mercoledì 21 gennaio 2015

alberati liberati



Mi sveglio nel bungalow della Garden House a Sukothai: le verdissime piante intorno ci proteggono dal sole già alto, le donne fanno le pulizie della hall, sento i suoni degli uccelli e di una radio.
Pian piano salgono i piccoli rombi dei tuk tuk, che si apprestano a portare i turisti (numerosi) al parco archeologico della prima capitale siamese (500-1400 d.C), ora sonnacchiosa cittadina di provincia dell'impero   globalizzato centrato verso sud (Bangkok e turismo balneare di massa).

Vivere in luoghi naturali, circondati da bamboo, tamarindi, acacie, alberoni che sembrano zampe d'elefante, suoni d'uccelli e di rane, cani latranti e ululanti, il tutto in stile thai (tranquillo, soft, senza scatti).
Già questo ti aiuta a vivere e a sopportare il mondo.
Alle cascate del parco di Erawan (a Sai Yok Noi) i pescetti ci hanno massaggiato i piedi e fatto il pedicure, la jacuzzi ce l'hanno offerta il getto dell'acqua dall'alto e i rivoli sulle rocce chiare, al sole.
La donna che gestiva la Sam's Jungle Guest House, Pa Ha (cielo), era dolcissima e curiosa come un uccellino (si è svegliata alle 630 ieri per vederci partire in motorino e salutarci con le sue mani giunte, in silenzio): sapeva cucinare solo riso fritto con pollo, e siamo andati avanti così per due giorni, si rideva molto, e potevamo parlare solo in thai (cioè nulla, se non le poche parole che ci ha insegnato) o a gesti, sentendoci ridicoli, e ridendo ancora...

Giornata di lungo trasferimento ieri: motorino all'alba dalle cascate a Kanjanaburi  (6.30/8.40), bus vip molto comodo sino a Kamphaeng Phaet (9.00/15.00), minibus per qui (15.45/18.00).
Oggi solo giretti per Sukhotai, mercati, templi.
Ieri notte, dopo una cena piccante a base di anatra, gamberi, curry e pik (salsetta con peperoncino), ci siamo trovati in mezzo a una gran folla di fedeli di fronte a un nuovo tempio in costruzione.
Varie persone hanno innalzato con dei tiranti artigianali una statua dorata di Buddha sulla nicchia centrale del frontone.
Poi, circondati dalle preghiere dei monaci e dei seguaci, uniti da un filo di cotone tra le mani giunte, hanno travasato dentro stampi del bronzo fuso e bollente, da cui ricaveranno nuove statue forse per nuovi giochi futuri.
Intorno al rito, preso molto seriamente, con tanto di benedizioni e omelie, una gran fiera, con palloncini da sparare, polli fritti, spettacolini con ballerine e un gran gigione gay in paillettes...
Il solito misto dei templi buddisti di città: casino totale per noi, abituati a una netta separazione tra sacro e profano.

Mattinata per mercatini di pesce, carne, musi di porco schiacciati e sorridenti (anche loro!), gelatine zuppe di coloranti, frutta intera e tagliata, spezie, incensi, giocattoli, tessuti.
Diego gioca a calcio con i bambini delle elementari: entriamo nel cortile del tempio, tutti sono liberi di correre e giocare, a decine, autoorganizzati, non si vede un adulto (solo il giardiniere che sornionamente innaffia). Maschi e femmine stanno separati, come per legge naturale.
I maschi giocano in  squadra, dividendosi per età e corporatura; le bambine fanno gruppo, ci guardano e commentano, sorridono, chiacchierano.
A pranzo, rincontriamo la coppia marsigliese che ha fatto il viaggio in bus con noi.
Domani vedremo insieme il mitico sito della città antica, una piccola Angkor, a quanto dicono...
Per ora mi consolo con Fabio, lombardo che mangia al nostro fianco, fan di Gigi Riva (l'ha anche invitato al matrimonio, e tra qualche mese verrà a Cagliari per incontrarlo...)
Un tifoso lombardo del Cagliari e di Riva, a Sukothai...!


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