domenica 22 giugno 2014

genio a lavoro di domenica al giardinetto

E non solo non ci si impadronisce subito delle opere davvero rare, ma all'interno di ciascuna di esse, le parti che si colgono per prime sono proprio le meno pregiate...
Non avendo potuto amare che in tempi successivi tutto ciò che la Sonata mi offriva, non la possedetti mai per intero: assomigliava alla vita.
Ma, meno deludenti di questa, i grandi capolavori non cominciano mai col darci il meglio di sé.
Nella Sonata di Vinteuil, le bellezze che si scoprono per prime sono anche quelle di cui ci si stanca più in fretta, perchè sono quelle che meno differiscono da quanto già conoscevamo.
Ma quando queste si sono allontanate, ci resta da amare quella certa frase il cui ordine, troppo nuovo per offrire al nostro intelletto altro che confusione, ce l'aveva resa impercettibile e serbata intatta; allora, lei davanti alla quale passavamo ogni giorno senza saperlo e che s'era tenuta in disparte, lei che per il solo potere della sua bellezza era divenuta invisibile e rimasta ignorata, viene per ultima a noi.
Ma sarà anche l'ultima che noi lasceremo.
E l'ameremo più a lungo delle altre, perchè ci sarà voluto più tempo per amarla.

E così, per risparmiarsi le incomprensioni della folla, l'uomo di genio si dice che forse, dal momento che i contemporanei mancano del necessario distacco, le opere scritte per la posterità dovrebbero essere lette solo da quest'ultima.
Ma, in realtà, ogni vile precauzione per evitare i falsi giudizi è inutile, essi non sono evitabili.
Quella che noi chiamiamo posterità, è la posterità dell'opera.
Bisogna che l'opera (non tenendo conto dei geni che nello stesso periodo possono preparare per il futuro un pubblico migliore, di cui non loro ma altri geni godranno il beneficio) si crei da se stessa la propria posterità.
Se dunque l'opera si tenesse in disparte, non si facesse conoscere che dalla posterità, quest'ultima non sarebbe nei suoi confronti la posterità, ma un'assemblea di contemporanei vissuti, semplicemente, cinquant'anni dopo.
Bisogna, insomma, che l'artista lanci la propria opera, se vuole che possa percorrere la sua strada, là dove vi sia sufficiente profondità, in pieno e lontano futuro.
Essere costretti, per un'opera d'arte, a includere nella somma della sua bellezza il fattore del tempo mescola al nostro giudizio qualcosa d'altrettanto aleatorio, quanto qualsiasi profezia, il cui mancato avveramento non implicherà in alcun modo la mediocrità intellettuale del profeta, giacchè quel che chiama all'esistenza i possibili o da essa li esclude non è necessariamente di competenza del genio; si può essere stati dei geni e non aver creduto all'avvento delle ferrovie o degli aeroplani, o anche, pur essendo grandi psicologi, non aver supposto la doppiezza di un'amante o di un amico di cui le persone più mediocri avrebbero previsto i tradimenti...

Per passeggiare nell'aria, non occorre avere la più potente delle automobili, ma un'automobile che, interrompendo la corsa a terra e tagliando con una verticale la linea che stava percorrendo, sia capace di convertire in forza ascensionale la sua velocità orizzontale.
Analogamente, gli uomini che producono opere geniali non sono quelli che vivono nell'ambiente più squisito, che hanno la conversazione più brillante, la cultura più vasta, ma quelli che, cessando bruscamente di vivere per se stessi, hanno il potere di rendere la loro personalità simile a uno specchio, in modo che la loro vita vi si rifletta, giacchè il genio consiste nel potere riflettente e non nella qualità intrinseca dello spettacolo riflesso...


(sempre M, Proust, Intorno a Madame Swann...)  

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