giovedì 12 gennaio 2012

che nottola quella nottola!

Mio cognato mi chiama gufo, perchè continuo a parlare di catastrofe.
Sì, non lo posso negare, la questione mi ossessiona.
Ma più che gufo, mi sento civetta.
D'altronde 'eule' in tedesco vuol dire proprio questo, civetta.
Come si sa, però, la nottola di Minerva arriva sempre tardi, sempre dopo, che le cose avvengano.
Nel mio caso, sarà forse una civetta eretica, che vuol essere pro-feta ?
La precocità mi attanaglia da sempre: da bambino stavo a parlare con gli adulti, ora che sono adulto mi apposto a leggere, al sole della Darsena, insieme alle badanti ucraine...

Sento i cambiamenti, e mi preparo.
Forse mi illudo, ma mi sembra che la pedagogia delle catastrofi inizi a funzionare per tutti.
Quali movimenti e quante manifestazioni sarebbero stati capaci in così poco tempo di ottenere risultati quali: la riduzione delle spese militari, la lotta all'evasione fiscale, la chiusura di fabbriche inquinanti, il crollo delle vendite automobilistiche, la tassazione delle transazioni finanziarie ?
Si inizia, pur costretti e solo se costretti, a ragionare, vedo...
Magari è poco ed è tardi, ma...sta accadendo.

Leggo un articolo di Diamanti, sul sito di Repubblica di oggi:
È dunque difficile capire quel che succede nella politica senza tenere conto della vita quotidiana, del senso comune, del territorio. Senza esplorare in profondità i luoghi dove i partiti, le istituzioni, la democrazia trovano le basi della loro legittimazione e del loro consenso. Assecondando la convinzione - superstizione? - che la comunicazione mediatica e in particolare la televisione risolvano tutto. Che i media, gli attori politici, in tempi di campagna permanente, possano manipolare ad arte e a loro piacimento il "consenso" dei cittadini. Al più, possono contribuire a cogliere e a plasmare il "senso comune", come suggerisce la teoria della "spirale del silenzio" di Elisabeth Noelle-Neumann. Secondo cui gli individui cercano approvazione e conferma da parte degli altri, nei loro luoghi di vita. In quanto temono, soprattutto, di essere stigmatizzati se si pongono in contrasto con le opinioni che ritengono prevalenti. Per usare una categoria già richiamata in precedenza (e formulata proprio dalla Noelle-Neumann), esiste un esteso conformismo sociale, condizionato dal "clima d'opinione" dominante, che induce al silenzio coloro che si percepiscano minoranza. Ciò riguarda soprattutto (ma non solo) gli elettori "marginali", definiti così perché stanno ai margini della scena politica e non hanno convinzioni forti. Temono, tuttavia, di sentirsi isolati e "perdenti" e, per questo, cercano di cogliere il pensiero della maggioranza.

Dispongono, a questo fine, di una "competenza quasi- statistica" (come la chiama ancora la Noelle-Neumann) che esercitano nel rapporto con l'ambiente sociale ma, soprattutto, attraverso l'esposizione ai media. I quali diventano doppiamente influenti nel formare il "clima d'opinione". Da una parte, perché gli individui-spettatori attingono da essi informazioni e giudizi che vengono poi dati per scontati, diventano "reali" proprio perché legittimati dai media. Dall'altra parte, perché i media (soprattutto la televisione) condizionano le opinioni dell'ambiente sociale, dei gruppi e delle reti di relazioni in cui gli individui sono inseriti. E a cui gli individui chiedono conferma e rassicurazione. Da ciò il "silenzio" di quanti, per non sentirsi esclusi, preferiscono non sfidare il "senso comune".

In fondo, qualcosa di simile l'aveva (de) scritto, qualche tempo fa, Antonio Gramsci. Il quale distingueva tra "buon senso" e "senso comune". E citava, a questo fine, Alessandro Manzoni. Il quale nei Promessi sposi annotava che al tempo della peste "c'era pur qualcuno che non credeva agli untori, ma non poteva sostenere la sua opinione, contro l'opinione volgare diffusa". Perché, aggiungeva Manzoni, "il buon senso c'era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune". Un ragionamento che, senza voler apparire irriguardosi, potremmo applicare anche a noi stessi. Alla comunità scientifica di cui facciamo parte. Il "buon senso", cioè, ci spingerebbe a interrogarci maggiormente su quel che avviene a livello locale e micro-sociale, nella sfera personale e interpersonale. A esplorare altre teorie e altri orientamenti metodologici. Ma il "senso comune" della comunità scientifica e degli specialisti, che con Kuhn potremmo definire "paradigma dominante" (in tempi di "scienza normale"), ci induce a far finta di nulla. A negare la realtà per non cambiare gli occhiali con cui la osserviamo. Dall'alto e di lontano.


Sento, come quasi ogni mattina, le orribili vuvuzelas che sbraitano ossessivamente la loro disperata protesta davanti alla Regione.
Come è bella la città, come è allegra la città, come è viva la città...
Io, intanto, come Cincinnato, sabato mattina torno in campagna.

 

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