisfatti. Intorno, silenzio, solo qualcuno dei mille cani che latra alla luna (che cresce, ma ha una strana posizione notturna, inversa rispetto alla nostra in Italia).

Ci svegliamo bene, colazione, e andiamo verso Faja de agua, sul mare dalla parte opposta al porto.
Lunga camminata su crinali e sentieri scoscesi, che seguono i monti e le ribeire fluviali.
Si unisce a noi, quasi sino a Nossa Senhora do Monte (5 km), Revy -un liceale che vuole fare il pilota e addestrarsi in South Carolina.
Quest'estate andrà lì per la terza volta, e -come moltissimi di qui- vorrebbero raggiungere le migliaia di conterranei che, negli ultimi due secoli, si sono già trasferiti a Providence, a Boston o a Patka e vivono da americani.
Insomma: anche in quest'isola sperduta il mito USA è bello forte.
Raggiungiamo il mare, dopo altre due ore di cammino più scosceso.
Tutto il percorso è costellato da fiori coloratissimi (ibiscus rossi, lantane, orchidee e campanule violette, fiori del paradiso, i sensuali fiori del banano...) e poi da enormi ragnatele di ragni tessitori, altissime dracene e agavi verdissime e giganti, alcuni baobab, ficus magnolia e le intricate radici scoperte di piante grasse sconosciute...
Ammiriamo le semplici, eleganti casette vecchie in pietra, ancora vissute in parte, nonostante la forte emigrazione, le terrazze di coltivazione (fontainhas) che cercano di sfruttare la poca acqua sino all'ultima goccia, in un sistema che ricorda quello delle oasi nel deserto.

Il baretto O Coqueiro (la palma da cocco) ci offre un'omelette ed una birretta Strela, che mangiamo e beviamo con gusto e fame.
Relax pomeridiano tra le case e le palme, poi troviamo un passaggio su un furgoncino di gentilissimi muratori, sino al bivio per la città.
Riposino e cenetta di pesce arrosto e sopa ci attendono.
Andremo a dormire presto perchè domani si torna a Fogo, per tre notti, ultima tappa di questo nostro bel pellegrinaggio pedestre ed aeronavale.
Ci aspettano caldeiras e vulcani attivi: due anni fa il Pico (alto quasi 3000 metri) ha seppellito duemila case in una disastrosa e spettacolare eruzione.


Ma ve ne parlerò a tempo debito.

Nessun commento:

Posta un commento