lunedì 30 gennaio 2012

ri-ammutolisco

Gentilissimo Professore, come sta?

Ho preparato da circa due mesi
questa mail, ma per vari motivi non l’ho mai mandata. Dopo una settimana in cui
ho vissuto in facoltà oggi sto compiendo tutte quelle azioni che ho lasciato a
metà, e tra esse appunto ci sono queste riflessioni che troverà datate, perché la
situazione si è evoluta, in ogni caso avendole scritte gli e le volevo
inoltrare.
Mi ritrovo a riflettere in
maniera particolare sul suo post intitolato ‘ammutolirsi’ (28 novembre 2011) e
precisamente sulle sue ultime considerazioni, quando scrive:

“…Loro sì, che funzionano!
Non come i ragazzi di Tilt incontrati a Pisa, in un'assise davvero
deludente: vecchia politica di sinistra mal travestita di nuovo, parodistici
cloni di Vendola nei toni e nella retorica del parlare in pubblico, totale
confusione ed approssimazione organizzativa, puntualità non pervenuta, slogan
senza succo, scuola quadri spruzzata di postmoderno...”

Bene ora provo a ragionare perché
quando si organizzano determinati eventi, incontri o momenti assembleari,
(chiamiamoli come vogliamo), ci si ostina ad utilizzare un linguaggio ormai
obsoleto, pratiche inutili, e a non rispettare gli orari. Insomma la sua
descrizione calza a pennello. Perché si è così pressappochisti nel portare
avanti questi momenti di confronto? Vengono ritenuti importanti al fine di
creare qualcosa o li si fa tanto per essere fatti, per sentirsi superiori e o
diversi a quella parte di popolazione poco attiva politicamente? Ma non ci
rendiamo conto che spesso le tempistiche sono fondamentali, il capitalismo non
è forse basato su tempi molto ristretti e precisi?

Mi chiedo se non si riesca a
creare qualcosa di nuovo perché non vi è uno studio attento del passato, una
lettura critica degli avvenimenti, o perché lo si studia talmente tanto bene da
volerlo tenere in vita (quasi in maniera morbosa), attraverso appunto retorica,
lessico, modi di agire, ma senza rendersi conto che stiamo vivendo altri
cambiamenti.

 Alcune delle analisi che si fanno
sono si accurate, ma non è che hanno una bassa divulgazione per via del
linguaggio troppo complicato e tecnico? Si sbagliano i canali di diffusione? 0
in generale siamo così presi da altri interessi che non possiamo permetterci di
cercare una lettura più attenta della ‘crisi’ perché vista e percepita come
qualcosa di ancora troppo lontana e ormai scontata?
Mi chiedo se attualmente dobbiamo
portare avanti delle pratiche basate su analisi complesse, corpose, giuste e
lunghe ma allo stesso tempo troppo spesso indivulgabili ai più perché noiose,
incomprensibili, oppure bisogna iniziare a sfruttare in maniera patetica e
subdola (come peraltro già avviene) il sentimentalismo e la compassione
dell’animo umano, in modo tale non che vi sia una presa di coscienza collettiva
del problema ma più che altro si agisca in base alla spinta emozionale che
l’evento ti circonda, che ti prenda e ti trasporti e ti faccia sentire
partecipe di qualcosa, in parole povere e televisive: protagonista.

Per curiosità ho letto culture jam, si l’ho trovato
interessante, ma, ma, ma molte affermazioni, soluzioni, proposte mi sono
sembrate scontate, banali, forse perché diverse di quelle pratiche già sono
entrate all’interno dal mio fare quotidiano ma non certo da ieri, non ho
trovato l’illuminazione davanti alla tv o in un canale fb o youtube, bensì
perché i miei genitori e le persone che mi circondano mi hanno dato degli
spunti alternativi a ciò che c’è in giro, e allora a questo punto mi chiedo
quale sia il modo migliore di agire per estendere il discorso e le pratiche, ma
perché allo stesso tempo sono così disincantata e critica dai profeti e da
coloro che hanno molto seguito?

 Un’ultima considerazione di cui
vorrei farla partecipe: chiacchierando con mio fratello e un’amica abbiamo paragonato
questi Indignados (quasi fosse una specie protetta), come i protagonisti del
libro e poi del film Risvegli di
Oliver Sacks, in cui i protagonisti, proprio come coloro che si sentono i
presunti salvatori, restano assopiti per un lungo periodo, poi attraverso degli
stimoli si risvegliano, e facendo un parallelo ci è sembrato che gli manchino
determinati strumenti riguardanti la sfera del sociale e dell’agire
collettivo, in quanto si sono persi metà
dalla loro vita affetti da catatonia.
La domanda che poi viene da se, è
per quanto tempo durerà questo effetto? Si rafforzerà ulteriormente o sarà
qualcosa che si sgonfierà non appena le capocce o i promotori saranno
accontentati con qualcosa e i giornali decideranno che non fa più audience e
spegneranno i riflettori?
Va beh se poi guardiamo al caso
italiano e stiamo attenti non mi sembra che si possa parlare di movimento, perche
se fossimo stati realmente interessati al futuro del paese forse ci saremo
dovuti preoccupoare passando dall’elezione dei nuovi tecnici alla chiusura di
una delle fabbriche più importanti del paese. Perché? Forse perché il partito
di Repubblica non ha dato un taglio catastrofico agli articoli, bensì li ha
fatti passare come qualcosa di accettato, condiviso da tutte le parti, e infine
anche già digerito e dimenticato.

Conclude sempre lo stesso
articolo con:

“Insomma, al di là delle buone intenzioni e della generosità di molti
presenti, un'esperienza che mi ha rattristato ed anche fatto arrabbiare un
pò... Sarò sbagliato io, ma -se questo è il nuovo- preferisco tornare
all'eremo.”

Perché l’ha rattristato e fatto
arrabbiare?
Cosa si aspettava di più?
E ritorna la domanda iniziale,
perché si è ancora così ermetici? Si ha forse paura di usare quei mezzi\canali
che potrebbero incidere in maniera maggiore? Oppure se li si usa forse non si è
capito affondo il potenziale e si continua a sbagliare qualcosa.
Non sono dell’idea che tornare
all’eremo sia la soluzione migliore, per vederlo in maniera positiva il nuovo è
qualcosa che deve essere, immaginato, pensato, studiato, creato o ripescato dal
passato e confezionato e venduto come nuovo, può essere inteso come la droga
per andare avanti, avere stimoli nuovi e non farsi mangiare, rosicchiare e
divorare dai malesseri nati e creati per l’impotenza di non poter fare qualcosa
per migliorare. 


 In questa mail mi rendo conto che
ci sono troppo domande e curiosità, alla quale non è possibile dare una
risposta secca e precisa, soprattutto se rapportato alla mia attuale totale
passività in rapporto al fatto che qui a Cagliari sembra che si voglia e si
provi a creare qualcosa, ma io sto fuori, guardo, scruto, mi affaccio, critico
dall’alto in maniera che da fastidio persino a me stessa (problemi psichici??,
non li escludo).
L’unica cosa che mi permetto di
fare è girare e dialogare con i passanti (non solo universitari) e ascoltare le
osservazioni che ogni tanto tirano fuori. Mi piacerebbe capire in cosa consiste
e da cosa scaturisce questo malessere, di cui tanto si parla, mentre preso caso
per caso (campione limitato ai luoghi che conosco) spesso mi sembra che si
riduca a cose futili, mi pare che più che altro ci facciamo ingannare da
bisogni e necessità dettati da altri. Perché il più delle volte si fanno solo
quelle cose che potrebbero essere spendibili all’interno del mondo
universitario\lavorativo, che sono confezionate e vendute come eventi imperdibili,
Perché più semplicemente non si fa qualcosa per il solo piacere di farlo? Per
il solo piacere di incontrare persone nuove senza secondi fini? e mi chiedo e
se si partisse dalle debolezze? Ma no, non è politicamente corretto, sono solo
fantasie e canzonette..

 Avviso: se arriviamo a questo
punto e ci facciamo catturare da questi giochini però mi chiedo se anch’io non
potrei giocare di psicologia (solo se la conoscessi!, ma non è mai troppo tardi),
http://video.repubblica.it/tecno-e-scienze/videogame-alla-toilette-sfida-a-infrarossi-in-gb/81785/80175?ref=HREV-2

 buona visione.
Cordialmente
A.


Che bella lettera, no ?
Dopo vari mesi dal mio post, mi scrive e me la manda.
Una bella sopresa.
Quanta sensibilità, quante domande, quanti pensieri e intenzioni sopite si muovono nelle menti e nei corpi di molti giovani, ancora oggi.
E che spazio, anche solo d'ascolto, trova tutto questo ? Molto poco, direi.
Nicchie di tempo, dentro giornate, contesti, istituzioni votati ad altro, alle residue e sempre potenti esigenze del mondo adulto, alla protezione dei privilegi di chi 'è già arrivato'.

A questo proposito, ben hanno fatto gli studenti di 'Occupy Unibo' a contestare oggi la laurea honoris causa a Napolitano: un segno di vitalità contro la retorica ed il subdolo potere di vecchi tromboni, ammantati di finta 'attenzione ai giovani', tartufescamente preoccupati 'per le sorti della ricerca e della formazione', e poi capaci di firmare immondi decreti o di salvare il nostro paese affidandolo ai banchieri.
Provo vergogna per tutti i Presidenti della Repubblica conosciuti nella mia vita cosciente (Saragat, Leone, Kossiga, Ciampi...). Resto perplesso davanti alle celebrazioni odierne per la morte di quel vecchio e integgerrimo prete di Scalfaro. Escludo, dalla lista della vergogna- il solo Pertini.
L'unico antimilitarista, l'unico essere umano, onesto e vero, tra tutti.
Solo lui meritava di vincere il Mondiale di calcio, nel 1982...

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