sabato 3 dicembre 2011

eroe per caso

Mi piace finire un romanzo la mattina, tra le 8 e le 9, al risveglio.
'La promessa dell'alba' di Romain Gary ha la luminosità perfetta per iniziare la giornata.
Il rapporto intenso e ossessivo tra l'autore e sua madre mi ha fatto pensare a quanto la mia vita sia stata permeata dalla presenza della mia.
A quanto gran parte delle mie scelte, aspirazioni, resistenze e sofferenze siano legate a lei.
Lo dico per quel che mi è accaduto nella vita, per la mia visione avventurosa e letteraria dell'esistenza, per la mia testarda idealizzazione del tutto, per i miei disperati (e sempre malriusciti) tentativi di accogliere cinismo e disincanto come fratelli e provare a vivere più quietamente, a rassegnarmi e ad accontentarmi (parole che ancora oggi, a cinquant'anni passati, riescono ad immalinconirmi...).
Come direbbe Leopardi, un (piccolo) eroe in ritardo, fuori dal tempo, in attesa di un tempo che verrà e forse non verrà mai.
Anche il modo in cui sto continuando a condurre le mie 'lotte' all'Università può apparire anacronistico, donchisciottesco, fuori fase. E, forse, anche questo blog.
Ma anche io, come Gary, vedo continuamente gli occhi di mia madre che mi guardano e mi invitano ad insistere, a fare qualcosa, quel che posso, sempre...

Ho paura, non vorrei essere così, talvolta.
Vorrei essere normale, acquietato, capace di assumere realisticamente la vita, la bruttezza, l'ingiustizia. E, sempre più spesso, crescendo (così si dice), mi sento anche troppo accomodante ed acquiescente rispetto al male.
E' la media degli esseri umani a rendermi strano, eccessivo, 'fuori': un eroe per caso, insomma.
Già il fatto di continuare a parlare, a dire quel che penso in pubblico, a cercare di non collaborare con quel che trovo ingiusto, mi differenziano dalla maggioranza ignava.
Non è molto, ma è già troppo, viste le reazioni circostanti.
Questo vale anche rispetto alla catastrofe che avanza: non è che sia un profeta, è che dico quel che vedo, senza rimuovere e negare. Tutto qui.
Non ci vuole molto. O sì ?

'Ricorda l'altra volta in cui lo hanno messo con le spalle al muro...Ricorda in particolare il ragazzo più grande...uno di quei deficienti o semideficienti che ti possono spezzare le dita o schiacciarti la trachea con la stessa facilità con cui tirano il collo a un uccello, sorridendo placidi mentre lo fanno. Aveva avuto paura, non c'è dubbio, il cuore gli martellava in petto. Eppure quanto era vera quella paura ? Mentre avanzava per il campo incespicando tra i due ragazzi che lo tenevano prigioniero, non c'era qualcosa di più profondo in lui, una sensazione di assoluta allegria, che diceva:' Non preoccuparti, nulla può toccarti, non è che un'avventura come le altre' ? ...
E' piccolo, sua madre lo tira su, faccia avanti, afferrandolo da sotto le ascelle. Le gambe penzoloni, la testa che gli si piega, è nudo; ma sua madre lo regge davanti a sè e avanza. Lei non ha bisogno di guardare davanti a sè, deve solo proseguire. Dinanzi a lui, via via che lei avanza, tutto si trasforma in pietra e si frantuma. Lui è soltanto un bambino piccolo con il pancione e la testa che gli ciondola, ma possiede questo potere. Poi si addormenta.'  (J. M. Coetzee, Infanzia, pp.114-5).

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