giovedì 18 luglio 2013

sotto a chi tocca

A guardare la situazione italiana e del pianeta, dopo una lunga giornata nel lugubre miasma del nulla,  mi viene da pensare che, dietro tutto questo continuo agitarsi e richiamare al senso di responsabilità, ci sia invece il segno evidente di un tentativo di fuggire e di scamparsela, di rinviare e di spostare su altri il disastro incombente.

Le nostre generazioni, quelle che erano giovani e giovanissime negli anni 60, e che ancora governano il paese, sono le stesse che hanno goduto della crescita, dello sviluppo, della ricchezza.
A discapito di altri popoli, del pianeta, delle future generazioni (a partire da quelle che sono giovani oggi).
Non sarebbe cosa buona e giusta se fossimo disposti ora a pagare anche i costi di quel che abbiamo combinato (chi più e chi meno) ?
Non sarebbe meglio accettare che si sia noi a vivere la catastrofe, anzichè proseguire a negarla e a procrastinarla?
Questa sarebbe una vera presa di responsabilità.

Sotto a chi tocca, mi verrebbe da dire e da sperare.
Invece no.
Speriamo che toccherà ad altri, come sempre.
Non importa se siano neri d'Africa, giaguari, eschimesi od orsi polari.
Non ci importa, in fondo, neppure dei nostri figli o nipoti.
L'importante è che avvenga più tardi, tra un pò, quando non ci saremo noi, insomma.
In altre parole: paura di morire, che probabilmente alla fin fine è più o meno come dire paura di vivere.

Al di là di tutti i richiami retorici, questa è la sostanza di come stiamo proseguendo a vivere, tra un collasso e una strage, tra un palliativo e una toppa, tra un sogno e un delirio: che tocchi ad altri pagare, ad altri soffrire, ad altri disperarsi, ad altri morire.

(Le due brevi frasi in corsivo sono tratta da Diario d'inverno di Paul Auster (2012)).


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