lunedì 18 marzo 2013

la parola data

Facciamo un discorso generale di tipo contrattualista.
La 'pace' si fonda sul 'pactum'; se salta la fiducia sul fatto che i nostri accordi, liberamente presi, non possano essere stracciati, salta la base prima di qualunque società umana.
Nessuno può più credere a nessuno, tutto va a rotoli, si va in panico.
Tutto molto razionalistico e, per molti versi, poco convincente.
Inutile ora qui riassumere secoli di dibattito filosofico e socio-politico.
Prendiamolo per buono e stiamo ad un livello più terra terra.

Nell'antichità abbiamo iniziato a chiamare i venti a seconda della loro direzione verso Cipro.
Libeccio (dalla Libia), Scirocco (dalla Siria), Grecale (dalla Grecia), e così via.
Oggi dobbiamo iniziare a far l'inverso: sentire l'aria che tirerà per noi qui a breve, alla luce dei venticelli che provengono da Cipro.
Prelievo forzoso sui conti correnti, banche costrette alla serrata dal governo, file di persone che cercano disperatamente di recuperare i loro poveri risparmi dal bancomat o allo sportello, senza riuscirci.
Le banche e i governi che ci avevano dato la parola di custodire (se non accrescere) i nostri risparmi, ora ce li bevono e ci lasciano in mutande, dopo aver divorato decine di miliardi dai fondi pubblici europei.
Da tempo non ci fanno più credito, ora ci fanno spolpare dalla UE, da un giorno all'altro.

Nell'antichità, uno dei pochi valori certi della cultura militare era il rispetto della parola data.
Anche tra nemici, anche in mezzo alla guerra più feroce, pacta sunt servanda.
Ora vediamo che i due marò, col beneplacito del governo e delle autorità militari italiane, se ne stanno a casa, alla faccia degli indiani.
E ci si stupisce che questi ultimi tengano in ostaggio il nostro ambasciatore, che si era posto come garante legale del patto di rientro.
Bisognerebbe stupirsi del contrario: che si pensi di poter saltare impunemente da una scelta all'altra, senza pagarne dei costi.
Ma vista l'impunità dilagante in Italia (non che l'India sia messa meglio...) e visti i legittimi impedimenti quotidiani, viene un senso di rassegnazione e ti aspetti che, da un momento all'altro, possa essere la Boccassini a cavarsi gli occhi o a venir ricoverata con (veri) problemi cardiocircolatori.

Grillo tuona contro i patti stracciati da alcuni suoi senatori, durante l'elezione di Grasso.
Certo, se davvero credeva all'osservanza assoluta dei 'non-statuti' da parte di una rete che lui pensa come setta, il colpo è gobbo.
E se pensa di procedere con le espulsioni dei reprobi e dei traditori, come ha già fatto in passato su scala regionale, lo vedo davvero messo male per il prossimo futuro.
Le istituzioni hanno i loro vincoli, ben più potenti e inerziali di qualunque relazione tra soggetti, ed il cuore umano si lascia trascinare dalle emozioni e dalle passioni del momento, molto più che dagli accordi preventivi tra gentiluomini..
Inutile giurare amori eterni, passioni indissolubili, regole che valgono sempre e comunque, principi indefettibili. Inutile promettere quel che non si può mantenere.
E, soprattutto, inutile tentare di agire come un gruppo compatto se si è una rete trasversale e interclassista.

Resta però l'ipocrisia di tutti gli altri partiti, che richiamano alla libertà del mandato e che da sempre votano compatti a rimorchio delle scelte del loro leader e/o dei loro comitati centrali.
E non perchè siano necessariamente d'accordo con quel che votano, ma per scelta tattica, per opportunismo, per il bene del partito, per conformismo, per sudditanza.
Tutto questo viene tradotto ovviamente con le solite frasi sacre: per il bene del paese, per senso di responsabilità, per amore delle istituzioni. Tutte fregnacce.
Ed è accaduto proprio così anche durante le votazioni di avant'ieri.
Gli unici a non essere compatti sono stati proprio i grillini: questo il problema della politica, il gregarismo e il maggioritarismo, non il dissenso meditato e di coscienza.
Ce ne fosse di più, di libertà, per ciascuno e per tutti.
E fossimo tutti più capaci di prendercela, in barba a statuti e carismatismi.
Questo passaggio cruciale è ancora lontano da noi e dalla politica: il superamento della cultura organizzativa di gruppo e l'assunzione piena di modelli in cui la decisione è presa da reti che dipendano soltanto dalle scelte libere di 'individui sociali e connessi'.
Il M5S, al momento, rappresenta ancora un ibrido di transizione tra vecchio e nuovo.
Da qui i suoi interessanti esperimenti, i suoi conflitti, le sue lotte.













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