martedì 5 febbraio 2013

caro daniele

Caro Daniele,
parlare con te domenica sera, dopo lo spettacolo, mi ha colpito ed ha lasciato un segno in me.

Ti sapevo convinto e coraggioso, affamato di giustizia e deciso a lottare contro la violenza del mondo.
Sapevo dei tuoi gesti solitari, e delle prime pene che lo Stato ti stava facendo scontare.
Mi sono riconosciuto in te, da ragazzo, con le tue stesse ansie di ribellione e con la stessa rabbia di allora.
Allora, ho visto alcuni miei coetanei andare avanti sulla strada della contro-violenza, quella legittima perchè giustificata dagli atti dell'avversario.
Ma ne ho visto anche molti altri, che allora facevano discorsi incendiari, finire precocemente in banca o a disciplinarsi immediatamente alla minima sanzione.
Non è un momento in cui ho certezze, neppure sull'alternativa nonviolenta o sul potere del gioco e dell'ironia contro i poteri dominanti.
Alcuni capitoli del mio ultimo librino (Forconi, Violenza, Guerra, Pace...) raccontano già a sufficienza delle mie delusioni e di quel che, purtroppo, probabilmente mi-ci aspetta.
Anche io, come te, sono insoddisfatto del modo di agire (troppo diplomatico e 'politico') di chi si oppone a questo stato di cose, sono arrabbiato con i parolai, sono inquietato dalla passività di troppi, sono depresso per il senso di impotenza che spesso mi prende.
E continuo a pensare che si dovrebbero trovare ed esercitare forme di lotta più continuative e più incisive, ed anche più rischiose, che includano la possibilità di finire anche in galera, se necessario.
Personalmente, sarei disposto a farlo.

Ma mi chiedo e ti chiedo: possiamo lottare contro i potentati finanziari sfasciando le vetrine di una banca ?
Ha un senso farlo, un senso che vada oltre l'espressione, pur legittima, della nostra rabbia ?
Ed ha senso essere colpiti e segnalati dalla Legge per un'azione simile ?
Non sarebbe meglio esserlo per qualcosa di più collettivo e di meno disperato ?
Tu dirai: niente si muove, ed io voglio agire ora, in qualunque modo e a qualunque costo.
Ti capisco e preferisco te a chi non fa nulla.
L'aggressione è sempre meglio dell'inazione, anche per la nonviolenza.
Peraltro, distruggere oggetti o simboli è una violenza diversa che aggredire o uccidere persone o viventi, ovviamente.
E Luther King diceva: in tempi come questi l'unico posto giusto per una persona onesta è la galera.

Ma, avendo imparato a conoscere la spietatezza dello Stato verso le persone pure, inermi e giuste (e la sua incapacità a colpire i prepotenti, i violenti, i corrotti), temo per te e per la tua giovane vita.
Non vorrei che ti fermassi, se questa è la tua fede.
Ma ho paura del  'fanatismo razionale' che ho visto nei tuoi occhi.
Del tutto simmetrico, ma molto più debole e indifeso, del fanatismo idolatrico di cui sono capaci lo Stato ed i suoi  'servitori'...
Si può agire senza una fede ed una passione forti e radicate in noi ?
Il tempo del disincanto ci sembra dire di no.
Ma se l'alternativa resta la violenza di sempre, i miei dubbi restano, forti e radicati.
Non ci sarà proporzione, infatti, tra quel che otterrai con essa nel mondo e quel che subirai da essa per la tua vita.
Volevo dirtelo, per quel poco che servirà, ancora una volta.

Ciao.
e.

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