sabato 28 settembre 2013

solo e pensoso, i più deserti campi...

Quando la cosa iniziò, lui viveva in una stanza.
Non sperava che le cose migliorassero.
Questo era il luogo giusto per lui, una singola finestra, doccia, fornello elettrico, un tozzo frigorifero piazzato in bagno, un ripostiglio di fortuna per i pochi beni.
C'è un tipo di esistenza piatta che assomiglia alla meditazione.
Una mattina era seduto a bere il caffè, con lo sguardo perso nel vuoto, quando la lampada a parete prese fuoco. Fili difettosi, pensò con calma, e spense la sigaretta.
Guardò le fiamme che salivano, il paralume che cominciava a fare bolle e a sciogliersi.
Il ricordo finiva qui.

Altrimenti era in balia dei venti, instabile, mangiava e dormiva sporadicamente, senza mai riuscire a combinare nulla. L'affitto, la bolletta del telefono, i rubinetti che perdevano, gli oggetti che andavano in rovina, tutte cose che richiedevano tempo e impegno, costantemente, e poi un giorno ti trovano stecchito con addosso la camicia da notte di tua nonna.
Leo non andava dal medico, ma ci andava lei, proprio perchè lui non lo faceva.
Lei si occupava delle ricette mediche perchè lui era lì, a spazzare il pavimento e a portar fuori l'immondizia.
Non era pronto a scattare da un momento all'altro, era tranquillo.
Quel corpo accovacciato non era pronto a esplodere.

Passato qualche anno la gente non si ricorda più perchè si è sposata.
Leo non riusciva a ricordare perchè avesse divorziato. Aveva qualcosa a che vedere con la visione del mondo di Flory. Lei aveva abbandonato le associazioni di quartiere, la compagnia teatrale del posto, il gruppo di volontariato per i senzatetto.
Poi aveva smesso di votare, aveva smesso di mangiare carne e aveva smesso di essere sposata...
Lei diceva che avevano smesso di dirsi cose significative, e avevano smesso di fare sesso in modo significativo.
Ma avevano bisogno di stare lì, l'uno con l'altra; lui finì di allacciarsi le scarpe, poi si mise in piedi e si voltò e alzò le persiane. Un'assicella era leggermente sporgente e lui cercò di decidere se spingerla di nuovo al suo posto o lasciarla com'era, almeno per il momento...

(Don Delillo, La Denutrita (2011), in  L'angelo Esmeralda, Einaudi, 2013) 

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