venerdì 5 ottobre 2012

a macchia di leopardi

Metafisico: Perchè se la vita non è felice, che fino a ora non è stata, meglio ci torna averla breve che lunga.

Fisico: Oh cotesto no: perchè la vita è bene da sè medesima, e ciascuno la desidera e la ama naturalmente.

Metafisico: Così credono gli uomini; ma si ingannano, come il volgo si inganna pensando che i colori sieno qualità degli oggetti; quando non sono degli oggetti, ma della luce. Dico che l'uomo non desidera e non ama se non la felicità propria. Però non ama la vita se non in quanto la reputa instrumento o subbietto di essa felicità. In modo che propriamente viene ad mare questa e non quella, ancorchè spessissimo attribuisca all'una l'amore che porta all'altra...

Se tu vuoi, prolungando la vita, giovare agli uomini veramente, trova un'arte per la quale sieno moltiplicate di numero e di gagliardia le sensazioni e le azioni loro. Nel qual modo, accrescerai propriamente la vita umana, ed empiendo quegli smisurati intervalli di tempo nei quali il nostro essere è piuttosto durare che vivere, ti potrai dar vanto di prolungarla...Che, infine, la vita debb'essere viva, cioè vera vita: o la morte la supera incomparabilmente di pregio.

(da Dialogo di un fisico e di un metafisico)



Tasso: Talora, pensando a lei, mi si ravvivano nell'animo certe immagini e certi affetti, tali che, per quel poco tempo, mi pare di essere ancora quello stesso Torquato che fui prima di aver fatto esperienza delle sciagure e degli uomini, e che ora io piango tante volte per morto. In vero io direi che l'uso del mondo, e l'esercizio de' patimenti, sogliono come profondare e sopire dentro a ciascuno di noi quel primo uomo che egli era: il quale di tratto in tratto si desta per poco spazio , ma tanto più di rado quanto è il progresso degli anni; sempre più poi si ritira verso il nostro intimo, e ricade in maggior sonno di prima; finchè, durando ancora la nostra vita, esso muore...

E tuttavia l'obietto e l'intento della nostra vita, non pure essenziale ma unico, è il piacere stesso; intendendo per piacere la felicità; che debbe in effetto esser piacere;da qualunque cosa abbia a procedere.

Genio: Certissimo.

Tasso: Laonde la nostra vita, mancando sempre del suo fine, è continuamente imperfetta: e quindi il vivere è di sua propria natura uno stato violento.

Genio: Forse.

Tasso: Io non ci veggo forse. Ma dunque perchè viviamo noi ? Voglio dire, perchè consentiamo di vivere ?

Genio; Che so io di cotesto ? Meglio lo saprete voi, che siete uomini.

Tasso: Io per me ti giuro che non lo so...Ma certo questa vita che io meno, è tutta uno stato violento: perchè lasciando anche da parte i dolori, la noia sola mi uccide...

(da Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare)




Islandese: Pertanto rimango privo di ogni speranza: avendo compreso che gli uomini finiscono di perseguitare chiunque li fugge o si occulta con volontà vera di fuggirli o di occultarsi; ma che tu, per niuna cagione, non lasci mai di incalzarci, finchè ci opprimi...E appena un terzo della vita degli uomini è assegnato al fiorire, pochi istanti alla maturità e perfezione, tutto il rimanente allo scadere, e agl'incomodi che ne seguono.

Natura: Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra ? Ora sappi che nelle fatture e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l'intenzione a tutt'altro, che alla felicità degli uomini o all'infelicità...E non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, e non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.

(da Dialogo della Natura e di un Islandese)


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