lunedì 2 settembre 2013

l'amarissimo che fa benissimo



ADORNO: Vorrei innanzitutto e molto semplicemente aggiungere che le difficoltà a causa delle quali gli uomini aspirano agli esoneri, difficoltà che non nego affatto,il bisogno, dicevo, che spinge gli uomini a questi esoneri è proprio l'onere che viene loro imposto dalle istituzioni, dunque da ordinamenti del mondo a loro estranei e forniti di strapotere nei loro confronti...E mi sembra che oggi sia addirittura un fenomeno primario dell'antropologia che gli uomini si rifugino proprio presso quel potere che fece loro il male di cui soffrono.
La psicologia del profondo ha anche un'espressione per questo fenomeno, che essa definisce come 'identificazione con l'aggressore'...

GEHLEN: Signor Adorno, siamo ora così lontani che effettivamente la nostra conversazione è al termine...Vorrei però farle ancora un appunto. Sebbene abbia la sensazione che noi si sia d'accordo sulle premesse di fondo, ho l'impressione che sia pericoloso rendere insoddisfatto l'uomo di quel poco che gli è rimasto nelle mani in questa situazione del tutto catastrofica.

(da F.Cassano, L'umiltà del male, Laterza, 2011, pp.54-5)


Il caro amico Caserini mi ha prestato questo libro, credo, per consigliarmi maggiore umiltà, e minor aristocraticismo e narcisismo morale e politico.
E' il consiglio che dà anche il buon Cassano, non a caso appena entrato nelle fila dei senatori PD (pur restando uno fra i pochi che val la pena di leggere ed ascoltare).
Il ragionamento è profondo, colto e sensibile (non è una 'cassanata', insomma), ma non mi persuade più, per nulla.
Ritengo invece che, davanti all'impossibilità di praticare una politica democratica e di realizzare una formazione che riesca a sviluppare dei nuovi apprendimenti 2, l'unica possibilità che abbiamo (che ho) è quella di salvare almeno la mia dignità personale, non collaborando col male, non mescolandomi con le masse ignare e ignave, distinguendomi il più possibile dal volgo ignorante e sempre più desideroso di rimozione e menzogna, di identificazione con chi lo domina e lo blandisce quotidianamente.
Basta con il buonismo e l'umiltà vischiosa del bene e della bontà, che copre soltanto il nostro moderatismo e il nostro dissanguato riformismo d'antan.
Meglio assumere le sembianze del disumano, del malvagio, del cattivo, attraverso l'ironia, l'aggressività, la passività estrema che disturba e inquieta, l'incubo catastrofico che turba il quieto sonno dei sedicenti viventi.
O meglio tacere, assumere la ieratica ed aristocratica sembianza del monaco, dell'asceta, del sapiente intoccabile, del filosofo incompreso e inarrivabile.

Il male non è per nulla umile, si fa beffe dei vari tentativi del bene di ammansirlo, contenerlo, sedurlo, sublimarlo. Il male è superiore perchè usa le debolezze dell'uomo, da una posizione di superiorità e di disprezzo.
Ecco perchè vince: perchè è capace di guerra e di conflitto contro la bontà e la stolida 'comprensione di tutto e di tutti, sempre'.
Mi pare che, alla fine, Cassano (e Caserini, e la cosiddetta sinistra...) si rifugino ancora e di nuovo nella proposta cattolica, di accettazione della fralità umana, di empatia compassionevole e partecipe, di solidarietà nel dolore e nel limite.
Tutte fregnacce ottocentesche, molto al di sotto della Ginestra leopardiana, che almeno partiva dal riconoscimento del nulla e della catastrofe in cui siamo ontologicamente immersi.

Chiamarsi fuori vuol dire proprio questo: non accettare più il male minore, l'adattamento a quel che siamo e al sano realismo senza utopia, coltivando l'illusione di umili speranze cantate da Penelope (non quella della tela, purtroppo, ben altra tempra di donna e di resistente passiva...).

Insomma, grazie per la proposta di lettura (che consiglio a tutti), ma è inutile insistere: io lì non ci sono più, non ci sto più.

Io so dove sono. Io non lo so.
Ma sono altrove.

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