lunedì 30 gennaio 2012

ri-ammutolisco

Gentilissimo Professore, come sta?

Ho preparato da circa due mesi
questa mail, ma per vari motivi non l’ho mai mandata. Dopo una settimana in cui
ho vissuto in facoltà oggi sto compiendo tutte quelle azioni che ho lasciato a
metà, e tra esse appunto ci sono queste riflessioni che troverà datate, perché la
situazione si è evoluta, in ogni caso avendole scritte gli e le volevo
inoltrare.
Mi ritrovo a riflettere in
maniera particolare sul suo post intitolato ‘ammutolirsi’ (28 novembre 2011) e
precisamente sulle sue ultime considerazioni, quando scrive:

“…Loro sì, che funzionano!
Non come i ragazzi di Tilt incontrati a Pisa, in un'assise davvero
deludente: vecchia politica di sinistra mal travestita di nuovo, parodistici
cloni di Vendola nei toni e nella retorica del parlare in pubblico, totale
confusione ed approssimazione organizzativa, puntualità non pervenuta, slogan
senza succo, scuola quadri spruzzata di postmoderno...”

Bene ora provo a ragionare perché
quando si organizzano determinati eventi, incontri o momenti assembleari,
(chiamiamoli come vogliamo), ci si ostina ad utilizzare un linguaggio ormai
obsoleto, pratiche inutili, e a non rispettare gli orari. Insomma la sua
descrizione calza a pennello. Perché si è così pressappochisti nel portare
avanti questi momenti di confronto? Vengono ritenuti importanti al fine di
creare qualcosa o li si fa tanto per essere fatti, per sentirsi superiori e o
diversi a quella parte di popolazione poco attiva politicamente? Ma non ci
rendiamo conto che spesso le tempistiche sono fondamentali, il capitalismo non
è forse basato su tempi molto ristretti e precisi?

Mi chiedo se non si riesca a
creare qualcosa di nuovo perché non vi è uno studio attento del passato, una
lettura critica degli avvenimenti, o perché lo si studia talmente tanto bene da
volerlo tenere in vita (quasi in maniera morbosa), attraverso appunto retorica,
lessico, modi di agire, ma senza rendersi conto che stiamo vivendo altri
cambiamenti.

 Alcune delle analisi che si fanno
sono si accurate, ma non è che hanno una bassa divulgazione per via del
linguaggio troppo complicato e tecnico? Si sbagliano i canali di diffusione? 0
in generale siamo così presi da altri interessi che non possiamo permetterci di
cercare una lettura più attenta della ‘crisi’ perché vista e percepita come
qualcosa di ancora troppo lontana e ormai scontata?
Mi chiedo se attualmente dobbiamo
portare avanti delle pratiche basate su analisi complesse, corpose, giuste e
lunghe ma allo stesso tempo troppo spesso indivulgabili ai più perché noiose,
incomprensibili, oppure bisogna iniziare a sfruttare in maniera patetica e
subdola (come peraltro già avviene) il sentimentalismo e la compassione
dell’animo umano, in modo tale non che vi sia una presa di coscienza collettiva
del problema ma più che altro si agisca in base alla spinta emozionale che
l’evento ti circonda, che ti prenda e ti trasporti e ti faccia sentire
partecipe di qualcosa, in parole povere e televisive: protagonista.

Per curiosità ho letto culture jam, si l’ho trovato
interessante, ma, ma, ma molte affermazioni, soluzioni, proposte mi sono
sembrate scontate, banali, forse perché diverse di quelle pratiche già sono
entrate all’interno dal mio fare quotidiano ma non certo da ieri, non ho
trovato l’illuminazione davanti alla tv o in un canale fb o youtube, bensì
perché i miei genitori e le persone che mi circondano mi hanno dato degli
spunti alternativi a ciò che c’è in giro, e allora a questo punto mi chiedo
quale sia il modo migliore di agire per estendere il discorso e le pratiche, ma
perché allo stesso tempo sono così disincantata e critica dai profeti e da
coloro che hanno molto seguito?

 Un’ultima considerazione di cui
vorrei farla partecipe: chiacchierando con mio fratello e un’amica abbiamo paragonato
questi Indignados (quasi fosse una specie protetta), come i protagonisti del
libro e poi del film Risvegli di
Oliver Sacks, in cui i protagonisti, proprio come coloro che si sentono i
presunti salvatori, restano assopiti per un lungo periodo, poi attraverso degli
stimoli si risvegliano, e facendo un parallelo ci è sembrato che gli manchino
determinati strumenti riguardanti la sfera del sociale e dell’agire
collettivo, in quanto si sono persi metà
dalla loro vita affetti da catatonia.
La domanda che poi viene da se, è
per quanto tempo durerà questo effetto? Si rafforzerà ulteriormente o sarà
qualcosa che si sgonfierà non appena le capocce o i promotori saranno
accontentati con qualcosa e i giornali decideranno che non fa più audience e
spegneranno i riflettori?
Va beh se poi guardiamo al caso
italiano e stiamo attenti non mi sembra che si possa parlare di movimento, perche
se fossimo stati realmente interessati al futuro del paese forse ci saremo
dovuti preoccupoare passando dall’elezione dei nuovi tecnici alla chiusura di
una delle fabbriche più importanti del paese. Perché? Forse perché il partito
di Repubblica non ha dato un taglio catastrofico agli articoli, bensì li ha
fatti passare come qualcosa di accettato, condiviso da tutte le parti, e infine
anche già digerito e dimenticato.

Conclude sempre lo stesso
articolo con:

“Insomma, al di là delle buone intenzioni e della generosità di molti
presenti, un'esperienza che mi ha rattristato ed anche fatto arrabbiare un
pò... Sarò sbagliato io, ma -se questo è il nuovo- preferisco tornare
all'eremo.”

Perché l’ha rattristato e fatto
arrabbiare?
Cosa si aspettava di più?
E ritorna la domanda iniziale,
perché si è ancora così ermetici? Si ha forse paura di usare quei mezzi\canali
che potrebbero incidere in maniera maggiore? Oppure se li si usa forse non si è
capito affondo il potenziale e si continua a sbagliare qualcosa.
Non sono dell’idea che tornare
all’eremo sia la soluzione migliore, per vederlo in maniera positiva il nuovo è
qualcosa che deve essere, immaginato, pensato, studiato, creato o ripescato dal
passato e confezionato e venduto come nuovo, può essere inteso come la droga
per andare avanti, avere stimoli nuovi e non farsi mangiare, rosicchiare e
divorare dai malesseri nati e creati per l’impotenza di non poter fare qualcosa
per migliorare. 


 In questa mail mi rendo conto che
ci sono troppo domande e curiosità, alla quale non è possibile dare una
risposta secca e precisa, soprattutto se rapportato alla mia attuale totale
passività in rapporto al fatto che qui a Cagliari sembra che si voglia e si
provi a creare qualcosa, ma io sto fuori, guardo, scruto, mi affaccio, critico
dall’alto in maniera che da fastidio persino a me stessa (problemi psichici??,
non li escludo).
L’unica cosa che mi permetto di
fare è girare e dialogare con i passanti (non solo universitari) e ascoltare le
osservazioni che ogni tanto tirano fuori. Mi piacerebbe capire in cosa consiste
e da cosa scaturisce questo malessere, di cui tanto si parla, mentre preso caso
per caso (campione limitato ai luoghi che conosco) spesso mi sembra che si
riduca a cose futili, mi pare che più che altro ci facciamo ingannare da
bisogni e necessità dettati da altri. Perché il più delle volte si fanno solo
quelle cose che potrebbero essere spendibili all’interno del mondo
universitario\lavorativo, che sono confezionate e vendute come eventi imperdibili,
Perché più semplicemente non si fa qualcosa per il solo piacere di farlo? Per
il solo piacere di incontrare persone nuove senza secondi fini? e mi chiedo e
se si partisse dalle debolezze? Ma no, non è politicamente corretto, sono solo
fantasie e canzonette..

 Avviso: se arriviamo a questo
punto e ci facciamo catturare da questi giochini però mi chiedo se anch’io non
potrei giocare di psicologia (solo se la conoscessi!, ma non è mai troppo tardi),
http://video.repubblica.it/tecno-e-scienze/videogame-alla-toilette-sfida-a-infrarossi-in-gb/81785/80175?ref=HREV-2

 buona visione.
Cordialmente
A.


Che bella lettera, no ?
Dopo vari mesi dal mio post, mi scrive e me la manda.
Una bella sopresa.
Quanta sensibilità, quante domande, quanti pensieri e intenzioni sopite si muovono nelle menti e nei corpi di molti giovani, ancora oggi.
E che spazio, anche solo d'ascolto, trova tutto questo ? Molto poco, direi.
Nicchie di tempo, dentro giornate, contesti, istituzioni votati ad altro, alle residue e sempre potenti esigenze del mondo adulto, alla protezione dei privilegi di chi 'è già arrivato'.

A questo proposito, ben hanno fatto gli studenti di 'Occupy Unibo' a contestare oggi la laurea honoris causa a Napolitano: un segno di vitalità contro la retorica ed il subdolo potere di vecchi tromboni, ammantati di finta 'attenzione ai giovani', tartufescamente preoccupati 'per le sorti della ricerca e della formazione', e poi capaci di firmare immondi decreti o di salvare il nostro paese affidandolo ai banchieri.
Provo vergogna per tutti i Presidenti della Repubblica conosciuti nella mia vita cosciente (Saragat, Leone, Kossiga, Ciampi...). Resto perplesso davanti alle celebrazioni odierne per la morte di quel vecchio e integgerrimo prete di Scalfaro. Escludo, dalla lista della vergogna- il solo Pertini.
L'unico antimilitarista, l'unico essere umano, onesto e vero, tra tutti.
Solo lui meritava di vincere il Mondiale di calcio, nel 1982...

sabato 28 gennaio 2012

enigmi e borborigmi

In Russia è stata registrata una preoccupante impennata del numero di bevitori di birra: negli anni passati erano state le stesse autorità a incoraggiare la sua diffusione, sperando così di combattere l'abuso della ben più alcoolica vodka, ma i risultati ottenuti sono stati scoraggianti: il consumo di birra è di gran lunga aumentato, senza tuttavia far diminuire quello della vodka.
E se Monti fosse la birra e Berlusconi la vodka ?
La macelleria sociale (per piacere alle borse) che va a sommarsi alla solita Italia di sempre ?
Possibile.
Ma forse Berlu era solo la birra e Monti, invece, la vodka.
Il primo era un fastidioso e sbraitante ubriacone, il secondo è un pericoloso (e lucido) alcoolista.
Questi pensierini mi sono venuti vedendo ieri sera 'The Iron Lady', un film sulla sempre cara Margaret Thatcher (sino all'ultimo grande bevitrice di whisky e insuperata (per ora) macellaia di professione).
Un fulgido esempio per tutti, che guarda al nostro futuro.

Intanto, i terremoti smuovono dalle fondamenta il sistema limbico della paciosa Emilia, simbolo perfetto dell'Italia cerchiobottista, cattocomunista, capitalista, previdente, appagata e riformista.
Anche i ricchi piangono (poco).
Un'insegnante spagnola di 28 anni ha sviluppato un incontrollato e irrazionale terrore del vento: al sopraggiungere dell'autunno diventa per lei un'autentica ossessione consultare le previsioni del tempo, per paura che annuncino l'arrivo di una tempesta, e quando i bollettini confermano i suoi timori si attacca al telefono per interpellare i servizi meteorologici centrali, chiamando anche parecchie volte in un'ora, fino a che va a rinchiudersi in un armadio e aspetta in preda al panico che cessino le raffiche di vento.
Ma quanti armadi ci vorranno, tra un pò ?
Non credo che in Sardegna, anche di armadi, ce ne siano tanti come in Emilia...
Chiedo ai riformisti socialdemocratici emiliani di andare verso una 'pari opportunità', almeno nel nascondersi.

Nel processo di transizione alla televisione digitale, con l'espressione switch over si indica la cessazione di tutte le trasmissioni analogiche ?
No. Essa designa la fase intermedia di transizione, in cui i segnali digitali e analogici coesistono. La fase terminale, di spegnimento della tv analogica, è definita switch off.
Immagino che in molti abbiate assistito, in diretta o su Blog, al siparietto tra l'eterno cassintegrato sardo dell'Eurallumina (una star, ormai) e il triste on. Castelli, stupido agnello sacrificale sempre a disposizione, quando Santoro vuole andare sul sicuro.
Credo che la scenetta rappresenti, come altri casi di questi giorni, puntualmente offerti dall'onnivora e onnivorante tv, una perfetta simulazione dello 'switch over' in corso: una casta politica, giunta al capolinea, ormai superata dagli eventi, che parla senza più credere a se stessa, totalmente aliena e delegittimata, quasi surreale. Ma, d'altro lato, un'alternativa inesistente, anch'essa superata e colpevolmente aggrappata a valori e slogan ripetitivi e senza futuro (tipo: lavoro! lavoro! lavoro!).
Quel pittoresco operaio, che ora manda affanculo i politici, è lo stesso che da decine di anni si inginocchia davanti a loro per avere una cassa integrazione in deroga, e li vota (e continuerà a votarli), e li segue -insieme ai sindacati- ogniqualvolta riescono a risistemarlo in qualche fabbrica inquinante.
Sarebbe il momento di andare verso lo switch off.
Di entrambi.
E anche della tv.

venerdì 27 gennaio 2012

three leaves of grass

Questo ci proponemmo: non solo come andassero
usati coltello e forchetta, anche i propri simili
e inoltre la Ragione, onnipotente apriscatole,
bisognava impararlo poco a poco.

Educato, il genere umano si sarebbe liberamente,
proprio così, liberamente autodeterminato, affinchè,
diventato maggiorenne, imparasse a togliere
alla natura -cautamente, quanto possibile cautamente-
il vizio del caos.

Nel corso della sua educazione il genere umano doveva
mangiare la virtù a cucchiaiate, allenarsi al congiuntivo
e alla tolleranza con impegno,
per quanto riuscisse difficile
ciò tra fratelli.

Una lezione speciale ci incaricò
di sorvegliare il sonno della Ragione,
di modo che qualunque mostro onirico
fosse domato e d'ora in poi all'Illuminismo
mangiasse in mano da bravo.

Illuminato a mezzo il genere umano dovette
non più voltolarsi alla cieca nel fango ancestrale;
si diede invece a ripulirsi con metodo.
Chiara si espresse appresa igiene: Guai
agli sporchi!

Appena la nostra educazione potè dirsi progredita
il sapere fu dichiarato potere
nè soltanto applicato sulla carta. Gridarono
gli illuminati: Guai
agli ignoranti!

Infine, poichè ad onta di ogni Ragione la violenza
non si lasciava espungere dal mondo, l'umano
genere si educò all'intimidazione reciproca.
Apprese così a mantenere la pace, finchè un caso qualunque
non chiarito si frapponesse.

Allora finalmente l'educazione del genere umano
potè dirsi conclusa. Grande chiarezza
illuminò ogni angolo. Peccato che dopo
si facesse sì buio e nessuno
trovasse più la sua scuola.

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Qui qualcosa non torna.
Cosa non so, la direzione forse.
Qualcosa, ma cosa, sbagliato,
ma quando ma dove sbagliato,
dal momento che tutto fila liscio,
anche se in una direzione
che i cartelli dichiarano sbagliata.

Adesso cerchiamo la sorgente d'errore.
Fuori di noi cerchiamo come pazzi,
finchè improvvisamente qualcuno dice noi,
noi tutti potremmo, poniamo per scherzo,
essere la sorgente o tu o tu
potresti.
Non ci si riferisce alle persone.

Ognuno dà la precedenza a ognuno.
Mentre ogni cosa liscia come l'olio
fila in direzione sbagliata,
di cui si dice
che esiste, fosse anche sbagliata,
quella soltanto, gli uomini si salutano
al grido: Son io la sorgente d'errore, anche tu ?

Di rado siamo stati così unanimi.
Nessuno cerca più dove che cosa e quando
s'è sbagliato.
Nè si cerca una colpa
o un colpevole.

Infatti lo sappiamo, che ciascuno di noi.
Paghi come non mai tutti corrono dietro
i cartelli in direzione sbagliata
e sperano che siano sbagliati
e noi salvi ancora una volta.


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Epsilogosz!
I molti conti non pagati
i tanti casi non risolti.
Matrimoni da celebrare, divorzi
da pronunciare, anche separazioni dei beni.
Defraudati delle ferie restanti.
Prima che dopo l'arrosto, perchè è successo di domenica,
un pudding giallouovo venisse in tavola.
A metà frase, giuramento, maledizione e preghiera,
subito dopo i due punti,
barzellette castrate sul più bello.
Quel che volevo dire...

Guastata la festa.
Dove i piaceri della carne subito prima dell'adessoadesso
svanirono per sempre.
Il grande slam sprecato
o un sonnellino pomeridiano
che in pratica non l'ha finita più.
Quant'altro fu escluso: più volte rinviati
incontri della classe, la prossima seduta, compleanni,
il conguaglio fiscale, primi denti di latte,
il tempo di domani,
visite restituite e partite di ritorno,
eredità, il risultato dell'analisi atteso con ansia,
scadenze, la posta.
Ah già, e quello shopping promesso da tanto.

Prossimamente ci sarebbe piaciuto cambiare la tappezzeria.
Ci sarebbe piaciuto, come un tempo facevamo più spesso, noi due soli
andare a teatro, poi dopo a mangiar bene dall'italiano.
A certe condizioni ci sarebbe piaciuto
ricominciare daccapo
e concederci questo e quest'altro.
Ai bambini vacanze nella fattoria dei pony
a noi stessi avevamo promesso più rispetto reciproco.
In vista di una spider, del vocabolario Grimm
e di un'attrezzatura completa da campeggio stavamo risparmiando.
Il nostro progetto: finalmente rilassarci
e farla finita col semprepiuinalto.
Ci sarebbe piaciuto...

Naturalmente cessarono le molte guerricciole e la fame
e insieme al capitalismo il socialismo,
col bene anche il male e con l'amore l'odio.
Idee del tutto nuove non pensate del tutto.
Semplicemente interrotta la riforma scolastica.
Senza risposta il problema di Dio eccetera.
Può darsi che qualcuno fosse contento di sè,
però ne rimasero di desideri, grandi e piccoli, aperti.
E anche il prezzo dell'oro cadde per mai...
Perchè.
Una domenica.
Epsilogosz.

(da G.Grass, La ratta, 1987)

mercoledì 25 gennaio 2012

il muro di gomma e i gommisti

Il tempo sembrava essersi fermato per me. Ortega mi aveva detto di non uscire ancora, prima bisognava vedere come si mettevano le cose. Ma dopo tre giorni non ce la facevo più e uscii. A mezzogiorno entrai in un bar di Constituciòn.Mi sembrava strano che la gente sembrasse così tranquilla e senza problemi. Nella stanza leggevo libri rivoluzionari e sembrava che il mondo dovesse saltare in aria da un momento all'altro, ma quando uscivo trovavo che la vita seguiva il suo corso normale: gli impiegati andavano in ufficio, i bottegai vendevano, e si vedeva la solita gente sulle panchine nelle piazze, seduta pigramente, guardando passare le ore, tutte uguali e monotone. Mi sentivo di nuovo estraneo al mondo, come se mi fossi appena svegliato in uno scenario sconosciuto di cui ignoravo le leggi e il senso. Camminavo per le strade, guardavo la gente, sedevo su una panchina della piazza e meditavo, poi tornavo nella stanza. Soltanto nei libri mi sembrava di ritrovare la realtà, come se l'esistenza della strada non fosse che una sorta di sogno di gente ipnotizzata. Ci sarebbero voluti anni perchè capissi che in quelle strade, in quei negozi e uffici di Buenos Aires, c'erano allora migliaia di persone che pensavano o sentivano come me, gente angosciata e solitaria che meditava sul senso o il non senso della vita, che aveva la sensazione di vedersi intorno un mondo addormentato...
(Ernesto Sàbato, Sopra eroi e tombe, pp. 538-9)

A vedere le strade bloccate, i supermercati semivuoti, i benzinai a secco, si ha finalmente la sensazione visiva, tattile, emotivamente concreta della crisi in corso.
E che il casino non potrà che crescere, come sulla Concordia.
E che la nostra vita non potrà più svolgersi  'normalmente'.
Un gran passo, questo, per accentuare la percezione del disastro (che sino, all'ultimo, sarà minimizzato e negato, come sempre, da chi 'ci vuole gestire' la vita e vive di questo).

Noi intellettuali siamo troppo flosci ormai.
E troppo collusi con le persone perbene e benpensanti, tranquillamente sedute sui loro conti in banca (svizzera) e sulle loro poltrone super-imbottite.
Lasciamo fare ai barbari, a quelli che tagliano le gomme dei colleghi, che spaccano le valvole dei tir, che sbraitano in romanesco e fanno i bulletti per strada, che assumono pose da piccolo boss di quartiere, che bruciano tricolori...
La guerra è la guerra, e la rivoluzione non è un pranzo di gala.

Ho terrore di tutto questo, ed è molto distante da me.
Non ho alcuna intenzione di prendervi parte.
Violenza contro violenza, popolo contro stato, cittadini contro poliziotti.
Non mi coinvolge, ma mi interessa: quel che inizia ad avvenire anche in Italia è certamente più efficace e significativo di mille scioperi regolamentati dai sindacati o di diecimila cortei indetti dal Pd o da Sel. Ed è più vero di una finta 'normalità'.
Ecco perchè una parte, clandestina e risentita, di me, tifa per loro.

P.S. Intanto, 'mi è venuta la colite...ci ho lo spasmo intestinale...!, come direbbe Gaber.
Niente di grave, ma è il segno di quanta rabbia e di quanti conflitti mal gestiti il mio corpo si stia facendo carico negli ultimi tempi....
Forse anche io, per evitare dieta e pillole, dovrei iniziare a tagliare qualche pneumatico...

lunedì 23 gennaio 2012

distancàndosi

V'era solo una stretta apertura, tra le palpebre, e per mezzo di essa quell'uccello conservava con me un certo rapporto peninsulare; così, con gli occhi semichiusi, guardava dalla terra dei sogni, cercando di capirmi, vago oggetto o atomo che interrompeva le sue visioni...(Walden)

Ieri, guardando con R. l'ultimo film della Labaki  'E ora dove andiamo ?', ho ripensato a questa frase letta qualche giorno fa: due ragazzini, con un motorino, facevano la spola su una strettissima striscia di terra sospesa nel vuoto, per trasportare e vendere qualche merce di contrabbando. Il ponte è saltato per la guerra e quello rappresenta l'unico passaggio, tra mine e cavalli di frisia.
Se eccettuiamo questo angusto e scosceso passaggio, il villaggio, in cui convivono cristiani e musulmani, è quasi totalmente avulso dal resto del paese e del mondo; le notizie che arrivano dai pochi media disponibili (una radio, una tv scassata, qualche giornale...) parlano di catastrofi, distruzioni, guerre fratricide e comprometterebbero la pace, già così fragile, tra gli abitanti.
Meglio non saperle, o meglio, non farle sapere ai maschi, sempre pronti a morire e ad uccidersi.

Ecco: sarà per il digiuno di tre giorni a cui mi sono sottoposto in questi ultimi giorni, sarà per le notizie che continuano ad arrivare, sarà per il piccolo ma persistente dolore che sento fra appendice e colon, sarà perchè fuori fa un pò più freddo del solito, ma sento che ora posso tenere col mondo solo un rapporto peninsulare, non di più.
Uno stretto canale di passaggio, in cui non possano passare grandi mezzi, in cui non possano sostare grandi gruppi di persone. Un piccolo contatto, una fessura visiva, una soglia socchiusa.
Animato da un leggero senso di distacco e di stanchezza, di sottile malinconia, di prudente attesa.
E' veramente impossibile sapere quel che sta per accadere.
Ma qualcosa sta per accadere.

Ieri, nonostante tutto, sono andato a vedere il Cagliari allo stadio.
La partita è iniziata con mezz'ora di ritardo perchè gli operai dell'Alcoa hanno bloccato le squadre negli alberghi, per ottenere una visibilità almeno minimamente paragonabile a quella di una partita di calcio (visto che sulle differenze di stipendio, tra cassintegrati e giocatori, non si possono neppure tentare confronti...).
Lo stadio era per metà inagibile e la società ci ha concentrati tutti in tribuna, senza alcuna indicazione su quali posti occupare. Sono arrivati vari abbonati di tribuna che volevano sedersi al loro posto, ma quelli di curva sud protestavano prima di cambiare il posto su cui si erano già seduti. Alcuni non si alzavano proprio, non riconoscendo i diritti acquisiti dagli altri abbonati, e rimandando al mittente le loro rimostranze. 'Prendetevela con il Cagliari Calcio! Siamo abbonati anche noi...! ', era la frase che girava in tribuna. Altri cedevano, si alzavano o cercavano altrove.
Una giungla, che invita alla prepotenza o alla passività, che prelude all'adattamento o alla rissa.
Una metafora, in piccolo, di quel che sta iniziando ad accadere (sulle strade, nei luoghi di lavoro, in piazza...) e dei modi in cui siamo-saremo capaci di affrontarlo.

domenica 22 gennaio 2012

verso un'ecologia dei forconi

Mentre il Monti e la Passera continuano a praticare il loro mestiere di banchieri e illusionisti senza troppa inventiva, una novità si staglia nel panorama politico e sociale del nostro paese: il movimento dei forconi.
Una gran massa di persone, che mescola bellamente tre simboli e tre fasi storiche (quella dei forconi, quella dei Tir, quella di Facebook), si è decisa a non attendere più e si è messa ad incasinare le strade, i trasporti, la consegna delle merci, i fiumi di petrolio.
La Confindustria li accusa di connivenze mafiose, il sindacato li scomunica come eretici.
Ma quel che prosegue ad emergere è un vero e proprio strappo tra varie parti sociali e chi sinora li ha rappresentati (organizzazione di categoria, partiti, istituzioni intermedie: che ormai possono solo 'perdere potere, lamentarsi e stare al gioco').
Magari non condivido nulla dei contenuti delle loro proteste 'corporative': bisognerebbe considerarle una ad una e forse neppure così sarebbe possibile capire chi ha torto e chi ragione e se torto e ragione esistono ancora...
Ma trovo interessante il metodo: dell'azione diretta, della messa in gioco senza mediazioni, attraverso pratiche di boicottaggio capaci di mettere in ginocchio un'isola intera per giorni e giorni e rivelando la totale fragilità e vulnerabilità dei nostri sistemi di vita.

Sarebbe interessante se tutto questo sfuggisse finalmente dai grandi contenitori tradizionali, sindacali e di rappresentanza, e sfociasse in tutta la sua irruenza, rendendo ingovernabile il paese.
Lo sapete: se devo scegliere tra catastrofe della 'democrazia' e Democrazia Cristiana, ho le idee chiare da qualche tempo...
Costi quel che costi, anche a me.
L'Italia non è la Grecia, si dice.
Vediamo che fine farà Papademos, quando il fallimento sarà finalmente dichiarato, nonostante i sacrifici e le manovre succhiasangue. E quando sarà chiaro a tutti che la 'guerra in corso' (come l'ha definita anche Camilleri sul Sole 24 ore qualche giorno fa) non si combatte - almeno qui da noi, e per ora...- con bombardieri e mitra, ma a colpi di spread, declassamenti e privatizzazioni.
E che questa guerra ci vede come vittime designate, senza colpo ferire.
I capi e i ricchi, quasi tutti, proveranno a scappare, al momento giusto, come Luigi ed Antonietta da Versailles o Victor Cavallo, Tre-Monti d'Argentina...

Sempre che, dopo i forconi, non arrivino le forche...
Perchè la strada che stiamo prendendo conduce lì, purtroppo: ad un aumento esponenziale della violenza manifesta che andrà ad aggiungersi e a contrapporsi, in un'escalation senza uscita, a quella coperta, in stile british, inappuntabile ed ironica, di Monti e Draghi.
Questo è quel che si prepara, inutile negarlo.
E' un futuro già scritto.
Salvo miracoli (e forconi), ovviamente.
Perchè 'può anche darsi che gli uomini siano agli estremi, ma alla fine tocca a noi decidere quando è l'ora di chiudere bottega!' (G.Grass, La ratta).

giovedì 19 gennaio 2012

vergogna!

Volevo farla finita: è questa la verità? Sì. No. Sì-No.
Esiste questa parola, ma non è mai stata ammessa nei dizionari. Sì-No: ogni donna sa cosa significa poichè essa sconcerta sempre gli uomini.
-Lo farà ? - ha domandato Verceuil, con i suoi occhi di uomo scintillanti.
-Sì-no - avrei dovuto rispondere.

Sono così combattuta!
Un momento, penso: sbrigati e falla finita, metti fine a questa vita inutile.
Un minuto dopo penso: ma perchè devo prendere la colpa sulle mie spalle ? Perchè ci si aspetta che io mi innalzi al di sopra dei tempi ? E' mia la colpa per questo tempo di vergogna ? Perchè dovrebbe essere affidato a me il compito di tirarmi fuori senza alcun aiuto da questo abisso di vergogna ?
Io voglio scatenarmi contro coloro che hanno dato vita a questo tempo.
Voglio denunciarli per avermi rovinato la vita proprio come uno scarafaggio o un ratto rovinano il cibo senza neppure mangiarlo, semplicemente camminandoci sopra, annusandolo, cacandoci sopra.
E' infantile, lo so, puntare il dito e accusare gli altri.
Ma perchè dovrei accettare l'idea che la mia vita sarebbe stata priva di valore indipendentemente da chi detiene il potere in questo paese ? Il potere, dopo tutto, è potere. Invade. E' la sua natura. Invade la nostra vita.

Ebbene, è vero, mi sono indignata in passato, immaginavo che non avrebbe potuto verificarsi di peggio, ma poi il peggio è arrivato, puntualmente, e io sono andata avanti, almeno in apparenza. Ecco il problema! Per non restare paralizzata dalla vergogna ho passato la vita ad andare avanti, sopportando il peggio. Quel che non posso più sopportare ora è proprio quell' ' andare avanti'.
Se vado avanti anche questa volta non avrò mai più un'altra occasione per non farlo. Se voglio guadagnarmi la resurrezione questa volta non posso 'andare avanti'...

(parla la signora Curren, in 'Età di ferro' di J.M.Coetzee, 1990)

martedì 17 gennaio 2012

fare i conti col passato

18 settembre 1985

un giorno come tanti, in fondo...
eppure, oggi è avvenuto un fatto importante per me: mi sono licenziato.
di questi tempi può apparire una scelta pazza e incosciente: ho un pò di paura, l'ammetto, ma mi sento finalmente libero di saltare oltre la cattedra, di abbracciare i ragazzi, di provare a inventare altre storie...
la scuola è allo sbando ed io potevo scegliere di barcamenarmici dentro, senza più convinzione alcuna e senza speranze, soltanto perchè  'è un lavoro'. Ma stamattina, nel vedere questo ennesimo primo giorno di banchi e circolari e regolamenti, ho sentito che dovevo lasciare.
che in questo momento, per me, era la cosa più dignitosa e più vera.
e che il rischio futuro valeva la candela.

voglio provare a lavorare, vivere, pensare diversamente.
voglio darmi più tempo per studiare, leggere, scrivere, viaggiare, conoscere le infinite vaietà del mondo. senza troppi patemi, spero, nè tempi eccessivamente forzati.
meglio ridurre i bisogni e i consumi che continuare a regalare troppe energie al moloch-denaro che ci avvolge e, qualche volta, ci toglie il respiro...

un abbraccio
enrico

Questa lettera agli amici, scritta (con il mio primo computer, un Compaq 386 di seconda mano) quando mi sono licenziato dal Liceo Linguistico Segni, mi riporta alla terza grande svolta della mia vita.
Secondo la mia ricostruzione attuale, la prima è il trasloco da Carbonia a Cagliari (1976) e la seconda è Comiso (1982). E questa lettera si riallaccia molto bene alla svolta in corso dal 2008 (che è la quinta, considerando Genova (2001) come quarta).
Svolta che posso chiamare 'della Catastrofe' e che inizia a delinearsi con il suicidio di mia sorella (2006) e 'Casca il mondo!' (2007).

Ieri è stata una giornata in cui ho dovuto-potuto-voluto-saputo fare i conti col passato.
Dopo quasi quarant'anni, mi ha telefonato per un aperitivo la mia compagna di banco delle scuole medie, Graziella. Ovviamente, non ci siamo riconosciuti, di primo acchito.
Me la ricordavo alta, magra e crespa, l'ho ritrovata bassa, grassa e liscia.
E provo ad immaginare cos'abbia provato lei a cercare di rivedere in me l'Enrico di ieri.
Ma poi, a pranzo, ci siamo messi a parlare e a ricordare, come quando stavamo in 2.a B, dietro a Carla e Lorena e davanti a Salvatore e Antonio. Mi sono tornati in mente i visi dei compagni, mentre Graziella (che ancora vive a Serbariu, dove abbiamo fatto insieme anche le elementari), mi raccontava di che vita hanno fatto, di lavoro, e figli, e malattie...

Quando mi ha chiamato, stavo usando il trapano per installare delle scaffalature nel ripostiglio: la carta è troppa in casa e, per quanto me ne liberi, mi sta soffocando.
Ho rivisto cartelle e documentazioni del passato, le lastre che precedettero di poco la morte di mia madre, lettere di mia sorella, scritti giovanili, regali di ex fidanzate (pensare che si aggiravano per casa, solo pochi anni fa...!): archivi sepolti da tempo, distanti ma ancora pulsanti, in un modo che non sempre però riesco a ritrovare.
Ho preso tutto e l'ho trasferito sul mitico 'scaffale svedese', quasi unico mobile della nostra casa durante l'infanzia, su cui stavano i primi libri che ho letto nella mia vita.
E ho ritrovato anche un diario di mia madre, relativo ad anni precedenti a quello in cui sono nato.
E mi ha attratto a sè, per buona parte del pomeriggio.
Questa donna, prima di me: quanta malinconia, insoddisfazione, paura di vivere e di godere, inquietudine, speranza ed illusione...Da lì, da lei, sono nato.
Impressionante.

E poi ho dovuto, ancora una volta, provare a spiegare ad un amico che soffre, perchè mi sono allontanato anche da lui, come da tanti altri, proprio da quelli che rappresentano più intensamente il mio antico o recente passato. Da qualche tempo, forse sbaglio, ma sento che -se voglio provare a cambiare vita- devo liberarmi di quel che sono stato, dei miei ruoli, dei miei rapporti precedenti e delle loro forme.
Non è facile, neppure da dire, e -certo- da far accettare.
Voglio sentire cosa resta di me, senza quello che sono stato.
Voglio sentirmi come se fossi da solo, fare il vuoto.
So che non è così, e che non è possibile farlo davvero, totalmente.
Ma, dentro questa solitudine, capisco, forse, pian piano, chi e che cosa vorrò ancora incontrare, nuovo o vecchio, di nuovo e ancora una volta.
Tento di 'fare pulizia', fuori e dentro di me (sempre che esistano un fuori e un dentro), a costo che essa appaia come un 'far terra bruciata'.
Il rischio c'è, anche per me e per i miei rapporti, lo so, e lo vedo.
Forse alcuni li perderò per sempre.
Ma resto aperto al futuro.
Spero lo saranno anche gli altri, quelli che ho chiamato e che mi hanno chiamato 'amico'.
E se non sarà così, così doveva andare...

Un abbraccio
enrico

si salvì chi può...!

Perché da sempre l’attesa è il destino

di chi osserva il mondo

con la curiosa sensazione

di aver toccato il fondo.

Senza sapere

se sarà il momento

della sua fine

o di un neo-rinascimento.

E l’uomo qualunquista

guarda anche lui il presente

un po’ stupito

di non aver capito niente.

L’attesa è il risultato, il retroscena

di questa nostra vita troppo piena.

è un andar via di cose dove al loro posto

c’è rimasto il vuoto.

Un senso quieto e religioso

in cui ti viene da pensare

e lo confesso ci ho pensato anch’io

al gusto della morte e dell’oblio.

No, non muovetevi

c’è un’aria stranamente tesa

e un gran bisogno di silenzio

siamo tutti in attesa.

(G. Gaber)


I Tg respirano se lo spread scende o se le borse salgono per un giorno, ci propinano notizie consolatorie ed allarmistiche, in dosata e non casuale alternanza, tanto per tenerci in confusione ancor più di quel che non siamo già. Così, ogni giorno, non sappiamo come regolarci sul da farsi, e stiamo come in attesa che qualcuno ce lo dica. Ma non accadrà, se non quando sarà troppo tardi.
Come il comandante Schettino che se ne stava al telefono, forse ubriaco o drogato, o forse solo incapace di gestire una situazione di stress, incompetente ma tronfio di sè sino a qualche ora prima del disastro, e forse ancora pure mentre accadeva...! E che è scappato dalla nave ben prima dei naufraghi...!
Meno male che una parte dell'equipaggio si è ammutinato ed ha iniziato ad agire, nonostante le sue bugie e sottovalutazioni. Che cosa aspettiamo, noi, ad ammutinarci ?
Quei pochi indignados bastonati, perlopiù stranieri, che si agitavano un pò pateticamente a San Pietro o al Colosseo nei giorni scorsi è il massimo che possiamo proporre al mondo ?
Oppure gli ancora più patetici presìdi operai davanti alle fabbriche a tentare di riacchiappare sindacalisti in fuga ed un lavoro che non c'è ?

Ora Monti ci propone di non divinizzare lo spread, Draghi di non dare tutto questo peso (cioè quello che gli ha dato lui sinora) alle agenzie di rating. Come se avessimo deciso noi di parlare di borsa o di finanza ogni mattina da colazione a cena, o avessimo creato noi le rendite e le agenzie finanziarie !
E come mai dobbiamo dare credito alle triple A, quando ce le davano, ed ora dobbiamo rifiutarci di credere alle BBB + ? Però lo stesso Draghi ammette: la situazione è gravissima e peggiora sempre di più.
Gente senza ritegno, veramente. E ci governano...
Insieme ai tre porcellin (Bersàn, Alfàn e Casìn), che -dopo le 'cene di Arcore'- inaugurano la nuova prassi dei 'pranzi da Monti'. La rinnovata Trinità dei Monti, verrebbe da chiamarla.
Promettono unità, voto comune e sostegno in Parlamento anche verso la 'fase due', e vanno a ricostituire di fatto 'il grande centro' (per poi riproporci, quando arriveranno le elezioni, il bipolarismo! Veramente dei geni del trasformismo...). E gran parte della gente andrà anche a votarli...con la stessa legge elettorale, per giunta.
E' anche vero che l'astensionismo oggi è salito oltre il 30% e, con bianche e indecisi, siamo quasi al 50% dell'elettorato.
E' anche vero che le serrate di taxisti e benzinai avanzano a piè sospinto, e credo che anche farmacisti, notai, commercianti, gioiellieri, avvocati ( e alcuni di loro continuano a dichiarare metà del mio reddito!) non staranno lì a guardare mentre cercano di smontargli il giocattolo...
Dietro la retorica dell'unità nazionale e della solidarietà sociale, ognuno proseguirà a difendere solo i suoi interessi di parte e a fare i cazzi suoi, come accade da un pò.
Quindi, staremo a vedere quel che sta per accadere. Sinceramente, la vedo male, per noi, ma anche per la Trinità.

Per questo sistema non c'è più niente da fare.
Parassitiamolo sino all'ultimo, per riprenderci almeno in parte quel gli abbiamo dato o ci ha tolto (studi, volontariato, lavoro mal retribuito, tasse, progetti, ideali...), almeno sino a quando dovremo finire di pagare il mutuo o tenere in vita dei figli.
Ma, intanto, ritiriamo la collaborazione, ammutiniamoci, facciamo saltare il banco.
Senza chiasso, silenziosamente, assentandoci.
Ed iniziando ad autogestirci, da soli o insieme a chi ci sta, senza più attendere ed attenderci nulla da chi ci sta sopra (a lavoro, al governo, nell'informazione...).
Andiamo a vivere in campagna, insomma ? 
Non so, non necessariamente, ma cambiamo vita.













sabato 14 gennaio 2012

venerdì 13

Cosa è accaduto ieri, venerdì 13 ?
L'Europa economica affonda (quella politica chissà dov'è andata a finire, o non è mai esistita...)
Declassate la Francia e l'Italia, che va in serie BBB + (una sorta di 5+ delle scuole elementari ?).
E, come nel film 2012, il nostro capo del governo, tra un taxista e l'altro, va a pregare dal Papa.
Extra ecclesia nulla salus!
Altro passo nell'abisso.

Alla fine la sera occidentale era arrivata, ma gradualmente, e noi non ce n'eravamo nemmeno accorti...Allora, semplicemente, ci siamo voltati indietro e abbiamo scoperto che ci trovavamo già a valle del punto di rottura. La catastrofe era stata a lungo un evento che andava compiendosi, ma noi non avevamo avuto occhi per vederla né orecchie per udirla: era sta una catastrofe al rallentatore. E così, in calce a tutto il resto, dovemmo scoprire che l'apocalisse aveva fatto ben poco rumore...Sì, certo, si tratta di un calice amaro, e si fatica a berlo. Perfino quei pochi tra noi che ancora oggi si sforzano di ricordare, perfino loro spesso si consolano imputando tutto all'Onda e all'invasione esterna...Eppure la verità, lo sappiamo tutti, è un'altra: no, non c'è stata nessuna irruzione, nessuna brusca interruzione, ma un processo peggiorativo costante, come in una di quelle malattie degenerative che un tempo abbiamo avuto l'ambizione di curare. Ogni tanto paiono fermarsi, rimangono in sonno per sei mesi, un anno, a volte dieci. Poi improvvisamente fanno un balzo...' (Antonio Scurati, La seconda mezzanotte, pp.11-16)

Un gigante del mare si è sciolto come una barchetta di carta.
Un errore di rotta, nel buio, tra Civitavecchia e il Giglio: è bastato uno scoglio per provocare uno squarcio di 70 metri.
La grande nave si è inclinata e non inabissata solo perchè il fondale era troppo basso.
Ma è perduta.
Si chiamava Concordia (ironia della sorte) e trasportava quasi 5000 persone: lo spot della Costa crociere ce le mostra(va) piangenti a ricordare, in ufficio o in città, quel che godevano là sopra: saune, piscine, pasti luculliani, tutto (quasi) a basso costo.
E luoghi da sogno, attraversati di corsa, piccoli fiordi violentati, le sensibili lagune veneziane invase da orde di giapponesi e spagnoli...O il mio stesso quartiere, qui al porto.
E loro lì, spocchiose, enormi, inaffondabili: come grattacieli in orizzontale, torri gemelle del mare.
Era come essere sul Titanic, hanno detti i superstiti: non ci dicevano nulla, anche dopo l'urto.
La nave si inclinava e ci dicevano che non stava accadendo nulla, di stare tranquilli...
Sì, continuiamo a stare tranquilli (e a fare crociere), mentre ci conducono al macello.


UNA DONNA SULLA TORRE

Mi trovavo sulla seconda torre quando ho sentito un tremendo boato.

Ho visto la prima gemella colpita infiammarsi ed esplodere.

Cosa ho provato ? All’inizio, incredulità.

Non volevo, non potevo credere ai miei stessi occhi. No, non era possibile.

Mi sono chiesta chi, quale idiota potesse aver fatto un errore simile.

No, non ho pensato, non ho capito subito che si trattava di un attentato.

Ho perso tempo nel fare ipotesi, scambiare battute con i colleghi, tentare di telefonare ad un’amica che stava là dentro.

Senza risposta. Allora ho iniziato a vedere, ad accettare quel che vedevo.

Ho provato paura, terrore. E panico: mi sono paralizzata.

Accasciata sulla scrivania, ho cercato disperatamente di richiamare i miei figli, senza risultato.

Ho cominciato ad urlare fuori dal mio ufficio, ma tutti mi guardavano come se fossi una pazza.

Proseguivano a lavorare, a seguire il computer e l’andamento delle borse, a spedire e ricevere e-mail, come se niente fosse.

I servizi di sicurezza, ed alcuni colleghi, mi hanno circondato ed invitato a calmarmi, con parole suadenti, riportandomi dentro la stanza.

‘Sta tranquilla, non accadrà nulla, fidati di noi - continuavamo a ripetermi -.

Vedi: stanno già salendo pompieri, vigili, poliziotti. Ora capiremo, risolveranno tutto.

Sanno fare il loro lavoro, sono esperti: ci salveranno...’.

Hanno acceso la TV davanti a me, mi hanno fatto un’iniezione, riuscendo a sedarmi.

Quando il secondo aereo ha colpito, proprio all’altezza del mio ufficio, non mi sono neppure accorta di essere morta.

Non so, non ho potuto vedere i pompieri, gli agenti della sicurezza sepolti dal crollo, poco dopo di me.

Non ho visto l’altro aereo squartare il corpo del Pentagono.

Voi, l’umanità, siete ora al mio posto, siete me.

Siete sulla torre, tra il primo e il secondo attacco.

Avete una prima possibilità:

Stare a guardare, e a non vedere.

Proseguire a fare ‘le persone serie’, ad eseguire ‘il vostro lavoro’, ad essere ‘normali’.

Ad affidarvi, a delegare. A non agire.

A stordirvi di distrazioni, di parole, di immagini.

A fingere, ad essere complici, a non mostrare di avere paura.

Ad essere ormai così civili e responsabili da non sentirla proprio più.

A morire e a far morire.

Ad annientare e ad uccidere.

Oppure ?

(da Casca il mondo!, 2007)

PS: A PROPOSITO DI DONNE, TRA I MIEI LETTORI ABITUALI, CHE RICONOSCO TUTTI, CE N'E' UNO, ANZI UNA, CHE NON SO CHI SIA: VENERE DI RIMMEL, RIVELATI...(SE PUOI) !

into the wild

Sveglia alle 8, autobus per Settimo, Gigi che viene alla fermata, 3 km di stradina e si arriva a Su Cungiareddu!
Località Is Landireddus (le piccole querce), tutto piccolo insomma!, costeggiato da S'Arriu (il torrente che poi va anche verso il paese... (e che di nome fa Rio Cungiaus, qualcosa che sa di racchiuso, come di pecore raccolte in un ovile...)..
Ed anche il mio piccolo terreno, circondato dal rio, è raccolto e circondato dalle colline e dalla pineta.
La vigna, già vecchia trent'anni fa (mi ricordo che avevamo raccolto gli ultimi grappoli spontanei, di uva bianca e dolce, con mia madre...), non c'è più.
Sono rimasti alcuni olivi ed olivastri, un mandorlo, due fichi, sterpaglia e asfodeli.
Terra rossa, erba e muschio, fichi d'india ormai fucsia, occhieggianti al bordo.
Bellissimo!
Ci siamo avvicinati al piccolo terreno di Gigi, a ridosso del mio: Ugo e Luisa hanno venduto fa tempo, lui ha tenuto questa parte, anche se è raro che ci venga.
Prendiamo la stradina, poi, in leggera salita verso S'Acqua 'e is Dolus (l'acqua dei dolori): qui si trova una domus de jana perfettamente conservata, a due vani: l'acqua risale dall'interno, un'acqua sacra, talmente antica che ancora preserva le larve delle zanzare anofele (prima del DDT, insomma...).
Qui si praticava un culto dell'acqua, acquisito poi dal rito cristiano: dalla chiesetta di San Pietro, arriva sin qui una processione per raccogliere le acque, il giorno della festa patronale (29 giugno).
Da qui, un panorama della piana, verso Cagliari, con la Sella del Diavolo in lontananza...

Sì, la cosa si può fare.
Lavorarci un pò su, ripulire la terra, metterci una casetta di legno, magari con un pannello solare (l'area è ben soleggiata). Tutto il più semplicemente possibile, con l'aiuto di amici, se ci saranno...
Un bel posto per...la vecchiaia!
A questo proposito, mi sento alla moda leggendo Repubblica di oggi: '...fa una certa impressione sapere che qualche migliaio di giovani inglesi sotto i 25 anni, intervistati dall'istituto di statistica e dal ministero del Lavoro britannico, ritenga che la vecchiaia inizi a 54 anni, e che la giovinezza finisca a 32, come riportava ieri, ampiamente, il "Daily mail". Un bel capitombolo all'indietro, se si pensa, come sottolinea Niccolò Marchionni, ordinario di Geriatria all'università di Firenze, "che l'inizio della terza età viene ancora convenzionalmente fissato a 65 anni, ma in realtà oggi si diventa vecchi in quel decennio che precede, in media, la fine della vita, è cioè oltre i 75 anni...'
In ogni caso, mi preparo...

'Grazie per questo...ritorno al futuro!, ho scritto in una dedica sul libro di Nuraxia, che ho regalato a Gigi (appassionato di archeologia).
E ritorno alla natura, anche e soprattutto, spero...
Avevo sulla tavola tre pezzi di calcare, ma fui atterrito quando scoprii che dovevo spolverarli ogni giorno, mentre il mobile della mia mente era coperto di polvere, e così li gettai dalla finestra pieno di disgusto. Come avrei potuto, dunque, avere una casa ammobiliata ? Preferirei sedermi all'aria aperta, perchè sull'erba non si posa polvere, tranne dove l'uomo ha arato...La vera semplicità e nudità della vita nelle età primitive implicavano per lo meno questo vantaggio: lasciavano l'uomo ospite della natura. Quando si era ristorato con cibo e sonno, egli meditava nuovamente il suo viaggio. Dimorava, per così dire, sotto una tenda in questo mondo, e varcava le valli, o attraversava le pianure o saliva sulle sommità dei monti... (Walden)

Vi inviterò, pian piano, a questa nuova avventura...

giovedì 12 gennaio 2012

che nottola quella nottola!

Mio cognato mi chiama gufo, perchè continuo a parlare di catastrofe.
Sì, non lo posso negare, la questione mi ossessiona.
Ma più che gufo, mi sento civetta.
D'altronde 'eule' in tedesco vuol dire proprio questo, civetta.
Come si sa, però, la nottola di Minerva arriva sempre tardi, sempre dopo, che le cose avvengano.
Nel mio caso, sarà forse una civetta eretica, che vuol essere pro-feta ?
La precocità mi attanaglia da sempre: da bambino stavo a parlare con gli adulti, ora che sono adulto mi apposto a leggere, al sole della Darsena, insieme alle badanti ucraine...

Sento i cambiamenti, e mi preparo.
Forse mi illudo, ma mi sembra che la pedagogia delle catastrofi inizi a funzionare per tutti.
Quali movimenti e quante manifestazioni sarebbero stati capaci in così poco tempo di ottenere risultati quali: la riduzione delle spese militari, la lotta all'evasione fiscale, la chiusura di fabbriche inquinanti, il crollo delle vendite automobilistiche, la tassazione delle transazioni finanziarie ?
Si inizia, pur costretti e solo se costretti, a ragionare, vedo...
Magari è poco ed è tardi, ma...sta accadendo.

Leggo un articolo di Diamanti, sul sito di Repubblica di oggi:
È dunque difficile capire quel che succede nella politica senza tenere conto della vita quotidiana, del senso comune, del territorio. Senza esplorare in profondità i luoghi dove i partiti, le istituzioni, la democrazia trovano le basi della loro legittimazione e del loro consenso. Assecondando la convinzione - superstizione? - che la comunicazione mediatica e in particolare la televisione risolvano tutto. Che i media, gli attori politici, in tempi di campagna permanente, possano manipolare ad arte e a loro piacimento il "consenso" dei cittadini. Al più, possono contribuire a cogliere e a plasmare il "senso comune", come suggerisce la teoria della "spirale del silenzio" di Elisabeth Noelle-Neumann. Secondo cui gli individui cercano approvazione e conferma da parte degli altri, nei loro luoghi di vita. In quanto temono, soprattutto, di essere stigmatizzati se si pongono in contrasto con le opinioni che ritengono prevalenti. Per usare una categoria già richiamata in precedenza (e formulata proprio dalla Noelle-Neumann), esiste un esteso conformismo sociale, condizionato dal "clima d'opinione" dominante, che induce al silenzio coloro che si percepiscano minoranza. Ciò riguarda soprattutto (ma non solo) gli elettori "marginali", definiti così perché stanno ai margini della scena politica e non hanno convinzioni forti. Temono, tuttavia, di sentirsi isolati e "perdenti" e, per questo, cercano di cogliere il pensiero della maggioranza.

Dispongono, a questo fine, di una "competenza quasi- statistica" (come la chiama ancora la Noelle-Neumann) che esercitano nel rapporto con l'ambiente sociale ma, soprattutto, attraverso l'esposizione ai media. I quali diventano doppiamente influenti nel formare il "clima d'opinione". Da una parte, perché gli individui-spettatori attingono da essi informazioni e giudizi che vengono poi dati per scontati, diventano "reali" proprio perché legittimati dai media. Dall'altra parte, perché i media (soprattutto la televisione) condizionano le opinioni dell'ambiente sociale, dei gruppi e delle reti di relazioni in cui gli individui sono inseriti. E a cui gli individui chiedono conferma e rassicurazione. Da ciò il "silenzio" di quanti, per non sentirsi esclusi, preferiscono non sfidare il "senso comune".

In fondo, qualcosa di simile l'aveva (de) scritto, qualche tempo fa, Antonio Gramsci. Il quale distingueva tra "buon senso" e "senso comune". E citava, a questo fine, Alessandro Manzoni. Il quale nei Promessi sposi annotava che al tempo della peste "c'era pur qualcuno che non credeva agli untori, ma non poteva sostenere la sua opinione, contro l'opinione volgare diffusa". Perché, aggiungeva Manzoni, "il buon senso c'era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune". Un ragionamento che, senza voler apparire irriguardosi, potremmo applicare anche a noi stessi. Alla comunità scientifica di cui facciamo parte. Il "buon senso", cioè, ci spingerebbe a interrogarci maggiormente su quel che avviene a livello locale e micro-sociale, nella sfera personale e interpersonale. A esplorare altre teorie e altri orientamenti metodologici. Ma il "senso comune" della comunità scientifica e degli specialisti, che con Kuhn potremmo definire "paradigma dominante" (in tempi di "scienza normale"), ci induce a far finta di nulla. A negare la realtà per non cambiare gli occhiali con cui la osserviamo. Dall'alto e di lontano.


Sento, come quasi ogni mattina, le orribili vuvuzelas che sbraitano ossessivamente la loro disperata protesta davanti alla Regione.
Come è bella la città, come è allegra la città, come è viva la città...
Io, intanto, come Cincinnato, sabato mattina torno in campagna.

 

martedì 10 gennaio 2012

R.I.P. / RESA

R.I.P.

Perchè sei in lacrime, Patroclo, come una ragazzetta?
O tu solo hai udito qualche nuova da Ftia?
Dicono che Menezio Actoriade vive ancora,
E che vive Peleo Eaciade, tra i Mirmidoni.
Fosse morto l'uno o l'altro dei due, allora
grandemente dovremmo essere afflitti...

In memoria di Francesco Tullio, amico morto il giorno del mio compleanno, di cancro, a 59 anni.
Mi sentivo vicino alle sue nevrosi e alle sue inquietudini, e alla sua genialità e coraggio, da sempre.
E lo sfuggivo, come si sfugge un sosia, per le sue esagerazioni, esibizioni, paranoie, depressioni.
E lo invidiavo ( e mi invidiava) per le storie con le donne, sulle quali -giocosamente- si competeva (quando l'età e la bellezza ce lo concedevano ancora...).
Però voglio pensarlo ancora dietro al motore...
Sì, lo ricordo ancora su una macchina scoperta, vestito da generale tedesco, improvvisare un comizio satirico, durante la mia prima marcia antimilitarista internazionale (ed il mio primo viaggio all'estero), in Olanda, nell'estate 1981.
Lui aveva trent'anni ed era nel fiore della sua vita, al centro della leadership in quei movimenti a cui aspiravo, poco più che ragazzo. E lo guardavo dal basso, sperando un giorno di essere come lui.
Poi la vita ci ha portato altrove, ci ha allontanato e riavvicinato, a caso.
Lui ha creduto in illusioni, come me, sino all'ultimo: il pacifismo dei militari, addirittura!
(d'altra parte, io ho creduto al pacifismo dei comunisti, dei verdi, dei rifondaroli...e dei pacifisti...!).
Riposa in pace, se ce la fai, almeno lì, caro Francè...


RESA

Quando vedo tutta l'agitazione di Monti e dei sui ministri, come nei giochi da bambino, mi viene da dir loro: ti arrendi ?
Quando li vedo, mi viene alla mente quella battuta: troppi sono pronti a portare lo sgabello quando occorre spostare il pianoforte.
Ma no, non si arrendono. Mi arrendo io, vabbè...


RIP/RESA

Eppure, in questa mia resa apparente al mondo, si approssimano -lo sento- nuovi passaggi, piccole svolte.
Fatte salve catastrofi e disperazioni sul fronte esterno-mondo, e persistendo una forte abulia relazionale sul fronte interno-anima, credo che cambierò -dopo vari mesi- il brano che sta a suggello della mia casella email (quella che si chiama eulibaba).
Passerò a questa:
Solo quando ci siamo perduti, solo quando abbiamo perduto il mondo, cominciamo a trovare noi stessi e a capire dove siamo, e l'infinita ampiezza delle nostre relazioni. (H.D.Thoreau, Walden)

domenica 8 gennaio 2012

il più bel regalo

Il 6 gennaio ho compiuto 51 anni.
Non una cifra tonda e importante come i 50 dell'anno scorso, è vero.
Ma ho sempre amato più i dispari che i pari, e il numero 1 più di altri...
Ho fatto una festicciola, con amici e nipoti, a casa di persone generose, semplici e affettuose.
Ho ricevuto telefonate, mail ed sms di auguri: tanti, quanto basta.
Sono stato al luna park e mi sono chiesto più volte se davvero non avevo voglia di risalire sui dischi volanti con mio nipotino, dopo quarant'anni.
Ho ricevuto alcuni regali, niente male.
Lassù (quaggiù), nonostante tutto (e me, e la mia crescente, senile e dispettosamente giovane, permalosa quasi, misantropia), qualcuno mi ama.
(Non mi smentisco, con una battuta: da morto, ne sono sicuro, sarò amatissimo!).
Ma il regalo più bello è stata questa mail di S.
mio caro
è con un po' di rammarico che ti faccio gli auguri con una giornata di ritardo (tecnicamente due ma dovendo ancora coricarmi mi considero ben dentro al 7 gennaio)... mi dispiaccio sempre un poco quando dimentico il compleanno delle persone a cui più tengo. anche se loro danno un peso relativo a questa ricorrenza.
ma la sostanza è il tuo ultimo scritto. non posso nasconderti che quella punta di "ispirazione" mi abbia dato davvero piacere. vedere quel terreno e immaginarti a pensare di costruirci un qualcosa sopra mi è sembrato un segnale piacevole. sai enrico? leggo quello che scrivi, così come ti ascolto quando ci vediamo sempre con un sentimento fatto di molte valenze: che corrono dall'ammirazione per la chiarezza con cui distingui quello che sta succedendo; al senso di colpa perché mi sento complice di quel tradimento di cui parlavi un paio di giorni fa; al desiderio di muovere delle cose nel mio piccolo; alla sensazione che occorre trovare il modo di muoverle nel grande; alla apatia del non avere voglia di capire perché troppo triste e avvilente e sofferto; al timore infinito del mondo che aspetta quei miei due stupendi figli. poi c'è anche quello che provo per te: ti voglio così bene e mi chiedo come si faccia a resistere con tanta consapevolezza del lato oscuro - concedimi questa dotta citazione da guerre stellari - e mi dico che io non riuscirei e che forse è questo il motivo per cui io sono qui a fare quello che faccio e tu lì. però leggere oggi di quel terreno mi ha fatto sorridere e sentirti più vicino, essere un pelo appena meno preoccupato. mi hai fatto venire voglia di darti una mano con qualche pezzo da tirare su.
intanto un grande abbraccio, davvero un grande abbraccio
s.

So che molti amici e conoscenti, a vedermi per come sto ora, e a leggere il mio blog, vivono sentimenti simili verso di me e verso se stessi. Non importa che me lo diciate, lo sento.
Posso solo dirvi: non preoccupatevi troppo per me, mi sto allenando al futuro, e so di (non) essere solo.
Credo che festeggerò altri compleanni e vedrò altre lune.
Che invecchierò (e non poco, e a lungo; lo credo da sempre, non chiedetemi perchè...)
Per cui  -ad ancor maggior ragione ed anche per loro - : grazie, amico.

sabato 7 gennaio 2012

il giovane walden

Stanotte sono rimasto sveglio per un pò, sia perchè avevo appena spento la luce dopo aver finito di leggere 'Votare Robinson per un mondo migliore' di Donald Antrim (un libro perverso e geniale, che tiene svegli...!), sia perchè mi è tornato alla mente un piccolo terreno, sotto la pineta di Sinnai, che ho comprato -insieme alla bici- con i guadagni delle mie ripetizioni di greco e latino, nel lontano 1980.
Allora frequentavo Ugo Dessy, un maestro anarchico, scrittore e mentore della mia giovinezza.
Avevamo comprato insieme dei terreni, lui grandicello ed io molto piccolo, un 'cungiareddu' di un'ara (1000 metri quadri). L'avevo pagato 1.000.000 di lire di allora.
Sul mio c'era una vecchia vigna bassa, qualche pesco e mandorlo, un grande ulivo, un ruscelletto secco a confine. Un bel posticino, in cui sognavo allora di fare il filosofo contadino, libero e libertario.
Ci sono andato spesso, con loro, per due anni.
Poi, per vari motivi, abbiamo smesso di frequentarci e non ci sono più stato.
Non so neppure che fine abbia fatto, se l'abbiano curato loro, se esista ancora qualcosa di quel che ricordo. So che Ugo è morto, poco tempo fa.
Insomma, mi è tornata voglia di vederlo, anche se non saprei neanche più come arrivarci.
E il pensiero mi teneva sveglio, con nuovi piccoli sogni annessi e connessi: appoggiarci una casetta di legno, andarci a vivere un pò, almeno ogni tanto, uscire dalla finta compagnia della città, vivere in modo ancora più ecologico e sobrio di quanto non riesca a fare già, etc etc...
Oggi ho aperto un sito sulle casette di legno, ed ho visto anche i prezzi (accessibili, direi...).
Ed ho pensato che potrei iniziare a fare qualche passo, riprendere i contatti con Gigi e Luisa (amico e moglie di Ugo), capire un pò la situazione attuale, provarci...
Sì, ci proverò.

Deve essere la lettura di Walden ad avermi ri-ispirato.
Thoreau è veramente forte!
Divertente, ironico, pieno di vita e di sana presunzione, spietato e sensibile...
Se si afferma che la civiltà è un vero progresso nella condizione umana (e sono di questo parere anch'io sebbene solo i più saggi migliorino il proprio stato), resta da dimostrare che essa ha prodotto abitazioni più comode senza renderle più costose; e il costo di una cosa è l'insieme di quello che chiamerò vita che, subito o a lungo andare, bisogna dare in cambio per ottenere la cosa stessa. Qua attorno una casa media costa circa ottocento dollari, e a metter da parte questa somma occorrono, per un operaio libero di gravami familiari, dieci o quindi anni di vita...Così, prima di guadagnarsi il suo wigwam, egli deve consumare più della metà della sua vita...Sarebbe forse agire saggiamente -da parte di un selvaggio- cambiare la sua capanna con un palazzo, a condizioni simili ?
Pensando al mio mutuo (che comunque scade tra soli quattro anni e poi sarò libero!), e ai debiti terribili di quasi tutte le famiglie che vedo intorno, come dargli torto ?

Qualcuno, quando parla con me, pensa che io sia triste e depresso perchè la gente non trova lavoro, perchè non ci sono soldi in giro, perchè non si riesce più a comprare nulla o quasi, perchè tra poco la catastrofe avanzerà ancora...
La cosa che mi rattrista di più, invece, e che mi fa disperare talvolta, è che non siamo e non saremo capaci di cambiare vita e premesse, pur in mezzo a tutto questo...
Molti lussi e molte delle cosiddette comodità della vita, sono non solo inutili, ma addirittura effettivi intralci all'elevazione morale dell'uomo...Nessuno può osservare la vita umana con maggiore saggezza e imparzialità che da quella posizione vantaggiosa offerta da una povertà volontariamente scelta...Essere filosofi  non significa soltanto avere dei pensieri acuti, nè fondare una scuola, ma amare la saggezza tanto da vivere secondo i suoi dettami: cioè condurre una vita semplice, indipendente, magnanima e fiduciosa.
Ma perchè gli uomini degenerano sempre di più ? Cosa spinge le famiglie alla rovina ? Qual'è la natura del lusso che snerva e distrugge le nazioni e i costumi ?...Parlo alla massa degli scontenti che si lamentano passivamente della durezza della loro sorte o dei tempi, quando potrebbero tentare di migliorarli. Vi sono certuni che si dolgono più profondamente e sconsolatamente degli altri poichè dicono che stanno facendo proprio il loro dovere. Intendo anche parlare a quelli che sono ricchi in apparenza ma in effetti sono i più poveri di tutti, in quanto hanno accumulato scorie di cui non sanno che uso fare o come liberarsi, e che così si sono costruiti con le loro stesse mani catene d'oro o d'argento...  (Walden, ovvero la vita nei boschi, pp.59-61)

Sì, mi ispira.
Anno nuovo, vita nuova?
Che fretta...!
Intanto, continuiamo con questa solita vita, almeno per un pò...

giovedì 5 gennaio 2012

pax vobiscum

Naturalmente, ti rendi conto che questo significa guerra!
(Groucho Marx, che riprende Bugs Bunny, ogni volta che subisce minacce o scorrettezze dai suoi nemici)

Gli operai della Fincantieri hanno occupato ieri lo scalo aeroportuale di Genova.
Obiettivo: ottenere un incontro con la Passera.
Azione forte, seppur simbolica, di blocco.
Un passo avanti, rispetto ai corteucci di strada.
Ma per ottenere qualcosa che non vale nulla ormai: essere ricevuti da un ministro vale oggi quanto scrivere questo blog o abbaiare alla luna.
La CGIL chiede concertazione, ma Monti risponde che 'preferisce gli incontri separati e bilaterali'.
E 'che bisogna decidere in fretta!'. Nessuna ulteriore reazione dai lavoratori.
In guerra non si negozia, si sa.
Ma qualcuno continua a chiedere di poter parlare, senza speranza alcuna, peraltro.
Una farsa, con due attori ed un pubblico pagante (che -non sapendo se applaudire o fischiare o andarsene- se ne sta lì, fermo, a guardare...).

Non ci manca certo la comunicazione, anzi ne abbiamo troppa: ci manca la creazione, la resistenza al presente. La vergogna di essere uomo non la proviamo soltanto nelle situazioni estreme descritte da Primo Levi, ma anche in condizioni insignificanti, di fronte alla bassezza e alla volgarità dell'esistenza che pervadono le democrazie, di fronte alla propagazione di questi modi di esistenza e di pensiero-per-il-mercato...Noi non ci sentiamo al di fuori della nostra epoca, al contrario non cessiamo di scendere con essa a compromessi vergognosi. E per sfuggire all'ignobile non resta che fare come gli animali (ringhiare, scavare, sogghignare, contorcersi); il pensiero stesso è talvolta più vicino all'animale che non all'uomo vivo, anche se democratico. Credere nel mondo è ciò che più ci manca: lo abbiamo completamente smarrito, ne siamo stati spossessati.
(Gilles Deleuze)

In questi giorni sto leggendo 'Walden' di Thoreau (a breve, altrove, su di lui) e 'Il respiro del buio', l'ultimo romanzo di Nicolai Lilin, il transnistriano. Da quest'ultimo, traggo qualche frase dalle pagine iniziali (9/13):

Sceso dal treno ho fatto un giro a piedi per la mia città...L'effetto complessivo era quello di una clinica veterinaria di provincia. Anche le facce delle persone erano cambiate in peggio..: ora erano tutte 'individui liberi' e si comportavano da perfetti abitanti di un'isola deserta, ognuno con lo sguardo fisso all'orizzonte, oppure ai propri piedi. Sentivo addosso una carica micidiale di odio: l'odio mi consumava da dentro, portandomi a disprezzare tutto...

Tutto era troppo bello e caloroso. Le finestre intatte, con i vetri, e dietro quei vetri la vita comoda, in ordine: le lampadine al loro posto nei lampadari, le tendine colorate, i fiori sui davanzali...Tutto questo mi sembrava orribile. Nella vita pacifica ogni cosa era grigia e smorta, le facce della gente sembravano lontane mille miglia dalla realtà...Non capivo come si poteva vivere così tranquillamente, preoccupandosi dei problemi quotidiani, circondati da mille cose create nell'interesse del proprio corpo...Tutto mi sembrava un enorme show televisivo, una corsa verso l'apocalisse su un autobus strapieno, dove la gente se ne stava aggrappata alle maniglie sorridendo, con tenace azzardo e spirito sportivo...Cosa c'entravo io con questa vita ?

Ripensavo a tutti quelli che avevo visto morire per la pace, e mi convincevo che questo tipo di pace non meritava di esistere: meglio il macello che avevo conosciuto, dove almeno sapevamo quale era la faccia del nemico e non potevamo sbagliarci e tutto era semplice proprio come una pallottola...Continuava a girarmi in testa una frase che mi aveva detto una volta un prigioniero arabo: 'La nostra società non merita tutto l'impegno che noi mettiamo in questa guerra'. Solo in quel momento ho capito quanto avesse ragione quello che io mi ostinavo a chiamare nemico.

E' da tempo in corso una guerra per la conquista dei nostri corpi e delle nostre menti.
E stiamo perdendo, li stiamo perdendo.
Anche perchè noi stessi siamo i nostri nemici e i nostri rapitori.
Noi stessi siamo i nostri traditori.
E soprattutto perchè facciamo finta di non vederla e di non farla, la guerra, continuando a chiamarla 'pace' !
Ma, sotto e dietro questa pace indifferente, rialligna il risentimento e l'odio di tanti: il sogno della Grande Ungheria riemerge, dopo gli anni di speculazione e disastri dell'era post-sovietica, perpetrati dagli stregoni economisti del FMI. Non ci si può stupire che un fanatico nazionalista prenda la maggioranza assoluta e cambi leggi e costituzione. Mi stupisco invece che l'Unione europea si senta in diritto di decidere se, in questo caso, si possa parlare ancora di democrazia o si tratti di una dittatura!
E perchè questa doverosa e spietata analisi l'Europa non la dedica a se stessa e ai suoi paesi fondatori, in primis all'Italia (o alla Francia, o alla Germania...) ?
Non è lecito che i membri della BCE siano scelti dal governo ungherese ?
Invece è lecito che i Governi siano scelti dalla BCE ?

A proposito di fine della democrazia, c'è anche una buona notizia, per finire:
la benzina è arrivata a 1.80 a litro.
Quando, come nei primi 900, riprenderanno a girare per strada solo le macchine dei ricchi, sarà più facile abbattere l'inquinamento delle città e capire chi evade il fisco...
Due piccioni con una fava.
Fine della democrazia automobilistica, ma inizio di quella ecologico-fiscale ?

mercoledì 4 gennaio 2012

incontrare stanca

-... L'altro giorno è venuto qui un agente per verificare se tutto è in ordine.-
-Tutto è in ordine dove c'è chiuso e la morte governa. Così è, Marga.-
Marga non rispose:solo quando furono giù, verso la siepe, disse come dopo averci pensato bene:
-E quando lei dovrà cedere la custodia, speriamo che torni da noi. Quando sarà ? Forse in ottobre ?-

Giorni dopo fu Ornella a domandargli perchè non andava a restituire la visita a Marga....
La domanda di lei nascondeva certo un'insidia, ma egli si sentiva stanco e non voleva approfondire più nulla.
La solitudine, dopo la visita di Marga, lo riprendeva a succhiare, come la tartaruga la terra; e lo purificava, certo, gli levava dal sangue le particelle oscure; egli sentiva però che quando quel succhio gli sarebbe arrivato al cuore, sarebbe morto. Poichè non è vero che l'uomo superiore possa vivere solo con la natura e con gli esseri inferiori a lui: il suo cuore ha bisogno del cuore del suo simile come una colonna ha bisogno dell'altra per sorreggere il tempio.

(Grazia Deledda, La fuga in Egitto)

lunedì 2 gennaio 2012

da un caro ingegnere lodigiano

Eugenio Montale
La storia

La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l'ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell'orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C'è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s'incontra l'ectoplasma
d'uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n'ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.

botte e basta

Vedo scorrere su Rai news:
- Per i negozi, saldi anticipati e liberalizzazione degli orari di apertura, 24 ore su 24.
Alla crisi di domanda si risponde con un'ulteriore aumento dell'offerta!
Frustrazioni in aumento.
- Tassa di 200 euro sui permessi di soggiorno. Dopo i pensionati, attaccano anche gli immigrati (andavano integrati in tutto, vero... Riccardi ?)
Fra poco toccherà ai cani bastardi e ai gatti selvatici. Imposte sull'utilizzo illegale dei cassonetti.
-Tassa sulle vincite al gioco. Lo Stato non si accontenta più degli enormi guadagni che gli derivano da lotto e lotterie, turlupinando chi scommette. Ora punisce anche quei pochi che riescono a vincere!
Insuperabile.
- Oltre i 1000 euro, l'INPS non pagherà più le pensioni in contanti.
Le banche si leccano i baffi: anche i vecchietti saranno costretti ad aprire conti correnti su cui far arrivare i dindi. Era ora che anche i poveri avessero un conto in banca !
I grandi evasori, nel frattempo, festeggiano la loro irrintracciabile sequela di impunità...

In sintesi: cupio dissolvi.

Un popolare slogan della camera di commercio faceva: 'Wyoming - Aperto agli affari!'. L'amministrazione dell'intellettualmente inetto G.W. Bush e del suo vice cresciuto nel Wyoming hanno proposto la vendita dei terreni pubblici per finanziare 'la riduzione del deficit': per pagare gli arricchimenti delle sue aziende e la guerra disastrosa e sconsiderata in Mesopotamia.
Uno slogan più accurato -dovrei chiamarlo epitaffio ? - sarebbe potuto essere  'Wyoming - In vendita!'. 
AL LETTORE DEL FUTURO - SE CI SEI: Non fartela raccontare diversamente: l'avvertimento era stato lanciato. Sapevamo quel che stavamo facendo, e come società andammo avanti e lo facemmo comunque. Quando si trattava di fischiettare davanti ai cimiteri, avevamo un grande talento.
(Le strade per Quoz, pp.429-430))

Pogo, residente delle grandi paludi di Okefenokee: Siamo qui di fronte ad opportunità insormontabili
(idem, p.451).

botti e botte

I sindacati mandano al governo un messaggio per il 2012: temiamo conflitti e tensioni sociali.
Temiamo ?
Forse, dovrebbero aggiungere, non gestibili da noi e dal nostro gioco delle parti.
Magari arrivassero, invece...
Una bella rivoluzione, stile primavera africana.
Ma loro hanno ragione a ribellarsi, lì non c'è democrazia e la vogliono.
Invece, da noi, ce l'abbiamo già, abbiamo altri strumenti, possiamo contare...
Ma che senso ha continuare a fare scioperetti da un giorno, corteucci da due ore, proteste da dieci minuti ?
Ha un senso: canalizzare e ottundere la rabbia (repressa) di milioni di persone umiliate, tradite, sbeffeggiate dai ricchi e dai potenti.
E cercare di ammortizzarle, assistendole, rendendole colluse, pagandole (poco, ma quanto basta per tenerle a bada...).
Sinora ce l'hanno fatta, ma è finita...
Dopo i botti, solo tante botte all'orizzonte.

Intanto, nonostante i ridicoli divieti, altri botti hanno infestato la notte di San Silvestro (2 morti, 550 feriti, di cui 65 bambini...!).
Quando vogliono, sulle cose importanti, gli italiani sono capaci di disobbedire dunque...!
Consolante, no ?

E proseguono i rudimentali attentati alle sedi di Equitalia: altri botti, non meno ingenui ed organizzati, ma più 'politici', si fa per dire...
Siamo veramente un popolo di sindacalisti, di Masanielli e di bombaroli.
Inutile sperare, a breve, in qualcosa di meglio.

domenica 1 gennaio 2012

napo orso capo

Solo per l'uomo bianco la natura è una cosa selvaggia e solo per lui la terra è infestata da animali selvatici e gente selvaggia. Per noi è domestica, munifica e noi siamo circondati dalla benedizione del Grande Mistero. E non fu mai selvaggia pr noi finchè non arrivò l'uomo peloso dell'Est e con brutale frenesia riversò ingiustizie su di noi e sulle famiglie che amvamo. Quando proprio gli animali della foresta cominciarono a fuggire dal suo avvicinarsi, fu allora che per noi cominciò il Selvaggio West.
Parola di Ota K'te, Luther Orso in Piedi, pellerossa.

Che sapienza, quest'orso!
Altro che il nostro Napo Orso Capo, nel discorsetto di Capodanno...
Vabbè che il Nostro era seduto, ma non è Toro (che a Wall street è più amato dell'Orso) e non è luterano (e soprattutto la sua pelle non è rossa, pur spacciandosi per ex comunista...)...
ma le sue litanie erano da vomito anche prima dei pasti !
Triti luoghi comuni, pura retorica illusionistica, tubi di vaselina a casse.
A vederlo e a sentirlo ne hai la conferma: sì, è la civiltà a rendere selvaggio il mondo.
Per le piante, per gli animali, per gli spiriti, per le pietre e per quasi tutti gli esseri umani (quelli che non vivono solo di denaro e di petrolio...).
Un mondo che va contro la vita, che la odia e la vuole distruggere.
Un mondo inospitale, tra un nosocomio ed una banca, in cui possono vivere solo Napo e i suoi amici. Infatti, anche Verzè ci ha vissuto benissimo, per 91 anni, e non perchè credeva in Dio.

Non riesco a vedere la foresta per colpa degli alberi.
Frase da meditare.
Non solo per Napo.
A vedere le disperate feste di plastica, ieri notte, ho compreso ancora più a fondo che soltanto la crisi economica costringerà la maggioranza a cambiare vita.
Se dovesse scegliere, non lo farebbe mai, nonostante la crisi di tutto il resto (emozioni, relazioni, affetti, principi morali, salute...).
Niente vale per lei quanto il denaro: un enorme albero che non le fa più vedere la foresta.

Quando il filosofo e amico Ralph Waldo Emerson andò a trovarlo in prigione gli chiese:
'Henry, perchè sei qui ?' .
E sembra che Thoreau abbia risposto:
' E perchè tu non ci sei ?'

Tre ottimi pensieri per iniziare l'anno.
Li devo a William Least Heat-Moon.
Grazie a te, Luna dal Calore Scadente (o Piccola Calda Luna ?)

Lingua Biforcuta Senza Ombra di Dubbio
Augh!